Abbasso le prigioni!

Brulotti

Abbasso le prigioni, tutte le prigioni!

Lotta contro la costruzione di una maxi prigione a Bruxelles

Lo Stato Belga prevede la costruzione di tredici nuove prigioni, come risposta ad anni agitati da rivolte ed evasioni. La più grande dovrebbe realizzarsi a Bruxelles, questa capitale d’Europa in piena pianificazione per renderla più gradevole agli eurocrati e agli amanti del Capitale. Tutto ciò va di pari passo con una “securizzazione” che rende tutti coloro che vivono in fondo alla società sempre più marginalizzati e prigionieri in un campo a cielo aperto.

Anonymity and attack

Ostrogoto [en]

Appendix to an aborted debate on anonymity and attack

A debate is the in-depth exploration of a certain question through the confrontation between two or more sides, each one with their own position. Unlike those who think that debates are to be avoided as to not provoke divisions, we think that they have to be nourished. Because the goal of a debate is not to declare a winner before whom all have to bend the knee, but to enrich the conscience of each one. Debates clarify the ideas. The enunciation of and the confrontation between different ideas – a debate is exactly this! – elucidates the dusky parts and indicates the weak points of these ideas. This helps everybody, nobody excluded. It helps all of the sides who are participating in the ideas to refine, correct or reinforce their own ideas. And it helps everyone who assists to the debate, who will make a choice on which side to be (be it the one side, the other side, or neither of the sides discussing).

Sull'anonimato e l'attacco

Contropelo

Appendice a un dibattito abortito sull'anonimato e l'attacco

Il dibattito è l'esplorazione approfondita di un argomento attraverso il confronto tra due o più parti, ciascuna delle quali con una propria posizione. Contrariamente a chi pensa che i dibattiti vadano evitati per non provocare divisioni, noi pensiamo che vadano alimentati. Perché lo scopo di un dibattito non è quello di decretare un vincitore davanti a cui genuflettersi, bensì di arricchire la consapevolezza di ognuno. I dibattiti precisano le idee. L'enunciazione e la contrapposizione di idee diverse – questo è un dibattito! – ne chiarisce i punti oscuri e ne indica i punti deboli. Cosa che serve a tutti, nessuno escluso. Serve a ciascuna delle parti in causa che partecipa al dibattito, al fine di affinare, correggere o rafforzare le proprie idee. E serve a chiunque assista al dibattito, che stabilirà da che parte stare (quale che sia, l'una, o l'altra, o nessuna delle parti in discussione).
La storia del movimento anarchico è costellata di dibattiti. Tutti utili, anche se talvolta dolorosi. Purtroppo essa è piena anche di dibattiti mancati, di idee diverse mai messe a confronto, lasciando ciascuno nelle proprie certezze (o dubbi) iniziali. Meglio così, perché in questo modo si sono evitate sterili polemiche? A nostro avviso, no; peggio così, perché in questo modo si sono impedite fertili discussioni.

Abbasso l'astensionismo!

Brulotti

Per una pratica di situazione... abbasso l'astensionismo!

Cari compagni,
è con forte emozione che stiamo assistendo alla fin troppo rinviata messa in discussione di metodi e prospettive in uso da tempo immemore all'interno del movimento anarchico, e che ormai emanano un fetore di chiuso e di stantio. Pratiche e linguaggi considerati consolidati, come quelli legati all'azione individuale, vengono messi da parte per via della loro inanità. E ben altre pratiche e altri linguaggi – un tempo inaccettabili per il loro significato – sono finalmente accolti in virtù delle loro attuali potenzialità di successo pratico. La cosa sta destando un certo scalpore, del resto prevedibile, solo fra i soliti pochi marginali tetragoni ad ogni cambiamento. Ovviamente il censimento di coloro che amano barricarsi nella propria torre d'avorio per non farsi sfiorare dagli spifferi della realtà non è molto utile... ma il vostro atteggiamento ha ben altra portata. È un attacco a dogmi e tabù. State quindi agendo da sovversivi coscienti e strategici, nauseati dai regolamenti disciplinari e desiderosi di scuotere l’ammuffito movimento. Bravi.

«Ma dov'è, di grazia,...»

Brulotti

«Ma dov'è, di grazia, la garanzia del progresso...»

Charles Baudelaire

C'è anche un errore molto di moda, dal quale voglio badarmi come dall'inferno: voglio parlare dell'idea del progresso. Questo fanale oscuro, invenzione del filosofume contemporaneo, brevettato senza garanzia della natura o della Divinità, questa lanterna moderna getta delle tenebre su tutti gli oggetti della conoscenza: la libertà vien meno, il castigo sparisce. Chi vuole veder chiaro nella storia deve prima di tutto spengere questo perfido fanale. Quest'idea grottesca, fiorita sul terreno marcio della fatuità moderna, ha scaricato ognuno del suo dovere, ha liberato ogni anima della sua responsabilità, sciolto la volontà da tutti i legami che le imponeva l'amore del bello; e le razze diminuite, se questa straziante follia dura a lungo, si addormenteranno sull'origliere della fatalità nel sonno farneticamte della decrepitezza. Questa infatuazione è il diagnostico d'una decadenza già troppo visibile.

L'occasione fa...

Brulotti

L'occasione fa...

Grande è la confusione sotto i cieli, ma non si può dire che la situazione sia promettente. Il fuoco greco resta un arcano, mentre alla bottega sotto casa restano disponibili solo i tarallucci italiani. Più che criticare, si deplora. Più che pretendere, si chiede. Più che bestemmiare, si prega. E se le “sacrosante” rivendicazioni rimangono inascoltate, pazienza; vorrà dire che si tirerà la cinghia. E quando finiranno i buchi, cosa accadrà?
Per adesso, la rabbia che sbotta il più delle volte divora se stessa. Il numero dei malati e dei suicidi cresce inesorabilmente, mentre le belle mani degli assassini (e belle sono solo quelle che non allacciano uniformi) escono raramente dalle tasche. Come se la vita, delusa nelle sue aspettative di sopravvivenza e senza nessun’altra prospettiva, avesse fretta di concludersi. Ma il suicidio è una vocazione e le patologie hanno tempi troppo lunghi. Bisogna trovare un bersaglio, un obiettivo comune su cui scaricare tutta questa rabbia che va accumulandosi.

...farai fiamma

Brulotti

...farai di te stesso fiamma

Carlo Michelstaedter

Voi vivete perché siete nati – ma dovete rinascere «per voi stessi» – per vivere.
Ci sono zoppi e diritti – ma l'uomo deve farsi da sé le gambe per camminare – per far cammino dove non c'è sostegno e non cadere; per far cammino dove non c'è strada.
Per le vie della terra l'uomo va come in un cerchio che non ha fine e che non ha principio, come in un labirinto che non ha uscita. E si accalcano gli uomini, e gareggiano e si soffermano, o procedono senza riposo, ma sono sempre là dove erano, ché un posto vale l'altro nella valle senza uscita.

Politcs or ethics?

Ostrogoto [en]

Politcs or ethics?

So technique killed ethics. Because in front of any issue, human beings do not ask themselves what is most right, but what works. They no longer asks themselves this because at this point, in our world dominated in all its aspects by technique, it is given for granted that what is right is what works. Ideas become instruments to evaluate not for their meaning but for their way of being used, for their functionality, for their efficiency. All of this, as it has already been mentioned before, is certainly one of the consequences of the intrusion into all aspects of our lives of technique. However, it would be a mistake to think that this phenomenon only emerged in the last few decades, through the infestation of computers and cell phones, plasma screens and three dimensional images.

Il diritto all'ozio...

Contropelo

Il diritto all'ozio e la ripresa individuale

Brand [Enrico Arrigoni]

Da molto tempo si va reclamando il diritto al lavoro, il diritto al pane e, veramente, nel lavoro ci stiamo abbrutendo. Non siamo più che lupi alla ricerca del lavoro, di un lavoro “steady”, fisso, se ciò fosse possibile; e alla sua ricerca va il nostro affanno. Siamo a caccia continua, ossessionante, del lavoro. Questa preoccupazione, quest’ossessione anzi, ci opprime, non ci abbandona mai. E non è che si ami il lavoro. Tutt’altro; lo odiamo, lo malediciamo; ma non pertanto lo subiamo, lo inseguiamo anzi per ogni dove. E mentre lo imprechiamo, lo malediciamo pure perché ci sfugge, perché è incostante, perché ci abbandona dopo breve tempo, sei mesi, un mese, una settimana o solo un giorno. Ed ecco che all’indomani di ogni giorno, di ogni settimana, l’inseguimento riprende, con umiliazione alla nostra dignità d'uomini; affronto continuo alla nostra fame; scudisciata morale al nostro orgoglio d’individui pensanti, d'individui coscienti di questo affronto alla nostra dignità ed ai nostri diritti, di ribelli, di anarchici.

La prima pietra

Brulotti

La prima pietra

Aldo Aguzzi

Dal marmo della scalinata e dalle colonne del Tempio, il sole del meriggio strappa riflessi perlacei, ed ai suoi barbagli s'indora la sabbia del cortile inferiore, giù nel quale, in un angolo, è seduto Gesù. I discepoli, che fan corona al Nazzareno, restano muti, sovrappensiero. La baldanza e l'entusiasmo dei primi giorni, dopo l'entrata rumorosa in Gerusalemme, sono ormai superati. Con curiosità e con timore, essi girano i loro sguardi sulla folla che si rimescola nel cortile con intenso brusio, e trasaliscono quando qualcuno s'avvicina al loro crocchio. Gesù stesso tenta invano di conservare al suo aspetto dolcezza e serenità. Sulla sua fronte, da qualche giorno, è apparsa una ruga profonda ed ostinata. Tutto curvo sui suoi pensieri angosciati, raccolto sulla sua tristezza immensa, spiccica a fatica le labbra per pronunciare qualche monosillabo. Una nube turba l'azzurro dei suoi chiari occhi.
Lo sguardo della folla, di questa folla, di Gerusalemme tanto diversa dalla folla ingenua e semplice di pescatori, fra i quali è fino a ieri vissuto, preme su di lui, peso insopportabile che l'obbliga a curvare il capo, o lo trafigge da ogni parte con punture di lame invisibili. Egli sente in quegli sguardi la beffa, il disprezzo, l'ironia e l'odio.

La morale degli schiavi

Brulotti

La morale degli schiavi

Anne Archet

A mio nonno, bravo tipo dritto come un fuso, piaceva punzecchiarmi quand'ero bambina. Un giorno che ero andata a trovarlo, mentre prendevo posto a tavola per il pranzo, mi chiese: «hai lavorato oggi?». Avevo solo sei anni, cosicché gli ho ovviamente risposto di no. Allora mi levò il piatto dicendomi: «chi non lavora, non mangia». È ovvio che per lui si trattava solo di uno scherzo senza conseguenze, ma io che adoravo i piatti cucinati da mia nonna scoppiai in lacrime. Quella imposizione mi sembrò così crudele, così ingiusta, che non riuscivo a credere che un uomo che amavo potesse pensare una cosa simile, che potesse rifiutare ad una bambina affamata il cibo con il pretesto che aveva trascorso la sua giornata a giocare, allorché la pentola era piena di buona zuppa e ce n'era senz'altro abbastanza per tutti.

Introduzione all'etnocidio

Brulotti

Introduzione all'etnocidio

Robert Jaulin

Ci mancherà la tranquillità necessaria per capire ciò che siamo – noi, cioè una civiltà – finché la nostra regola aurea saranno le guerre di ogni genere, la negazione dell'altro. La criminalità culturale, l'etnocidio, è una conseguenza dell'estensione di noi stessi e deriva dal carattere marcato, contraddittorio, delle relazioni che noi imponiamo, che ci si impongono, che noi rappresentiamo.
L'«integrazione» è un diritto di vita che accordiamo all'altro a patto che diventi come noi. Ma la contraddizione, o meglio, la frode insita in questo sistema sta nel fatto che l'altro, privato della sua personalità, muore immediatamente.

Solo una triste necessità?

Brulotti

Solo una triste necessità?

Vernon Richards-Ugo Fedeli

Riproponiamo una discussione vecchia di sessant'anni, ma purtroppo sempre giovane, il cui titolo originario era La guerra e gli anarchici. Vecchia nel suo oggetto, non certo nelle sue argomentazioni. Se la necessità pratica di fermare il nemico spinge ormai solo i partiti di sinistra a giustificare i bombardamenti, questa stessa necessità pratica viene puntualmente invocata per giustificare ogni abbandono (momentaneo e tattico, naturalmente) dei propri principi di fondo. Concessione che, passo dopo passo, diventa un abito mentale, una abitudine, un metodo, in grado di giustificare qualsiasi cosa. Una volta accettato il contrasto tra fine da raggiungere e mezzi da impiegare, tutto diventa possibile. Anche un sincero e benintenzionato sostegno alla guerra, appunto.
Per la cronaca, ricordiamo che nel 1933 Rudolf Rocker – la cui posizione durante la seconda guerra mondiale servì da pretesto a questa discussione – condannò duramente l'incendio del Reichstag ad opera di Marinus Van der Lubbe, a cui imputò la disfatta del proletariato tedesco, e teorizzò per il movimento la ritirata provvisoria in attesa dell'imminente (?) caduta di Hitler.

La leggenda del Giubileo

Brecce

La leggenda del Giubileo

Peter Linebaugh

Etimologicamente, giubileo deriva da yobel, parola ebraica che significa «corno del capro».
Fin da subito è stato associato alla musica — un corno, una cornetta, una tromba — e successivamente al canto. Il corno discende dal cornu del pastore; la tromba e la trombetta dalla buccina del soldato romano; questi corni sono strumenti di incontro e di militanza. Nelle Indie occidentali e nelle isole dei Mari del Sud la conchiglia a spirale emette un suono molto esteso. Era usata dai Tritoni dell’antica mitologia, e dagli schiavi haitiani il 21 agosto 1791 come richiamo alla guerra di liberazione nella prima vittoriosa rivolta di schiavi della storia moderna. La prima cosa a proposito del giubileo, quindi, è che si ascolta.
«Il dieci del settimo mese, farai echeggiare un suon di tromba. È il giorno dell’espiazione e in quello farete udir la tromba per tutto il vostro paese. Voi santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la libertà nel paese per tutti i suoi abitanti». (Levitico 25:9-10)

I manichini

Miraggi

I manichini di cera

Jules Supervielle

Forse il modo migliore per presentare Jules Supervielle (1884-1960), autore singolare quanto sconosciuto, lontano dalle mode letterarie del suo tempo, talmente curioso dei misteri dell'universo da prestare attenzione agli esseri del mondo esteriore quanto ai fantasmi di quello interiore, è ricordare le parole che gli dedicò un poeta suo contemporaneo: «Supervielle è il ricercatore e il cantore dei veri avvenimenti; egli ci invita a non dimenticare noi stessi vicino a noi, a scoprire il nostro destino altrove che nei lutti, nelle gioie o nei drammi. Ci ferma su alcuni attimi della nostra vita, apparentemente inconsistenti: sono gli unici che abbiano determinato non la nostra felicità o disgrazia, ma ciò che solo conta, l'atteggiamento che assumiamo di fronte alla felicità o alla disgrazia. L’esperienza che possiede ciascuno di noi, anche il più dotato, è infinitesimale. Supervielle ci riduce alla levità per essere davvero noi stessi, dotati dei nostri istanti d’essere, muniti della nostra infanzia permanente davanti a tutti i falsi avvenimenti della vita».

In struggle against time

Ostrogoto [en]

In struggle against time

Time is money. If we were to throw all the money in the world into an unrestrainable fire, would time then stop? Would everything turn into stone, would a steadfast eternity defy the winds? Or would everything be reduced to ashes and it would only be a matter of minutes before all these ashes would be scattered in all directions, becoming invisible? Would the provoked movement be such that time would have no more grip, and could not do anything more than powerlessly assist the unfolding of events?

With our feet grounded on the clouds

Ostrogoto [en]

With our feet grounded on the clouds

When the storm is underway there are those that weather ahead with courage and passion, sustained by the strength of their own ideas. In front of them there is the prospect of a world without exploited or exploiters, without physical cages nor morals, and this freedom is not only desired for themselves but also for all the others that, with their eyes wide open and their feet grounded, realize the daily slavery that grips them.

Carcere

Brulotti

Carcere

Alberto Savinio

Ho saputo anzitutto che cosa significa il sentirsi reclusi, e in luogo per di più che i carcerieri si studiano di rendere più scomodo e antipatico che possono, privandolo in gran parte dei due principali elementi di vita che sono l'aria e la luce; perché il carcere ha il fine dichiarato di punire il delinquente e di metterlo in condizione di non nuocere alla società, ma ha anche quello non confessato di logorare la sua salute e dunque in parole povere di ucciderlo. Ho saputo oltre a ciò che cosa significa la promiscuità forzata e l'impossibilità di isolarsi e nascondersi a un prossimo col quale «non si vuole avere rapporti» (in quell'unica cella eravamo in quattro o cinque); ho saputo che cosa significa la rinuncia al pudore più elementare e lo schifo di quel recipiente posato in mezzo alla cella e adibito ai bisogni corporali dei carcerati.

Per la vita, per tutta la vita!

Brulotti

Per la vita, per tutta la vita!

Agricola [Enrico Arrigoni]

Osservate la massa onesta dei lavoratori che della società costituisce la cura maggiore e la preoccupazione dei sociali Epicuro! Tentate l’azione energica catastrofica della rappresaglia contro uno che vi ha offeso — e con voi ha offeso tutti i vostri compagni di galera — e nella violenza della vostra azione affogate nel sangue, col ventre squarciato dalla dinamite, un padre di famiglia che era un padrone protervo? Vi grideranno assassino e si sforzeranno di togliere l’arte al boia anticipando l’esecuzione legale con una esecuzione sommaria di piazza. Piangeranno come vitelli, i lavoratori onesti, nobilitati dal basto, sulla sorte del povero marmocchio milionario che il vostro atto indemoniato ha orbato del padre; imprecheranno all’anarchico, al delinquente, al fannullone. Piangon miseria da tutti i pori, nel fondo stracciato dei pantaloni e nella manica unta e spelata della giacca, e allibiranno se un audace, che chiaman ladro o rapinatore, al canto della via avrà aggredito un fannullone panciuto carico di ciondoli e di oreficeria alleggerendogli le tasche del portafoglio rigonfio; e l’audace sarà sommerso sotto gli improperi della gente onesta.