Idea di Dio

Brulotti

Idea di Dio

Rudolf Rocker
 
Non sono di quelli che hanno paura della parola Dio. Se chiamiamo Dio o Natura la gran ragione prima di tutte le cose, non per questo siamo più vicino a comprenderla. Il nostro pensiero si muove sempre nel guscio dei concetti ch'egli stesso si crea. Possiamo dare al mondo ed alla vita diverse interpretazioni; ma con questo non togliamo il velo dietro cui è nascosto il gran mistero. Né la religione, né la scienza possono informarci a questo proposito. Le concezioni materialiste e quelle teiste s'alternano quasi in ogni periodo della storia; pare perfino che ci sia tra loro una solidarietà. Con la loro apparizione alternata, creano un certo livellamento del nostro pensiero. È come una bacchetta che s'è incurvata da un lato e che, perché si mantenga dritta, deve essere incurvata dall'altro. Però è falso, pericoloso ed ingiusto voler caricare su un certo modo di pensare la responsabilità di determinati fenomeni sociali. Senza dubbio un despota può mettere a profitto certe idee per i suoi fini, però ciò non prova che un'idea, in sé e di per se stessa, sia dispotica. Forse i peggiori delitti sono stati commessi nel nome di Dio.

Dieci poesie mortali

Miraggi

Dieci poesie mortali

Jacques Prevel

Jacques Prevel (1915-1951) viene ricordato soprattutto per essere stato uno degli ultimi e più fedeli amici di Antonin Artaud, il cui incontro nel 1946 — subito dopo che il teorico del teatro e il suo doppio era uscito dal manicomio di Rodez — fu per lui una autentica illuminazione. Prevel descrive questa amicizia in un diario dove annotava la sua vita quotidiana «in compagnia di Antonin Artaud», trascorsa alla ricerca della poesia (e di droghe). Pochi ricordano però che Prevel fu egli stesso un poeta maledetto che per tutta la vita andò «alla deriva verso l’assoluto», lontano dalle consuetudini care ad un mondo che non era il suo e contro cui lanciò le sue parole «di collera e di odio». Malato da tempo di tubercolosi, Jacques Prevel si spegnerà a soli 36 anni.

Une illusion : la domination sans personne

Ostrogoto [fr]

Une illusion : la domination sans personne

Que signifie dire quelque chose ? Que signifie exprimer ses idées ? Quelles en sont les conséquences, pour nous-mêmes, pour notre agir ?
 
Prenons un exemple : une femme politique de droite sur un podium se prononce pour instaurer l’ordre de tirer aux frontières extérieures. Indignation, emportement, scandale. On veut bien stopper le flot de réfugié-e-s, mais quand-même pas comme ça. Une autre femme politique, disposant de davantage de prestige et de la position la plus haute, reconnue pour ses décisions prosaïques et de spécialiste, signe un traité qui vise à l’internement, l’expulsion et la répartition de milliers de migrant-e-s.

13 minuti

Brecce

13 minuti

Non occorre essere laureati in scienze sociali per accorgersi di quanto stavano facendo i nazisti, dello stupro quotidiano di ogni libertà, del terrore imposto con la messa al bando di partiti e sindacati, del deperimento delle condizioni di vita e — a partire dal 1938 — dello spettro della guerra che si faceva sempre più concreto. Non occorre avere occhi fini per vedere i privilegi in cui sguazzavano i funzionari nazisti. E trarne le conseguenze. I suoi amici ricorderanno come Elser non ascoltasse mai i discorsi di Hitler alla radio, si rifiutasse di fare il saluto nazista ed in occasione di una manifestazione filo-hitleriana si fosse voltato, dando le spalle e mettendosi a fischiare. Ma Georg Elser non era come i suoi amici, non era come milioni di tedeschi che si limitavano a brontolare contro il regime nazista. Uomo semplice e pratico, all’inizio del 1938 aveva preso la sua decisione. Come ebbe a dichiarare in seguito, «ho considerato che la situazione in Germania avrebbe potuto cambiare solo con l’eliminazione della attuale dirigenza». L’individuo, desiderio e volontà, aveva preso la sua decisione: Hitler doveva morire. Il grande dittatore e tutta la sua cricca erano stati così condannati a morte, non da un Tribunale di Stato, non dal Giudizio della Storia e tanto meno da quello divino, ma da un minuscolo artigiano della campagna sveva. E tanti cari saluti alle masse e alle loro organizzazioni.

Il dominio senza nessuno

Brulotti

Un’illusione: il dominio senza nessuno

 

Quando un politico prende delle decisioni, queste vengono applicate — da altri. Quando un soldato spara, lo fa su ordine di qualcuno. Tuttavia responsabile della pallottola, della morte, è chi preme il grilletto. Una cosa è ciò che si dice e un’altra è ciò che si fa, ecco cosa ci viene ripetuto. Una linea di condivisione è tracciata fra l’atto e i pensieri che l’hanno preceduto. Nell’ambito delle opinioni è possibile sostenere qualsiasi punto di vista, è consentito dare il proprio parere. Sì, grazie alla possibilità offerta a tutti di esprimersi, ovvero confrontarsi — o fare una tavola rotonda — con posizioni «estreme», la politica mostra il funzionamento della democrazia. Le parole sono astrazioni e vengono tollerate in quanto tali. Ma quando implicano la possibilità dell’azione diretta, non sono più opinioni, allora diventano idee e portano in sé lo slancio verso la loro realizzazione. Chiunque agisca direttamente e metta in atto le proprie idee senza aver bisogno dell’accordo né del permesso, commette un crimine contro la democrazia.

Il prezzo della nostra indifferenza

Brulotti

Il prezzo della nostra indifferenza

Jean Bloch-Michel

A partire dal momento in cui ci si trova in un paese conquistato, come lo erano i tedeschi in Francia o i francesi in Indocina, la regola vuole che non conti nulla quanto viene fatto in suo favore, ma che qualsiasi ingiustizia venga addebitata senza indulgenza e senza perdono possibili. A questo genere di argomentazioni, la risposta degli uomini sinceri, se non cinici, è che il nostro impero è condizione della nostra prosperità. Io sono convinto che ciò sia falso... E qualora la nostra prosperità fosse a questo prezzo, so che non sarei l'unico a preferirle una povertà più onorevole.

Delega e responsabilità

Brulotti

Delega e responsabilità

Non c’è un aspetto della vita quotidiana che non sia stato infantilizzato e, col passare degli anni, non lo sia sempre di più. È difficile immaginare che qualcuno si soffermi a pensarci, ma la delega è alla base della vita dell’individuo contemporaneo. Che ciò avvenga sotto la spinta di poteri forti con un disegno preciso o perché l’alto tasso tecnologico e la scarsità di tempo a disposizione rendono impossibile la conoscenza e la pratica necessarie o magari semplicemente per comodità, fatto sta che sempre più attività divengono esclusive dei cosiddetti esperti. Hai lavorato per 5 anni in una ditta di riscaldamenti e vuoi riparati la caldaia da solo? Non hai la certificazione. Hai tutte le conoscenze per un semplice intervento sulla linea elettrica? Non puoi, non sei un elettricista accreditato. Vuoi fare un orto nel tuo giardino e per avere più luce devi abbattere un albero? Ci vuole il permesso del comune. Non credi in un vaccino e vuoi seguire pratiche mediche alternative? Come osi?

A proposito d'insurrezione

Brulotti

A proposito d'insurrezione

Errico Malatesta

Si è parlato assai, in questi ultimi tempi, di rispondere con l'insurrezione ad una possibile dichiarazione di guerra. Benissimo! Anche se non si ha veramente la forza d'insorgere nel momento attuale, è sempre utile preparare gli animi all'idea della rivolta contro le imposizioni dei governi. Ma non bisognerebbe abituarsi a considerare la guerra come una condizione necessaria, o addirittura utile, per una insurrezione popolare. Anzitutto la guerra, incominciata o semplicemente attesa, è la peggiore occasione che si possa immaginare per fare un'insurrezione vittoriosa. I pregiudizi e le passioni nazionaliste, le antipatie, nonché gli odii di razza, disgraziatamente ancora assai vivi nell'anima profonda dei popoli, sono risvegliati e sovreccitati dalla propaganda della grande stampa e con tutti i mezzi di menzogna che possiedono i governi e le classi dirigenti.

Il signor Morfeo

Brulotti

Il signor Morfeo, avvelenatore pubblico

Roger Gilbert-Lecomte
 

Nella sua breve vita di ispirato imprecatore, Roger Gilbert-Lecomte (1907-1943) non ha mai smesso di minare le fondamenta sulle quali poggiano il mondo ed il sonno occidentali. Il suo nome è legato soprattutto alla rivista Le Grand Jeu, fondata assieme a René Daumal, dove aveva formulato chiaramente i propositi demolitori che lo animavano: «Si tratta innanzitutto di far disperare gli uomini di se stessi e della società. Da questo massacro di speranze nascerà una Speranza sanguinosa e senza pietà... le nostre scoperte sono quelle dell’esplosione e del dissolvimento di tutto ciò che è organizzato». Ma sotto questa luce nera va letta tutta la sua opera, fra cui questo Il signor Morfeo, avvelenatore pubblico scritto nel 1929. Più che una apologia delle droghe, una sfida agli infami codici della legge e al pesante manganello del poliziotto, al bavoso rimprovero del prete e all’ipocrita perbenismo del cittadino.

Agli adoratori della scienza

Contropelo

Agli adoratori della scienza

André Prudhommeaux

Io sono convinto che l'atteggiamento religioso e l'atteggiamento scientifico davanti allo stesso fenomeno, siano incompatibili – ma ciò è un'altra cosa. Davanti a quel fenomeno, l'atteggiamento scientifico è quello dell'indagatore; paziente perché non vuole trascurare nessun fatto e vuol ricominciare cento volte la stessa indagine. Colui che si inorgoglisce di conquiste definitive, colui che immagina di avere «esaurito», «risolto», «definito» il quesito, anche il più semplice in apparenza, colui che si dice uno «scienziato» è in realtà un credente dogmatico, un a-priorista, che si fa profeta, prete o papa d'una religione, d'una scienza, ma che, nello spirito di certezza che pretende di avere o che si dà, non ha niente dell'atteggiamento scientifico.
Ma, in fondo, che cos'è la Scienza, di cui si parla come d'un insieme compatto di leggi riconosciute?

Jean Meslier, un curato anarchico

Autopsia

Jean Meslier, un curato anarchico

Arthur W. Uloth

Il nome di Jean Meslier è poco conosciuto nel nostro paese, ed anche in Francia non occupa la posizione che gli spetta nell’evoluzione del pensiero libertario. La sua reputazione è quella di un anticlericale, o di un libero pensatore che precorre il proprio tempo. Le sue vedute sullo Stato e il suo odio per quasi tutte le forme di autorità sono del tutto sconosciute. Il suo Testamento trova ancora lettori, ma è un lavoro incompleto che esprime solo la metà di ciò che fu scritto nel testo originale.
Meslier nacque nel 1664 a Mazerny, nel ducato di Rethel. I suoi genitori erano benestanti; suo padre era un mercante di stoffe. In famiglia c’erano molti ecclesiastici, alcuni dei quali assurti ad alte cariche nella chiesa. Ma Meslier non avvertiva alcuna vocazione, e aveva ben poco entusiasmo per il sacerdozio, e perciò non fu esercitata nessuna pressione contro la sua volontà. Tuttavia — come racconta egli stesso — decise di far parte della chiesa per far piacere ai suoi genitori, e senza dubbio anche perché condivideva la loro opinione che quella fosse «una condizione di vita più comoda, più pacifica e più onorata che non quella di molti uomini».

E noi ridiamo

Brulotti

E noi ridiamo

 
Alla fine dell’Ottocento lo scrittore De Amicis, giornalista-militare che aveva a cuore solo gli scatti sull’attenti davanti all’autorità, definiva «malvagio» il piccolo Franti che rideva alla notizia della morte del Re. Oggi i suoi degni eredi arrivano ad accusare chiunque non si metta al servizio dello Stato di essere un «terrorista». Per la gente dabbene, per i fautori del Partito dell’Ordine, il rispetto e l’obbedienza alle leggi è un fatto talmente scontato da apparire ai loro occhi come del tutto naturale. A loro avviso, le istituzioni vanno amate con la stessa spontaneità con cui si aprono gli occhi quando ci si sveglia al mattino. Chi si sottrae a questa ridicola credenza civica non è qualcuno che la pensa diversamente, è molto peggio. Finché la sua alterità rimane circoscritta al proprio ambito domestico, può anche essere considerato un eccentrico da evitare o un malato da curare. Ma guai a manifestarla pubblicamente.

Chi ben comincia…

Intempestivi

Chi ben comincia…

È la fine dell’anno vecchio, è l’inizio dell’anno nuovo. Si festeggia, lanciandosi nei bagordi: cibo a sazietà, bevande a fiumi, musica ad alto volume, danze scatenate, baci appassionati e razzi pirotecnici. L’imperativo è divertirsi, o quanto meno mostrare di farlo. È la parodia del caos primordiale da cui scaturirà la nuova vita. Addio al passato, benvenuto avvenire! Ciò spiega la tradizione, diffusa in tutto il mondo, dei fuochi d’artificio. Un rito magico per allontanare, bruciare, distruggere tutto il male che si è accumulato nel periodo precedente, minacciando così il corso del futuro. Una esplosione di vita, di allegria, di gioia, contro la morte.