Dal centro alla periferia

Intempestivi

Dal centro alla periferia

L'attacco innanzi tutto. Come discriminante, come parola d'ordine, come progetto concreto. Nei fatti. Anche nei piccoli fatti. Non nelle chiacchiere. Anche se fossero le solite chiacchiere sui massimi sistemi.

Se dobbiamo incontrarci, incontriamoci su ciò.

Nei fatti contro le grandi realizzazioni, i grandi templi della morte, i complessi visibili da lontano e che richiamano l'attenzione di tutti, anche di coloro che ne inventano di cotte e di crude per far finta di non capire.

Su ciò pienamente d'accordo. Ma non solo su ciò.

Tutti i giorni, nei nostri percorsi obbligati, segnati a forza dal capitale e dai suoi interessi, incontriamo obiettivi poco visibili. Non sono le grandi cattedrali che riflettono sullo schermo gigantesco dei mezzi di informazione di massa il loro significato, ma sono i minuti terminali di un mostruoso progetto di controllo e di repressione, di produzione e di arricchimento per i padroni del mondo. Questi minuti obiettivi passano spesso quasi inosservati. Qualche volta li usiamo noi stessi, senza accorgercene.

Insurrezioni e Rivoluzione

Brulotti

Insurrezioni e Rivoluzione

P. Kropotkin

Ci vogliono delle insurrezioni locali, perché un giorno la Rivoluzione diventi possibile. Fa d'uopo anzi ch'esse siano numerose. Ci vogliono pure delle città e delle regioni agricole che abbiano la tradizione delle insurrezioni.
Anche quando una rivoluzione è già cominciata, com'era il caso in Russia nel 1905, è necessario che la serie d'insurrezioni nelle città e soprattutto quelle dei contadini su vasti territori continuino, perché la Rivoluzione abbia il tempo di svilupparsi, impedendo nello stesso tempo alla reazione di raggruppare le proprie forze. Tutta la storia ce ne fornisce la prova. E se oggi i dirigenti arrivisti del movimento proletario — intellettuali ed operai — predicano il contrario, è che non vogliono affatto la rivoluzione. La temono. Il popolo in piazza li spaventa; lo detestano, non meno di quanto i borghesi del 1789 detestavano gli uomini delle picche.
Ebbene, senza queste insurrezioni, senza tutta una serie d'insurrezioni, la rivoluzione non sarebbe mai possibile.

Scintille

Intempestivi

Scintille

La Libera Repubblica della Maddalena non esiste più. Il sogno di una intera popolazione e di chi era accorso per darle manforte — quello di un territorio dove instaurare la democrazia diretta in contrapposizione a quella rappresentativa — è stato spazzato via nella mattinata di ieri 27 giugno da oltre duemila servitori dello Stato, soffocato in una tempesta di gas lacrimogeni.
A poche settimane dal decimo anniversario del G8 di Genova, ovvero dalla mattanza compiuta nelle strade liguri dalle forze dell’ordine, dalle torture avvenute nella caserma di Bolzaneto, dall’uccisione di Carlo Giuliani, ancora una volta chi governa le nostre esistenze lancia il monito mussoliniano: tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato. A differenza di allora, i nemici da reprimere non erano sovversivi più o meno bellicosi giunti per mettere a ferro e fuoco una città, ma pacifici cittadini che difendevano la loro valle.

Cercano spie...

Brulotti

Cercano spie; troveranno solo sputi

Nelle ultime settimane, diversi compagni sono stati avvicinati da loschi personaggi che hanno loro proposto senza tanti giri di parole di dare informazioni sul movimento anarchico e che hanno cercato di ricattarli. Non è d'altronde escluso che sia già da parecchio che i cani da guardia dello Stato cerchino di reclutare delle spie.

 

Non ci siamo mai illusi che la nostra lotta contro ogni autorità sarebbe stata facile; che non avremmo incontrato ostacoli repressivi sul nostro cammino. D'altra parte, non abbiamo mai neppure pensato che lo Stato si facesse dei problemi a giocare sporco. L'attuale ricerca di spie, lo schifoso ricatto utilizzato per fare pressione su alcuni compagni, le miserabili intrusioni nelle case dei compagni per piazzarvi apparati di ascolto e di videosorveglianza nascosti, i vigliacchi pestaggi di compagni ammanettati nelle celle dei commissariati: è questa la strada che stanno percorrendo per cercare di spezzare il movimento dei nemici di ogni autorità.

Rifuggire o rifugiarsi

Brulotti

Rifuggire o rifugiarsi

Riempirsi la bocca di cadaveri smette di essere pura espressione metaforica e diventa cruda realtà, quando la bocca in questione è quella maleodorante delle istituzioni. Bisogna riuscire a scavalcare la vergogna per considerarsi Vicino a chi fugge, ogni giorno, in tutto il mondo, quando in realtà essere vicino a questi uomini e queste donne assolve a una sola funzione: quella di gendarmi.

Solo una straordinaria iperbole del significato consente di parlare di accoglienza dei rifugiati a dei rappresentanti istituzionali, che, in quanto anello di una catena governativa, hanno delle enormi responsabilità nel creare e riprodurre costantemente le cause che portano milioni di individui in tutto il mondo a fuggire.

Colpevole!

Intempestivi

Colpevole!

«In un mondo in cui battersi per la libertà è un crimine,
l’innocenza è forse quanto di peggio può capitare all’uomo»

 

È una frase che potrebbe essere stata scritta da un buon numero di persone. Dall’insorto tunisino che oggi viene braccato e incarcerato dal nuovo regime democratico. Dal rifugiato che ha attraversato il Mediterraneo e devasta i Cie in Italia. Dal partigiano siriano che, malgrado la sanguinosa repressione, non arretra e va alla ricerca dei responsabili del regime, pistola alla mano. Tutti sanno che la loro lotta contro il potere li rende ineluttabilmente criminali, colpevoli del crimine di voler vivere liberi.
Anche qui, dove l’inno all’innocenza continua a stregare tante persone, ci sono colpevoli. Il potere e i media evitano di parlarne, cercano di nasconderli, di seppellirli nelle galere più profonde, oppure di renderli inoffensivi isolandoli socialmente. In mancanza di altro, non c’è più alcuna remora, e i colpevoli vengono dichiarati «barbari», «asociali», «nevrotici», «canaglia senza coscienza». Tutti devono ansiosamente sprangare la porta davanti a questi moderni cosacchi che non temono né dio né legge.

Illusioni e realtà

Brulotti

Illusioni e realtà

(Giovanni Gavilli)

Negli anni 1884-85, gli operai americani del nord si agitarono per ottenere dalla classe detentrice della ricchezza il diritto di lavorare solo otto ore al giorno. La moltitudine di quegli operai non vedeva più in là di questa restrizione di orario; ma gli anarchici e con essi tutti gli elementi profughi della disciolta Internazionale tentarono di dare al movimento un ben più alto indirizzo, una meta più precisa ed efficace: la rivoluzione sociale e la conquista della libertà di produrre e di consumare come e quanto ad ognuno occorre e conviene. Vecchia speranza codesta e radicale mutamento che all'anarchia incammina l'umanità; bisogno sentito da chi nulla poté accaparrare per sé o per i suoi della ricchezza sociale; speranza e bisogno che ai gaudenti paiono irrealizzabili, perchè contrastanti apparentemente con l'interesse dei ricchi. Tuttavia la povera gente vi si accanisce e combatte disperata; la sorregge nella lotta l'istinto di conservazione, la necessità di migliori condizioni di vita a cui la sospingono la scienza con le sue invenzioni, colle sue scoperte; e lo sfruttamento sempre crescente che i capitalisti operano avidissimi e sicuri, perché protetti, nel loro brigantaggio, dalla legge e quindi dal braccio e dall'incoscienza degli sfruttati.

Il me faut vivre ma vie

Brulotti

Il me faut vivre ma vie

Bruno Filippi

Io non credo al diritto. La vita, che è tutta una manifestazione di forze incoerenti, inconosciute e inconoscibili, nega l’artificiosità umana del diritto. Il diritto nacque quando ci fu tolto infatti in origine l’umanità non aveva nessun diritto. Viveva, ecco tutto. Oggi invece di diritti ve ne sono migliaia; si può dire senza errare che tutto ciò che ci manca si chiama diritto.

Io so che vivo e che voglio vivere.
È molto difficile mettere in azione questo voglio. Siamo circondati da un’umanità che vuole quello che vogliono gli altri. La mia affermazione isolata è delitto de’ più gravi.
Legge e morale, a gara, m’intimoriscono e persuadono.

Qualche regalo... al nucleare

Brulotti

Qualche regalo agli amici del nucleare (in Belgio)

 

Tre gruppetti allegramente armati di sacchi di merda, la mattina del 18 giugno hanno voluto farne dono ad alcune imprese del nucleare che imputridiscono ogni giorno di più le nostre vite: ONDRAF (Organismo Nazionale Scorie Radioattive e Materiali Fissili Arricchiti), SCK-CEN (Centro di Studi dell'Energia Nucleare. Esegue ricerche sulle applicazioni "pacifiche" del nucleare; offre i suoi servigi all'industria nucleare, al settore medico e alle istituzioni), Electrabel (sfrutta le centrali belghe). Ciascuno di questi omaggi è stato accompagnato da qualche parola di ringraziamento qui riportata.

A tutti i valsusini

Papiri

A tutti i valsusini

Letto sui muri della Val Susa nell'ottobre 2008

La conquista dei municipi

Brulotti

La conquista dei municipi

Se noi non ci inganniamo (e saremmo lieti di essere smentiti), tutti i giornali repubblicani intransigenti — quelli cioè che sfuggirono all’insidia del suffragio universale — stanno per cader vittima di una nuova insidia, la riforma amministrativa.
La scalata al Comune, la conquista del Municipio, ecco una formula ambigua, da esser messa accanto a quella della dittatura rivoluzionaria, della quale avremo quanto prima da occuparci.
Il Comune, il Municipio — dicono i repubblicani transigenti e intransigenti, gli pseudosocialisti e gli operai politicanti — è il centro naturale della vita popolare. Esso è come la casa del popolo. Impossessandoci del Comune, saremo in grado d’intimar la resa alla Borghesia e al Governo e debellarli.
È vero che il Comune si può riguardare come la casa dell’operaio. Non quello di oggi, beninteso, ma piuttosto quello di ieri e quello di domani.
Il Comune d’oggi è un anello della catena dello Stato, circondato da istituzioni autoritarie, sorvegliato da tribunali, poliziotti e Governo, oppresso da leggi e regolamenti e obbligato a muoversi in una data direzione, anzi trascinato dal meccanismo politico generale. Esso è come una di mille ruote ingrassata in una macchina colossale: attaccandovi ad esso, riuscirete a farvi trasportare dalla forza del motore meccanico, non a spezzare la macchina che è lo Stato.

Indignati o stupidi?

Intempestivi

Indignati o stupidi?

Claude Guillon

Decisamente, nell'epoca dei media di massa la moda riesce a disgustare con qualsiasi cosa: un colore, un piatto, un vocabolo. Fino a poco tempo fa, non provavo alcuna avversione nei confronti dell'aggettivo indignato. Oggi mi dà la nausea. Non posso più vederlo scritto, al punto di chiedermi come abbia potuto formarsi in bocca.
Del resto avevo torto a non diffidare. A uno sguardo più attento — degno, indegno, indignato, indignarsi — tutto quel gruppo di parole è decisamente losco. L'insieme è un derivato dal latino dignus: «che conviene a», «che merita qualcosa». L'aggettivo deriva da decet: «conviene». Il verbo latino si collega, come ci insegna il Dizionario storico della lingua, a una radice indoeuropea che esprime l'idea di conformarsi o di adattarsi a qualche cosa.
Riprendiamo: Degno significa «che conviene a». Indegno «non conviene». Ma indignato? Si pensa logicamente a «privo di dignità», privo del carattere di ciò che è conveniente e che ne reclama la restituzione.

Warning to passengers

Ostrogoto [en]

Warning to passengers

 

All of us are passengers. We go through this existence on earth knowing we are passing through. Also because we don’t hold the steering wheel that guides the journey of our life, we control neither the speed, nor the duration, nor the destination. We live this experience, the only one available to us, being content for the most part looking out the window. Precisely, like passengers. Knowing well that nothing lasts forever, the sooner or later one reaches the end of the line and gets off. 

Toy Distribution

Ostrogoto [en]

Toy Distribution

Armand Robin

The human being must be changed into the sub-human;
In every country the decree has been signed.

The human being is the last undesirable;
Anyone who catches a trace of it must signal: «Danger!»

Let’s Not Die Precarious!

Ostrogoto [en]

Let’s Not Die Precarious!

This has been the demand shouted by a handful of university students against the “Gelmini Reform”, or rather against the predicted cuts to schools and universities; the shout was launched in the course of a very strange form of “protest". If protesters once occupied schools and universities and took to the streets, today they practice a “flash mob” — modern pleasantry of a sad present — getting oneself taped by video cameras, loyal to the directives of the society of the spectacle. 

Revolution is not a Class Question

Ostrogoto [en]

Revolution is not a Class Question

Meteor

The examination and consideration of certain demagogic attitudes, such as that involving the bolshevik slogan on the unity of the proletariat, have brought us, anarchists, again face to face with a question quite easy to resolve: the idea of classes and class struggle. We have not given any basic theoretical conclusions to this problem; we’ve done nothing more than put the marxist conception in doubt, criticizing its foundations and, perhaps, preparing the terrain for a few of our own that will someday seriously deal with the subject from a libertarian point of view.
Whatever the cost to our natural differences with marxist doctrine, we must recognize that many of our ideas come from Marx, from whom — while denying him certain basic ethical qualities and attributing to him inordinate authoritarian ambitions — we cannot take away the credit for having created a social system in the German style, i.e., precisely elaborated, with an answer to every question and a theory for every stance.

Come si stabilisce l'autorità

Miraggi

Come si stabilisce l'autorità

Multatuli
 
Thugater mungeva le mucche di suo padre e mungeva bene: il latte che essa portava a casa dava maggior burro di quanto ne dava il latte che portavano i suoi fratelli. Te ne dirò la ragione... e sta attenta Fanny, così potrai sapere in che modo devi agire, nel caso in cui tu debba mungere. Io ti parlo di ciò, non per incitarti a mungere come Thugater, ma per edificarti coll'esempio dei suoi fratelli che, a mungere meno bene, agivano meglio di lei, o, per meglio dire, con più intelligenza.

Velocità

Contropelo

Velocità

Alfredo M. Bonanno

Tutti abbiamo bisogno di raggiungere uno scopo. Ci affanniamo per questo e ci diamo continuamente obiettivi da raggiungere.

Quello che sta lontano da noi ci angustia, quando non ci preoccupa nel senso pieno del termine, quindi vogliamo raggiungerlo, se non altro allo scopo di possederlo, e quindi di controllarlo. Ogni viaggio è un modo di fuggire alle proprie paure.

Ma non esiste un obiettivo innocente, una stazione di arrivo che non comprenda in sé qualcosa di spaventoso, di concluso e quindi di mortale. Lo scopo non è mai privo di conseguenze, senza che ciò possa indicare una differenza esatta con quello che siamo, una specie di sostituzione reciproca, come accade poniamo con la parola. Nell’obiettivo c’è la persistenza necessaria di tutte le possibilità, contraddizione dell’irripetibile che si ripete proprio perché si trasforma sempre. Più andiamo veloci verso la destinazione, più sfuggiamo alle nostre possibilità di capire, più si affievolisce la cognizione che abbiamo del nostro destino. Ciò causa un intestardirsi della coscienza nella sua ripetitività, difesa e tana contro la paura.

I distruttori di macchine

Brecce

I distruttori di macchine

Immagine

Christian Ferrer

Perché soffermarsi sulla storia di Ned Ludd e dei distruttori di macchine? I loro atti furiosi sopravvivono vagamente in brevissime note a pie’ di pagina del grande libro autobiografico dell’umanità e la consistenza della loro storia è anonima, molto fragile e quasi assurda, cosa che a volte stimola la curiosità ma più sovente il disinteresse verso ciò che non merita dinastia.
Questo non è un secolo adatto alla riflessione: il borghese del secolo scorso poteva darsi il lusso di svagarsi pigramente con un romanzo d’appendice, ma gli spettatori di questo secolo dispongono appena di un paio d’ore per sfogliare la programmazione televisiva. Viviamo nell’epoca della tachicardia, com’è stata sarcasticamente definita da Martínez Estrada. Ripercorrere la storia contromano tanto da potersi riposare nell’occhio dei suoi cicloni è compito che solo un Orfeo può affrontare. Lui si aprì il passo nel mondo dei morti con melodie che scardinavano serrature perfette. Noi possiamo soltanto farci guidare dalle spettrali fiammate di polvere che si sollevano da vecchi libri: soffi d’agonia tra stracci linguistici.

No existen catástrofes naturales

Ostrogoto [es]

No existen catástrofes naturales

Miles de muertos y desaparecidos, millones de refugiados. Por ahora. Ciudades enteras arrasadas. Como si lo que golpeó Japón no fuera un terremoto sino unas bombas nucleares. Como si lo que destruyó las casas no fuera un tsunami sino una guerra. De hecho, fue así. Pero los enemigos que golpean tan duramente no son la tierra ni tampoco la mar. Estos no son para nada instrumentos de venganza de una naturaleza que estamos acostumbrados a creer hostil.

For the poetry of life

Ostrogoto [en]

For the poetry of life

Lope Vargas

To the most attentive eyes, it does not go unnoticed that in the past poetry signified a tendency toward the critique of the given world, to the transformation of this world through the fire of poetic revolt and necessity. Beyond words, and more precisely against them, poetry strove to transgress the somewhat contemplative plain to which it had been confined, in order to affirm itself in an active, concrete, material form. Thus, to embody itself in this world, hurling itself into the fray in order to try to occupy a place on the first level in the struggle for its transformation. It is therefore desirable to see the authors of works that have been considered merely literary up to this point in a new light, to start hearing their voice as if it was that of authentic men of action calling us to battle.

I know who killed Chief Superintendent Luigi Calabresi

Ostrogoto [en]

I know who killed Chief Superintendent Luigi Calabresi

Alfredo M. Bonanno

 

I know who killed Chief Superintendent Luigi Calabresi on May 17 1972, outside his house in via Cherubini 6, in Milan, at a quarter past nine in the morning.

This is a serious statement, not due its judicial implications, for goodness sake, which I don’t give a damn about, but for quite other reasons, and these reasons are what I want to draw my reader's attention to.

Patria

Intempestivi

Patria

G. M.

L’italiano medio, scapolo, divorziato o con famiglia, che passi nelle vicinanze di una bandiera italiana, sgargiante nei suoi tre colori, è ammonito di tenere un contegno assolutamente inequivoco; potrà sorridere ma con rispetto, nei confronti di detta bandiera, e non sguaiatamente, come può accadere di ammiccare ad un compagno di bevute e sconvenienze; gli si consiglia di levarsi il cappello, ma sempre come si usa con i superiori, non, ad esempio, con i condòmini; in genere, può eseguire gesti allusivi a trepida devozione, incondizionato assenso, festosità e generico desiderio di morire in modo straziante per la medesima: tanto, egli lo sa, la sua famiglia resterà raccomandata alle cure di quella bandiera, che non dimentica i suoi figli migliori. Questo contegno non esito a giudicare saggio, prudente e, anche se ipocrita, da vero italiano.

Per il verso della vita

Autopsia

Per il verso della vita

Lope Vargas
«Quanti esseri hanno attraversato la vita senza mai svegliarsi? E quanti altri si sono accorti che stavano vivendo solo per il monotono tic-tac degli orologi?»
 

Agli occhi più attenti non è certo sfuggito che in passato la poesia denotava una tendenza alla critica del mondo che è dato, alla trasformazione di questo mondo col fuoco della sua rivolta e delle sue esigenze. Al di là delle parole, e più precisamente contro, la poesia tendeva a trasgredire il piano in qualche modo contemplativo dove era stata confinata, per affermarsi sotto una forma attiva, concreta, materiale. Dunque a incarnarsi in questo mondo, gettandosi nella mischia per tentare di occupare un posto di primo piano nella lotta per la sua trasformazione. Si è voluto così guardare sotto una nuova luce gli autori di opere fino a quel momento considerate meramente letterarie, cominciare a udire la loro voce come se fosse quella di autentici uomini d’azione che invitavano alla battaglia. Rimbaud il comunardo, o Majakovskij il bolscevico, sono solo due degli innumerevoli esempi che in questo senso si potrebbero fare. Appare quindi tanto più strano che nessuno, o quasi, abbia pensato di intraprendere il cammino inverso, quello cioè che guarda ad individui passati alla storia per le loro azioni come ad autentici poeti..

Il disincanto innanzi al recupero

Contropelo

Il disincanto innanzi al recupero

ovvero: della miseria delle nuove religioni

L’epoca moderna è caratterizzata da un immanente contraddizione tra la tendenza a una crescente razionalità verso lo scopo, che si esteriorizza in maggiore calcolabilità, e il persistere di ambiti comportamentali appartenenti alla razionalità rispetto ai valori.
Il disincanto rispetto alla sfera del sacro, che si esprime nel processo di secolarizzazione e nella diffusione di una mentalità scientifica, per quanto ispirato ai valori di libertà, uguaglianza e efficienza, non riesce a proporre agli uomini nuovi valori e fini ultimi. Il pensiero scientifico gli presenta solo la conoscenza fisica del mondo, dissolvendo i vecchi sistemi di credenze gli permette di conquistare il dominio sulla Natura, ma nel contempo non sa indicargli dove dirigere il suo potere vitale.