Repubblica e rivoluzione

Brulotti

Repubblica e rivoluzione

Errico Malatesta

Il nostro dichiarato proposito di prender parte a qualunque movimento rivoluzionario mirante alla conquista di maggiore libertà e maggiore giustizia, nonché le recenti affermazìoni di qualche nostro compagno, che forse nella redazione frettolosa di articoli di giornale è andato oltre il suo pensiero reale, han fatto credere a qualcuno, ignaro delle nostre idee, che noi accetteremmo, sia pure provvisoriamente, una repubblica, decorata per l'occasione degli aggettivi sociale e federativa.
Non parrebbe necessario spendere molte parole sulla questione, visto che gli anarchici non hanno mai lasciato luogo ad equivoci nei loro rapporti coi repubblicani. Nullameno è bene ritornare sull'argomento, poiché il pericolo della confusione è sempre grande quando dalla propaganda si vuol passare all'azione e quindi bisogna coordinare l'opera propria con quella delle altre forze che prendono parte alla lotta.

War Times

Ostrogoto [en]

War Times

We live in war times. An undeclared, yet daily, war. A war that pursues a very precise aim: imposing rules and conditions decided by a few government leaders at the expense of the totality of the governed, force to passively submit to them. It is the deepest aspect of Democracy. The tangible sign of war, however, is the militarization of the territory, made of barracks, military bases, radar...

Affinità

Contropelo

Affinità

Alfredo M. Bonanno

Partiamo dalla considerazione che occorre stabilire dei contatti tra compagni per passare all’azione. Da soli non si è in condizione di agire, salvo a ridursi ad una protesta platonica, cruenta e terribile quanto si vuole, ma sempre platonica. Volendo agire in modo incisivo sulla realtà occorre essere in molti.
Su che base trovare gli altri compagni? Scartando l’ipotesi dei programmi e delle piattaforme a priori, stese una volta per tutte, cosa resta?
Resta l’affinità.
Tra compagni anarchici esistono affinità e divergenze. Non sto parlando qui delle affinità di carattere o personali, cioè di quegli aspetti del sentimento che spesso legano i compagni tra loro (l’amore in primo luogo, l’amicizia, la simpatia, ecc.). Sto parlando di un approfondimento della conoscenza reciproca. Più questo approfondimento cresce, più l’affinità può diventare maggiore, in caso contrario le divergenze possono risultare talmente evidenti da rendere impossibile ogni azione comune.

Corda tesa

Intempestivi

Corda tesa

Mentre in Val Susa infuriava la battaglia tra i volontari accorsi in difesa della Libera Repubblica della Maddalena e i pretoriani inviati ad imporre la Schiava Repubblica d'Italia, a Roma un rogo notturno distruggeva la nuova sala operativa della stazione Tiburtina (snodo Tav) mandando in tilt il traffico ferroviario nazionale. Immediato il sospetto che potesse esistere un legame fra le proteste valligiane e l'incendio metropolitano, immediata anche l'indignazione e la smentita del «Popolo NoTav» per bocca dei suoi pubblici rappresentanti, tardive e poco convincenti le assicurazioni istituzionali sulle probabili cause naturali del fatto: un cortocircuito, ben difficilmente un sabotaggio, magari l'effetto collaterale del solito furto di cavi.

 

Ma quel sospetto che si è insinuato per ore e non ancora fugato — a metà fra la speranza e il timore — è indicativo. Della paura delle autorità come delle possibilità dell'azione. Ciò che li terrorizza è ciò che ci entusiasma...

Ni Tav, Ni État

Ostrogoto [fr]

Ni Tav, Ni État

Simone Weil avait vraiment raison : quand les professionnels de la parole décident de s’occuper du triste destin d’autrui, ils choisissent de parler de questions techniques. S’ils sont des syndicalistes en défense du travail, ils parleront d’augmentations salariales, de changement des jours de service, de mesures de sécurité. S’ils sont des écologistes gardiens de la démocratie, ils parleront de camions de débris, de décibels de bruit, de mesures de sécurité.

Le "teste calde"

Brulotti

Le "teste calde"

Piötr Kropotkin

Quando una situazione rivoluzionaria si produce in un paese, avanti che lo spirito di ribellione sia sufficientemente risvegliato nelle masse per tradursi in manifestazioni tumultuose nella piazza, oppure in ammutinamenti e sollevazioni – è per mezzo dell'azione che le minoranze riescono a risvegliare questo sentimento d'indipendenza e questo soffio d'audacia, senza i quali nessuna rivoluzione potrebbe compiersi.

No Tav No Stato

Intempestivi

No Tav No Stato

Aveva proprio ragione Simone Weil: quando i professionisti della parola decidono di occuparsi della triste sorte altrui, scelgono di parlare di questioni tecniche. Se sono sindacalisti a difesa del lavoro, parleranno di aumenti salariali, cambio dei turni, misure di sicurezza. Se sono ambientalisti paladini della democrazia, parleranno di camion di detriti, decibel di rumore, misure di sicurezza. È risaputo che chi ascolta accoglie con sollievo la facile chiarezza delle cifre, dati oggettivi che non richiedono alcun pensiero singolare.
Pensiamo alla propaganda che viene fatta attorno all’Alta Velocità. Per riuscire a farsi capire da tutti, condizione indispensabile per ampliare il sostegno a quella lotta, cosa c’è di meglio che illustrare tutti i dettagli tecnici di quell’infame progetto? Sapete quanto sarà lungo quel tunnel? E quanto ci verrà a costare? E che dire della composizione geologica delle rocce che vorrebbero forare? Per non parlare della polvere sollevata, del traffico paralizzato, delle coltivazioni perse, dei ruscelli prosciugati... Una mole impressionante di dati — che per essere presi per buoni necessitano della preziosa conferma di periti possibilmente di fama (quegli specialisti del sapere separato oggi tanto adulati) — viene sciorinata per sollecitare la mobilitazione. Se si vuole fare numero bisogna parlare di numeri. Uomini e donne, se non vi ribellate per la vita miserabile che vi costringono a fare, per i vostri corpi esausti, per i vostri sogni infranti, per i vostri desideri repressi, per le vostre speranze deluse, fatelo almeno perché 2+2 è uguale a 4. Talmente facile da capire che il consenso è assicurato.

... ogni scherzo vale

Contropelo

... ogni scherzo vale

Genova, G8, luglio 2001:

Tanti i ruoli rappresentati, l’autenticità è condannata

Chi può scagliare l’anatema contro coloro che a Genova hanno fatto strage di vetrine? Non certo chi ha fatto strage di ossa, di teste e di denti. Né chi si indigna per le aiuole calpestate e poi considera normali i morti sul lavoro. Ma nemmeno chi vuole invadere la “zona rossa” del privilegio partendo dalla “zona grigia” del collaborazionismo. Se chi attacca una banca è un provocatore infiltrato, come si può definire chi contratta a nome di tutti con un questore, chi calca nei più svariati modi il palcoscenico della rappresentazione, chi diventa parlamentare, chi è ormai ingranaggio delle istituzioni? Lo Stato può sempre contare su schiere di servitori pronti ad ammazzare e di elettori pronti a farsi ammazzare; ed oggi ha presentato ad alcuni compagni un conto assai salato per quegli attimi di libertà. Tuttavia la nostra strada, l’unica in grado di portarci in paesaggi fantastici e ad incontri segreti dove tutto è ancora possibile, non può passare né dalle aule di tribunale né dagli studi mediatici. Il culto della giustizia e quello della verità non avranno le nostre attenzioni.

Il 19 luglio a Barcellona

Brecce

Il 19 luglio a Barcellona

Tranquillo (Giuseppe Ruozi)

Da tempo gli alti ufficiali dell'esercito macchinavano un vasto complotto contro la repubblica per instaurare una dittatura fascista e monarchica. Non si comprende perché il governo si sia lasciato sorprendere da questo colpo che poco mancò non lo polverizzasse. Certo è che il governo sapeva di questi maneggi più o meno segreti, ma o non volle o non seppe prendere i provvedimenti necessari. Faceva arrestare una quantità di fascisti di terza o di quarta categoria, ma non toccava i dirigenti.

Il sollevamento militare incominciò nel Marocco, ma anche nella Spagna propria da parecchi giorni si sentiva nell'aria, e i partiti sovversivi da varie notti vegliavano armati nelle sedi delle rispettive organizzazioni.
Così il risveglio della mattina del 19 luglio a colpi di cannone, allo strepitare delle mitragliatrici e al crepitio dei fucili, non sorprese veramente nessuno, sebbene producesse una certa emozione nel popolo non combattente e, chissà, forse, anche un po' d'allegria nella classe borghese che credette intravedere la prossima fine dell'agitazione operaia che si faceva ogni giorno più intransigente.
Le sirene delle officine chiamavano le forze proletarie alle armi.

Apuntes sobre la necesidad y el deseo de pegarle fuego a la postmodernidad

Ostrogoto [es]

Apuntes sobre la necesidad y el deseo de pegarle fuego a la postmodernidad

Taller de Investigaciones Subversivas UHP

Aceptemos entonces, que el eje alrededor del cual gira la sociedad postmoderna ya no es, tal y como fue en la modernidad, la producción, sino que ahora es la comunicación (en su sentido restringido de trasvase de información) y la rapidez con la que ésta pueda darse. El tránsito de un tipo de sociedad a otro se da cuando deja de ser posible hablar de la historia como algo unitario, cuando los acontecimientos dejan de ser ordenados entorno a un centro determinado. Se rompe entonces en pedazos el relato que organizaba el espacio teniendo como única referencia a Occidente (o incluso, a un Occidente concreto si se prefiere), y el tiempo basándose en una concepción lineal de la historia unitaria ... la totalidad da paso a la fragmentación, a la disolución de los centros. Esta atención al fenómeno de dispersión, al adiós a la historia hegeliana con miras a una meta final reconocible y la desintegración consecuente de las legitimaciones modernas, son las obsesiones de los pensadores que hablan de postmodernidad.

Appiccare il fuoco alla post-modernità

Contropelo

Appunti sulla necessità e il desiderio di appiccare il fuoco alla post-modernità

Laboratorio di Ricerche Sovversive UHP

Siamo convinti che l'asse attorno al quale ruota oggi la società postmoderna non sia più la produzione, bensì la comunicazione (intesa come trasferimento di informazioni) e la sua velocità di diffusione. Il passaggio da un tipo di società ad un’altra si ha quando non è più possibile parlare della storia come di qualcosa di armonico, quando gli avvenimenti smettono di essere ordinati attorno a un dato fondamento. S'infrange di conseguenza quel racconto che organizzava lo spazio avendo come soli riferimenti l’Occidente (o un dato Occidente, se si preferisce) e il tempo sulla base di una concezione lineare della storia unitaria… la totalità cede alla frammentazione, alla dissoluzione dei centri. Questa attenzione al fenomeno di dispersione, all’addio alla storia hegeliana verso un traguardo finale riconoscibile, e la disintegrazione delle legittimazioni moderne che ne consegue, sono le ossessioni dei pensatori che parlano di post-modernità.

Viva Bresci!

Brulotti

Viva Bresci!

Gaetano Bresci e Giuseppe Ciancabilla. Su di loro è sempre aleggiato il sospetto di essere stati complici in uno dei più celebri assassini della storia, avvenuto la sera del 29 luglio 1900 a Monza — quello di Umberto I, freddato con tre colpi di rivoltella dall’anarchico venuto dall’America. Subito dopo la morte del re, in tutta Italia si scatenò la caccia all’anarchico. I giornali evocarono complotti, ipotizzando perfino un’estrazione a sorte fatta fra gli anarchici italiani emigrati a Paterson, per stabilire chi dovesse ammazzare il monarca. Tutte sciocchezze. Gli anarchici non sono soldatini usi ad obbedir tacendo. E un simile atto lo si compie non su mandato del caso, bensì sulla spinta di una decisione irrevocabile presa in piena coscienza. Ma gli inquirenti non avevano dubbi: Bresci non era stato che il braccio dell’azione omicida. Quanto alla mente, i loro sospetti si concentrarono soprattutto su Ciancabilla, che proprio a Paterson dirigeva il giornale anarchico L’Aurora. 
Abbiamo qui raccolto gli articoli che l’anarchico di Roma dedicò al suo compagno di Prato, di cui seguirà con commozione tutto il calvario fino all’epilogo, fino alla macabra messinscena in carcere del suo “suicidio”. Mentre i socialisti, parlamentari e anarchici, si affrettarono a condannare il regicidio, Ciancabilla non esitò ad esaltare il gesto di Bresci, ad insultarne i detrattori, a difenderne la memoria, ad invocarne la vendetta. Per primo lanciò a voce alta quel grido — Viva Bresci! — che dopo quel 29 luglio si diffuse nell’intero paese in ogni ambito sociale. Sono due parole, sono dieci lettere che da oltre un secolo esprimono la rivolta dell’individuo contro il potere.

Le ragioni dell'antistato

Brulotti

Le ragioni dell'antistato

Gigi Damiani

Quanto meno Stato, tanta più libertà individuale; conseguentemente niente Stato – massimo di libertà per l'individuo.
Si osserva però che una volta soppresso ogni controllo statale, l'individuo, della piena libertà oltre che usare potrebbe abusare.
Il fatto è possibile, anzi, con buona pace degli ottimisti per partito preso, lo diamo per sicuro.
Ma una tale certezza non ci spaventa e non ci persuade a nessuna fiducia verso il male maggiore: lo Stato.
Il controllo di questo, anche quando eventualmente limitato da influenze dottrinarie ultra democratiche, porta con sé una somma di abusi, di violenze, di costrizioni e di menomazioni che tutti i danni che potrebbero derivare dall'uso della massima libertà individuale rappresenterebbero sempre il male minore.

Arte libera...

Brulotti

Arte libera di uno spirito libero

Bruno Filippi

A Milano, la sera del 7 settembre 1919, verso le 21:00, mentre la Galleria Vittorio Emanuele, il Caffé Biffi e tutti gli altri ritrovi della borghesia rigurgitano oscenamente della solita "gente onesta", un giovane dimessamente vestito sale le scale del palazzo ove ha sede il "Circolo dei Nobili", ritrovo prediletto di aristocratici ed industriali lombardi, recando con sé un involto.
Improvvisamente una spaventosa esplosione getta lo scompiglio ed il terrore fra la folla elegante.
L'involto che il giovane portava con sé era una bomba, che essendo esplosa prematuramente ridusse in brandelli colui che si apprestava a collocarla: l'anarchico diciannovenne Bruno Filippi.

De opstand en z'n dubbelganger

Ostrogoto [nl]

De opstand en z'n dubbelganger

Om het echte romanticisme van het valse te onderscheiden, merkte Victor Hugo op hoe iedere authentieke gedachte bespioneerd wordt door een onrustwekkende dubbelganger, die altijd op de loer ligt, altijd klaarstaat om zichzelf voor te doen als het origineel. Als personage met een verbazingwekkende plasticiteit dat met gelijkenissen speelt om zo wat applaus op het toneel te verkrijgen, bezit deze dubbelganger het bijzondere vermogen om zwavel in wijwater te veranderen en zelfs het meest onwillige publiek het te laten aanvaarden.

Perché punire?

Contropelo

Perché bisogna punire?

Catherine Baker

Il diritto penale, per definizione, è fondato sulla pena. Una pena è una sofferenza che viene inflitta. Nessuno osa più dire che la prigione permette ai banditi di riscattarsi. Essa non serve che a una cosa sola, in cui riesce del resto assai bene: punire. Anche i più timidi riformatori si scontrano con questa evidenza, addolcire le crudeltà della detenzione si oppone per forza con il suo principio: si tratta di una pena, è fatta unicamente per punire il colpevole, per essergli penosa.
Perché punire?
La punizione è radicata nella storia più arcaica dell’uomo, quella dei terrori supremi che gli uomini hanno tradotto in divinità dal cuore demoniaco. Non una religione che sia meglio dell’altra quando si tratta dei supplizi riservati ai dannati. L’inferno cristiano non ha nulla da invidiare all’inferno indù... È verosimile che l’idea di una colpa punita nell’aldilà fosse già all’epoca ben antica. L’orfismo ha influenzato molto i Pitagorici, poi Platone. Sotto tutti i cieli, gli umani scandalizzati nel vedere l’eterna ingiustizia del mondo hanno cercato di ristabilire al soggiorno delle ombre l’impossibile equità.
Si deve punire. È un imperativo. Di quale ordine?

A los resignados

Ostrogoto [es]

A los resignados

Albert Libertad

Odio a los resignados, tanto como a los inmundos, como a los poltrones.

¡Odio la resignación! Odio la inmundicia, odio la inacción.

Odio al enfermo abatido por alguna fiebre maligna; odio al enfermo imaginario que con un poco de voluntad podría ponerse en pie.

Se la Val Susa chiama...

Intempestivi

Se la Val Susa chiama...

.. bisogna rispondere, non c’è dubbio. Perché da tempo non si sviluppava uno scontro così generalizzato fra un’intera popolazione e lo Stato. Uno scontro che dura da anni e che nessuno è finora riuscito a dirimere, data l’impossibilità di trovare una soluzione condivisa. Non che siano mancati aspiranti mediatori e conciliatori, brava gente interessata a imbastire un accordo fra istituzioni nazionali e abitanti locali. Solo che, in un certo senso, tutti sono andati a cozzare contro l’incredibile arroganza di questo governo che ha pensato di poter pacificare quella vallata prima coi manganelli e poi con i gas lacrimogeni. Anziché rivedere parzialmente i propri progetti, giocare sulla partecipazione ed offrire carote a tutti — cosa che per un breve periodo di tempo è stato possibile — i governanti hanno preferito brandire il bastone per imporre il proprio arbitrio a quegli zotici montanari. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti: lo scorso 3 luglio decine di migliaia di persone hanno dato e sostenuto la battaglia contro le forze dell’ordine.

Strategia della Fuga

Autopsia

Strategia della Fuga

Anche se potrebbe facilmente essere liquidata come il vezzo di alcuni intellettuali dell’area post-autonoma — negriani, più o meno fedeli al Maestro, che scrutano con attenzione le Derive delle moltitudini per traghettarle verso Approdi istituzionali — la teoria politica dell’esodo merita di essere oggetto di qualche riflessione. Per quel che dice, certamente, ma soprattutto per quel che tace. Per i suoi possibili sviluppi, da considerare quanto le sue origini. Per come ricorra all’ossigeno libertario per rianimare una sinistra radicale sempre più moribonda. E per come, basandosi su di un azzardo affascinante tutto da giocare, essa riesca a tramutarlo in un melenso trucco tutto da esibire. Nonostante i richiami all’esodo contraddistinguano ormai una intera scuola di pensiero, non vi è dubbio che Paolo Virno sia il principale divulgatore di questo concetto a cui ha dedicato un saggio specifico e numerose variazioni sul tema. Ed è perciò al suo pensiero che faremo riferimento.

Niente in Comune

Macchianera

Niente in Comune

Posse
Istituzioni del Comune

Manifestolibri, Roma 2008

 

Manco a farlo apposta, stavo come spesso capita naufragando in rete e mi aggrappavo qua e là ai link che più mi ispiravano, quando ad un tratto mi è passato davanti il sito di Posse: «Ah! Ma esce ancora? Ora fanno un sito? Buon per loro». Ciò esclamato, ho continuato la mia deriva virtuale come se niente fosse (non sono propriamente fedele di S. Antonio da Padova). Ma poi, ripensandoci, la curiosità mi ha spinto a tornare indietro. Da quanto avevo intravisto, Posse dedicava ampio spazio alle «Istituzioni del comune». E questo subito dopo la cancellazione della sinistra parlamentare dal Parlamento! Mica potevo perdermi l’occasione. Cosa avranno da dire gli eruditi teorici della Moltitudine insorgente a proposito dell’improvvisa scomparsa dei loro mezzani di palazzo preferiti?
Così, ho cominciato a tuffarmi in quei testi. Ammetto subito che la mia non è stata una lettura approfondita; diciamo che ho dato una buona occhiata. A tutto c’è un limite, anche alla curiosità. Il gergo post-autonomo scroto-negriano riesce a nausearmi in fretta da tanto mi ricorda il latino arcaico dell’antica Chiesa. C’è in esso la stessa volontà sacerdotale di esprimersi in una lingua arcana per meglio tenere in pugno la vile plebaglia. «L’uomo è pronto a credere a tutto, purché glielo si dica con mistero», ammoniva un poeta. Deve essere per questo che preti & politicanti, cioè coloro che aspirano al ruolo di pastori delle umili greggi, amano tanto il linguaggio esoterico. A volte però, soprattutto sulla spinta di eventi particolari, le formule più bizzarre e incantatorie sono costrette a lasciar trapelare una certa schiettezza.

Se fossi mendicante

Brulotti

Se fossi mendicante

Ernesto Lecocq

Se la fortuna, che m’ha dato l’anima fiera, mi facesse un giorno divenir mendicante, io non andrei colla fronte nella polvere ad avvilirmi dinanzi ognuno che passa; non andrei cogli occhi ripieni di lagrime, in pieno giorno, a supplicare un uomo, ma tutte le notti, irridendomi degli agenti armati, mendicherei col pugnale in mano.

Quando la mancanza di lavoro in un giorno di miseria vi getta senza appello alcuno sul lastrico, quanti obliando il loro sdegno non se ne vanno a stendere la mano o a cantare nei corsi!
Io al vostro posto, o vigliacchi morti di fame, fuggendo il sole, perduto nelle tenebre, nei quartieri lussoreggianti mendicherei col pugnale in mano.

At Daggers Drawn

Ostrogoto [en]

At Daggers Drawn

with the Existent, its Defenders and its False Critics

Life is no more than a continual search for something to cling to. One gets up in the morning to find oneself in bed a mere matter of hours later, a sad commuter between lack of desire and fatigue. Time passes, spurring us less and less. Social obligations no longer seem to break our backs as we have got used to spreading the weight. We obey without even taking the trouble to say yes. Death is expiated by living, wrote the poet from another trench.

Ai ferri corti

Contropelo

Ai ferri corti

con l’Esistente, i suoi difensori e i suoi falsi critici

 

 

Ognuno può finir di girarsi nella schiavitù di ciò che non conosce 

– e, rifiutando l’offa di parole vuote, venir a ferri corti con la vita

C. Michelstaedter

 

La vita non è che una ricerca continua di qualcosa a cui aggrapparsi. Ci si alza al mattino per ritrovarsi, uno stock d’ore più tardi, di nuovo a letto, tristi pendolari tra il vuoto di desideri e la stanchezza. Il tempo passa e ci comanda con un pungolo sempre meno fastidioso. Le prestazioni sociali sono un fardello che non sembra ormai piegare le spalle, perché lo portiamo con noi ovunque. Obbediamo senza la fatica di dir di sì. La morte si sconta vivendo, scriveva il poeta da un’altra trincea.
Possiamo vivere senza passione e senza sogni – ecco la grande libertà che questa società ci offre. Possiamo parlare senza freni, in particolare di ciò che non conosciamo. Possiamo esprimere tutte le opinioni del mondo, anche le più ardite, e scomparire dietro il loro brusio. Possiamo votare il candidato che preferiamo, chiedendo in cambio il diritto di lamentarci. Possiamo cambiare canale ad ogni istante, caso mai ci sembrasse di diventare dogmatici. Possiamo divertirci ad ore fisse e attraversare a velocità sempre maggiore ambienti tristemente identici. Possiamo apparire giovani testardi, prima di ricevere secchiate gelide di buon senso. Possiamo sposarci fin che vogliamo, talmente sacro è il matrimonio. Possiamo impegnarci utilmente e, se proprio non sappiamo scrivere, diventare giornalisti. Possiamo fare politica in mille modi, anche parlando di guerriglie esotiche. Nella carriera come negli affetti, possiamo eccellere nell’obbedire, se proprio non riusciamo a comandare. Anche a forza di obbedienza si può diventare martiri, e questa società ha ancora tanto bisogno, a dispetto delle apparenze, di eroi.

La magia delle parole

Brulotti

La magia e il senso delle parole

(Max Sartin)

Le parole valgono non per sé, ma pel significato che vien loro attribuito. Giova quindi sempre intendersi bene sul significato delle parole che si usano e fare attenzione che la gente senza scrupoli non faccia uso di quelle parole che hanno maggiore popolarità, onde contrabbandare sotto falsa etichetta la merce avariata dei propri interessi economici o politici.
Quella del fronte unico è appunto una di queste formule, usate e abusate, a cui ciascuno attribuisce il significato che più conviene ai suoi fini personali o di classe. E siccome l’idea che l’ha generata e appassionatamente la coltiva nella consuetudine dei lavoratori anelanti alla propria emancipazione — è l’idea stessa che tien viva, ad onta delle più feroci persecuzioni, la speranza nella rivoluzione sociale — è semplicemente naturale che si insista nel nostro modesto sforzo di chiarificazione.