La buona coscienza di un cittadino...

Brulotti

La buona coscienza di un cittadino al di sopra di ogni sospetto

 

In quest'ultimo periodo a Lecce stanno fioccando denunce per scritte e affissioni sui muri, più o meno in relazione con la lotta contro il Tap. L'ultimo imbrattamento in ordine di tempo è quello che ha fatto stracciare la tonaca al vescovo, il cui volto si è imporporato alla vista di una sua bella chiesa che esprimeva più rabbia che letizia. La sua indignazione, come quella dei suoi fedeli, come quella di tutte le persone dabbene che infestano questo mondo, tanto sensibili alle offese quanto indifferenti ai massacri, ci ha riportato alla mente il commissario di polizia immortalato nel celebre film Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto
Qualcuno ricorda le parole di quel paladino del codice penale?
«L'uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali, le autorità costituite... Noi siamo a guardia della legge che vogliamo immutabile, scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata; ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!».

«Ma tu, sei antifascista sì o no?»

Brulotti

«Ma tu, sei antifascista sì o no?»

 

Quante volte mi sono sentito porre questa domanda! Ne ho perso il conto. E ogni volta che ho cercato di affrontare questa discussione sono sorti mille equivoci e incomprensioni. Il fascismo non è stato forse l’italica versione del male assoluto? Va da sé che l’antifascismo non può che rappresentare il bene assoluto, una virtù pubblica da esibire, da sbandierare in più di un’occasione. Guai a storcere il naso in sua presenza, a non mostrare la dovuta riverenza nei suoi confronti, a non tramandarne la gloriosa tradizione, si viene guardati con sospetto. Negare l’applauso all’antifascismo è sinonimo di losca ambiguità, se non peggio... 
Eppure, che la retorica antifascista sia arrivata al capolinea dovrebbe essere ormai chiaro a chiunque, soprattutto oggi che tutti si proclamano “antifascisti”.

Individui oppure no

Brulotti

Individui oppure no

È un classico. Un bicchiere contenente del liquido. Diciamo che il bicchiere ha una capienza di 200 ml, e diciamo che contiene 100 ml di liquido. Come definireste quel bicchiere, mezzo pieno o mezzo vuoto? Molti diranno che è la stessa identica cosa. In un certo senso sì, lo è, a livello meramente tecnico. Ma una definizione non fornisce solo una descrizione oggettiva, il più delle volte esprime anche una prospettiva soggettiva.
Cosa si vuole dire?
Quando si sostiene che quel bicchiere è mezzo pieno si sottolinea la presenza del liquido, dando più o meno ad intendere che la sua quantità sia sufficiente. Chi dice che il bicchiere è mezzo pieno è come se stesse notando che, per il momento, non vuole altro liquido. Viceversa, sostenere che il bicchiere è mezzo vuoto significa sottolineare l'assenza del liquido, e quindi la sua mancanza. Chi dice che il bicchiere è mezzo vuoto sta suggerendo di colmarlo. Un bicchiere di pessimo vino sarà sempre mezzo pieno (basta così!), un bicchiere di vino squisito sarà sempre mezzo vuoto (troppo poco!).
Ciò detto, passiamo ora all'essere umano e a ciò che lo circonda.

Diario di bordo

Brulotti

Diario di bordo

Una progettualità per far fronte alla guerra (e alla pace)

 
Sulla necessità di bussole
Troppo spesso pensiamo alle nostre idee come a pilastri conficcati in un terreno inamovibile. Ma il terreno il più delle volte è solido solo in apparenza. Basta che cambino le condizioni, che la terra diventi melmosa o che l’acqua salga, perché il terreno solido si riveli mobile e i nostri amati pilastri si affloscino come castelli di carta. A quel punto il panico ci assale, e noi cominciamo a correre da un’alleanza indigesta ad un’altra ancora più improbabile, mentre i nostri concetti che reputavamo tanto solidi si fanno gelatinosi, trasformandosi in pasta da modellare, e in poco tempo anche noi diventiamo ciò di cui abbiamo sempre avuto orrore: semplici pedine su una scacchiera che non comprendiamo. È successo a numerosi anarchici quando è scoppiata la Prima Guerra mondiale, è successo agli anarchici spagnoli trascinati da una situazione rivoluzionaria ad una guerra in piena regola, è successo a tantissimi rivoluzionari coinvolti nei giochi geopolitici della Guerra Fredda, e succederà lo stesso anche domani.

Donne, uomini e bigott*

Brulotti

Donne, uomini e bigott*

Rhadija Lamrani


 
Per creare una rivoluzione capace di porre fine ad ogni dominio, è necessario porre fine alla tendenza che tutti abbiamo a sottometterci. Ciò implica che osserviamo con sguardo acuto e spietato i ruoli che questa società ci impone e che ne individuiamo i punti deboli per liberarci e superarne i limiti.

La sessualità è un'espressione essenziale del desiderio e della passione individuale, della fiamma che può accendere sia l'amore che la rivolta. Quindi, può essere una forza importante della volontà dell'individuo in grado di elevarlo oltre la massa, in quanto essere unico e indomabile. Il genere, d’altro canto, è un comportamento costruito dall'ordine sociale per ostacolare questa energia sessuale, confinarla e limitarla, indirizzandola verso la riproduzione di questo ordine di dominio e sottomissione. Il genere è un ostacolo al tentativo di decidere liberamente il modo in cui si vuole vivere e relazionarsi. Tuttavia, finora gli uomini si sono visti concedere più libertà d’azione rispetto alle donne nell'affermare la propria volontà all'interno di questi ruoli. Le donne che sono individui forti e ribelli, lo sono proprio perché hanno superato la propria femminilità...


Senza riparo

Brulotti

Senza riparo

Più nulla sembra poter fermare la corsa bellica. Da quando la rivolta popolare in Siria si è trasformata in guerra civile di lungo corso, i massacri, le distruzioni e gli esodi hanno superato di gran lunga ciò che riusciamo semplicemente a concepire. I bollettini di morte hanno da tempo rinunciato a fare gli aggiornamenti quotidiani. Cento, duecento, quattrocento, settecentomila morti... Tre, quattro, sei milioni di rifugiati. Mille, quindicimila, trentamila attacchi aerei. I massacri avvengono su una scala fuori dalla portata del nostro cervello. Eppure, sono fin troppo reali.


La rivolta in Siria è diventata un magma di interessi internazionali (Stati Uniti, Russia, Iran, Israele, Turchia, Francia, Inghilterra, Arabia Saudita...), in cui alleanze e accordi oscillano nella corsa verso il baratro finale. Tutto sembra indicare che un'ulteriore estensione della guerra sia ineluttabile, superando la soglia di uno scontro indiretto tra potenze coinvolte nella guerra siriana verso conflitti aperti, dalle conseguenze imprevedibili, a prezzo di altre decine di migliaia di morti.

Ossimori e ovvietà

Macchianera

Ossimori e ovvietà

Contro l'anarchismo di Stato
Agustín Guillamón 
(con testi di Helmut Rüdigher e Michel Olivier)
All'Insegna del Gatto Rosso, Milano, 2017
 
L'ossimoro è una figura retorica che consiste nell’unione sintattica di due termini o espressioni inconciliabili o in antitesi tra loro, formulata in modo che si riferiscano a una medesima entità. L’effetto ottenuto è di paradossale stupore. Colpisce l'immaginazione, ma non va preso troppo sul serio; non ha senso confondere una metafora con una realtà di fatto.
Questo libro, come si evince dall'esplicito titolo, si scaglia contro un vero e proprio ossimoro. Va da sé che, sebbene la partecipazione di alcuni esponenti della principale organizzazione anarchica spagnola al governo repubblicano durante la rivoluzione del 1936 giustifichi pienamente la creazione e l'uso di un ossimoro quale «anarchismo di Stato», resta inteso che si tratta per l'appunto di una contraddizione in termini.

Ma sì, andiamo in Messico!

Brulotti

Ma sì, andiamo in Messico!

Stenko Razine [Luigi Galleani]
 

Tanto qui i sovversivi che ci stanno a fare? Oramai son tutti disoccupati. La libertà repubblicana sorride gloriosa ai cittadini redenti ed alle loro aspirazioni più temerarie. Tutte le libertà benedicono gloriose la libertà del pensiero, di parola, di stampa, di coalizione e le ossa di Jefferson fremon di gioia nella tomba obliata. È questa davvero la repubblica che egli aveva sognato ai figli ed ai nipoti, la grande repubblica che marcia antesignana di tutte le nazioni civili sull'erta luminosa della civiltà.
C'è bene ancora qualcuno che non vi crede... [...] E ricordano a coloro che al Messico e nella cosiddetta rivoluzione messicana vorrebbero comodamente scroccare la giornea del rivoluzionario che se proprio hanno la voglia ed il fegato di cimentarsi col nemico non debbono andar tanto lontano, perché è in agguato ad ogni svolto di via il nemico...

Distruggere la Civiltà, distruggere la Natura

Contropelo

Distruggere la Civiltà, distruggere la Natura

(Tesi sulla decivilizzazione e sul diventare pericolosi)

Wolfi Landstreicher
 
Uno dei pregiudizi più nocivi e diffusi dei nostri tempi è la fede nella Natura in quanto entità unificata separata, persino opposta, dall’Umanità (anch’essa percepita come entità unificata). Nel contesto di questa dottrina, quel che è specificatamente Umano — generato dall’attività umana consapevole — viene chiamato Artificiale in contrapposizione al Naturale.
 

Dell'incompatibilità...

Brulotti

Dell'incompatibilità. Tra nucleare e violenza

 
Il pensiero di Anders parte dalla critica alla tecnica e alla conseguente era tecnologica. Essa trova il suo fulcro nella cosiddetta vergogna prometeica, cioè il riconoscimento della sottomissione esistenziale da parte dell’uomo alle cose che produce. Questa vergogna colpisce in prima istanza la percezione, la distanza che si crea fra la macchina e l’uomo, dove quest’ultimo diviene totalmente inferiore a tutti i prodotti fabbricati, regredendo alla condizione di antiquato. Esiste un rapporto che supera la reificazione: l’uomo è un essere che prova emozioni e invecchia; al contrario, la macchina compensa la sua certa morte quando non serve più con la sostituibilità. In questo senso, l’unicità dell’individuo viene a soccombere con l’utilità della sua oggettivazione, diventando il dispositivo perfettamente adattabile al mondo mercificato: ogni uomo può essere un arnese da lavorare e qualcosa di consumabile. Va da sé che una delle armi più creative degli spiriti ribelli, cioè di chi si oppone a questa situazione tecnica, viene messa in seria difficoltà: la facoltà di immaginare. 

Sarà guerra!

Brulotti

Sarà guerra!

 
Hythe, Alberta (Canada), a metà degli anni 80. Animato da una certa visione della vita, un piccolo gruppo di persone decide di allontanarsi dalla società dei consumi per fondare una comunità in cui mettere in pratica le proprie idee. Non chiedono niente a nessuno, non impongono niente a nessuno, vogliono solo vivere nella maniera che reputano più giusta. Comprano un centinaio d'ettari di terreno e con le loro stesse mani costruiscono case, coltivano campi, allevano bestiame. Diventano quasi del tutto autosufficienti, da ogni punto di vista. Vivono in pace e tranquillità per anni, senza disturbare nessuno. 
Finché un giorno quel mondo moderno da cui erano scappati, li trova e li circonda. Sotto la loro terra infatti c'è del gas, un enorme giacimento di gas. Le industrie del gas e del petrolio iniziano a trivellare pozzi nei pressi della loro comunità, avvelenando l'aria che respirano e l'acqua che bevono. I loro animali iniziano ad ammalarsi, loro iniziano ad ammalarsi. 
E loro, cosa fanno? Fanno ciò che qualsiasi altra persona comune, normale, farebbe: si rivolgono alle autorità competenti, scrivono lettere di protesta, cercano di far valere i propri diritti. Ma nel giro di pochi anni si accorgono che tutte queste sono solo «stronzate legalitarie». Le autorità non proteggono la salute dei cittadini dall'avidità delle industrie, semmai proteggono i profitti delle industrie dalla rabbia dei cittadini. Le trivellazioni continuano, provocando talvolta delle fughe di gas. I loro animali iniziano a morire, i loro figli iniziano a morire.
E loro, cosa fanno?

Dalla mitopoiesi, la Ceka

Brulotti

Dalla mitopoiesi, la Ceka

 

In effetti, è impossibile negarlo. Se vuole riuscire ad essere mobilitante la narrazione delle lotte deve essere emozionante, entusiasmante, trascinante. Deve raccontare fatti ed eventi in grado di accendere gli animi. Solo che c'è modo e modo per farlo. C'è la via più difficile da intraprendere, quella che affronta una storia in sé sempre contraddittoria, conflittuale, talvolta persino imbarazzante, e tenta di dipanarla per farla non solo cogliere, ma capire in maniera partigiana. E c'è la via più facile, quella che presenta leggende e miti fortificanti, scorrevoli, privi di asperità e comodi da ammirare per tutti indistintamente. 
In quest'ultimo caso non occorre che quanto riportato sia autentico o veridico, basta che sia più o meno verosimile. Questa affabulazione – ci viene detto e ripetuto – non va rifiutata in quanto mistificazione, va accettata come necessità strategica. Non bisogna lasciare alcuno spazio all'intralcio del dubbio, della critica, dello scrupolo… spesso non c'è tempo da perdere. L'urgenza del fare non lascia scampo, contro questo mondo che corre ad alta velocità bisogna muoversi ad alta velocità. Ecco perché il salotto della lotta – quello dove si accolgono amici ed ospiti – non deve necessariamente essere pulito, deve solo apparire pulito.

Decrescita o...?

Autopsia

Decrescita o amministrazione della catastrofe?

Jaime Semprun e René Riesel
 
Se ci si attenesse alla formula di Paul Nougé «l’intelligenza deve avere un mordente. Essa attacca un problema», si sarebbe tentati di non accordare che una intelligenza assai mediocre a Serge Latouche, principale pensatore della «decrescita», quell’ideologia che si spaccia per critica radicale dello sviluppo economico e dei suoi sottoprodotti «durevoli». Egli fa mostra di un talento invero professionale, che confina in qualche caso col genio, nell’offuscare tutto ciò che tocca e trasformare qualsivoglia verità critica, una volta tradotta in neolingua decrescente, in banalità insipida e benpensante. Non è il caso tuttavia di attribuirgli tutto il merito di una insulsaggine sdolcinatamente edificante che è soprattutto il risultato di una sorta di politica: quella con cui la sinistra della perizia cerca di mobilitare truppe radunando tutti coloro che vogliono credere nella possibilità di «uscire dallo sviluppo» (vale a dire dal capitalismo) permanendo al suo interno.