Intempestivi

Inutili cerimonie

 
 
«E i padroni stessi ammettono che, se un servitore viene quando è chiamato, basta»
Jonathan Swift
 
 
No, non viene più, ma basta lo stesso. In fondo andare è una perdita di tempo, le istruzioni alla servitù vengono diffuse in tutte le stanze dell'edificio sociale attraverso enormi amplificatori. Sono sempre le stesse, giorno dopo giorno, immutabili, mandate ormai a memoria. Allora, a cosa servono gli appelli ufficiali per inutili cerimonie? A nulla e lo sanno bene tutti, servitori e padroni.
A dimostrarlo è una curiosa concomitanza di fatti appena accaduti. Il giorno in cui sono stati resi pubblici i dati sulle elezioni regionali in Sardegna è anche il giorno in cui è stato nominato il nuovo capo del governo. Nell'isola l'affluenza alle urne è crollata, non c'era mai stato un simile astensionismo prima d'ora. In pratica, metà dei cittadini maggiorenni ha preferito fare altro. Saranno pure «aventi diritto», ma non sanno cosa farsene di questo loro diritto da tanto è ormai palese la sua irrilevanza, la sua insulsaggine, la sua inutilità, la sua menzogna. Lasciamo perdere ogni considerazione critica sulla rappresentanza e sulla delega: non ne vale la pena. Il nuovo presidente della Regione Sardegna è stato scelto da circa 2 cittadini su 10, il che non gli impedirà di mettersi subito al lavoro.
E mentre nel Palazzo di Cagliari si festeggiava il successo dell'eletto da quasi nessuno che ha già promesso di essere «il presidente di tutti» i sardi, nel Palazzo di Roma veniva prescelto il nuovo capo del governo. Prescelto, non delegato, giacché chi si accinge a governare è stato chiamato direttamente dal Quirinale senza passare per noiose anticamere elettorali. L'ex-sindaco di Firenze è già il terzo capo del governo a non essere stato votato da nessuno, ma proprio n-e-s-s-u-n-o. La cosa ha suscitato qualche sdegno da parte di chi non ha avuto la stessa fortuna, e poco altro. D'altronde siamo in tempi di crisi, ci viene detto e ripetuto, bisogna risparmiare, tagliare i costi, ridurre le spese. A cosa serve il suffragio popolare? Certo, c'è il rito dell'investitura, ma insomma... non sprechiamo tempo, non buttiamo denaro. I servitori sono già chini, a testa bassa, non disturbiamoli con appelli elettorali la cui diserzione metterebbe quanto meno in imbarazzo i padroni. Il nuovo capo del governo farà esattamente quello che faceva chi lo ha preceduto, e che avrebbe fatto chiunque altro al suo posto. Inoltre è talmente incolore – opaco miscuglio intercambiabile di destra e sinistra – da aver già ricevuto da tempo la benedizione dell'opposizione parlamentare. Ci fossero state le elezioni, la macchina propagandistica lo avrebbe fatto vincere quasi sicuramente. E quindi «stiamo sereni», sarà il presidente di tutti gli italiani.
Ma tutti, chi? Non esiste questo tutti, non esiste alcuna entità collettiva in grado di racchiudere (senza rinchiudere) la diversità individuale. Ogni pretesa in tal senso è pura finzione e manipolazione, come bene dimostrato da quanto appena accaduto a Cagliari e Roma. L'Italia, che belpaese! Qualche decennio dopo aver sperimentato l'obbedienza alla dittatura, eccola da tempo alle prese con l'assuefazione alla democrazia. Le due facce della medesima rassegnazione. Perché i padroni stessi ammettono che, anche se un servitore non viene quando è chiamato, va bene lo stesso. Si finirà col non chiamarlo più. Tanto gli ordini sono già stati impartiti e l'importante è che continui a restare col capo chino. 
 
[18/2/2014]