Ingannare le apparenze

Brulotti

Ingannare le apparenze

«Con riferimento disposizioni vigenti che vietano pubblicazione atti istruttori richiamo attenzione SS.LL. su grave sconcio che si verifica quotidianamente ad opera dei giornali mediante riproduzione fotografie di delinquenti arrestati sotto imputazioni gravi reati [...] che sono così elevati agli onori della più biasimevole pubblicità».
 Luigi Federzoni, Ministro degli Interni,
telegramma n. 17916 ai prefetti del 31 luglio 1925 
 
È tristemente noto l'uso della censura durante il fascismo. Una volta eliminate le voci d'opposizione, il regime aveva assegnato allo strumento della propaganda un compito pressoché esclusivo, favorendo la progressiva fascistizzazione del paese. All’interno del Paese non bisognava più schiacciare il nemico ostile presente, ma crearvi, anzi, produrvi l’amico fedele. Si trattava di imporre ovunque una percezione sociale della realtà corrispondente agli interessi e alla ragione di Stato, in modo da riscuotere un consenso praticamente automatico ed unanime. 

Nel disordine dei sogni

Brulotti

Nel disordine dei sogni

 
Ce lo hanno detto e ripetuto fino allo stordimento, tutti lo sanno — «In principio era il Verbo». Può anche darsi, certo. Ma il calendario corrente segna inequivocabilmente il 2019, per cui è inutile prendersi in giro. Alla fine è l’Immagine. 
È da parecchio tempo che il Logos ha fatto fagotto, nessuno vuole più entrare nella sua tenda ed accomodarsi in posizione circolare (ovvero equidistante rispetto al centro, simbolica garanzia di parità). A chi volete che interessi la sua parola, il suo significato, la sua potenza, il suo atto, da comprendere e... ripetere in coro? No, perché con la parola gli esseri umani sono ai primi passi della loro avventura e rimarrebbero fermi se restassero immobili accanto ad essa. Chi vuole procedere oltre deve liberarsi dalla superstizione del Logos, uscire dalla sua tenda e tentare di creare il proprio mondo nella maniera più terribile che esista: incarnandolo, ognuno, individualmente. 
Suona affascinante, vero? Peccato che occorra troppo ascolto, troppa lettura, troppa memoria, troppa riflessione, troppa discussione, e poi troppa immaginazione, troppa determinazione... insomma, troppa fatica. 

La "sua" vita quotidiana

Macchianera

La "sua" vita quotidiana

Raoul Vaneigem
Sull’autogestione della vita quotidiana
Contributo all’emergenza dei territori liberati dall’impresa statale e mercantile 
DeriveApprodi, Roma 2019
 
Se un luogo comune sostiene che si possono avere molte vite, un essere umano può allora morire diverse volte senza essere soltanto un cadavere ambulante, ossia letteralmente uno zombi? Prendiamo ad esempio il caso del situazionista Raoul Vaneigem, il quale si è reso celebre per avere, il 15 maggio 1968, lasciato una Parigi già in piena agitazione rivoluzionaria per raggiungere sulla costa mediterranea il luogo delle sue vacanze programmate, non senza aver apposto la sua firma in calce ad un proclama che invocava l'azione immediata. È stato certamente in quel giorno che per la prima volta egli ha iniziato a trasformarsi in un morto vivente, preso nella lotta implacabile tra un negativo all'opera, un negativo creatore di mondi il quale non potrebbe avere paura delle rovine per affermare la propria poesia sovversiva, ed un positivo che si aggrappa disperatamente alla noia e alla schiavitù dei tempi presenti.


Faites vos jeux !

Ostrogoto [fr]

Faites vos jeux !

Faites vos jeux : 3, 5 ou 10 mètres ? Et si vous êtes radicaux : 50, 100, 150 mètres ? Le gouvernement français s’apprête à inscrire un de ces chiffres dans la loi. Ils indiquent la distance à respecter entre les habitations et les champs lors de l’épandage et de la pulvérisation de pesticides. La présidente du syndicat agricole FNSEA, Christiane Lambert, s’est hâtée d’intervenir dans le « débat public » où quelques voix se sont élevées pour parier plutôt sur le plus gros chiffre de 150 mètres. « Que ces gens-là arrêtent de délirer ! », s’est-elle époumonée devant les journalistes, car cela reviendrait à diminuer de 15 % la surface agricole française. Plutôt que de nous mêler à ce débat absurde et franchement honteux, regardons d’un peu plus près ce que sont les pesticides et ce qu’ils représentent dans le monde d’aujourd’hui. 

Fate il vostro gioco!

Brulotti

Fate il vostro gioco!

 
Fate il vostro gioco: 3, 5 o 10 metri? E se siete radicali: 50, 100, 150 metri? Il governo francese si appresta ad inserire una di queste cifre nella legge. Esse indicano la distanza da rispettare tra le abitazioni e i campi durante lo spargimento e l’irrorazione di pesticidi. La presidentessa del sindacato agricolo FNSEA, Christiane Lambert, si è affrettata a intervenire nel «dibattito pubblico» in cui alcune voci si erano levate per parlare invece della cifra maggiore di 150 metri. «La smettano di delirare!» Ha sbraitato davanti ai giornalisti, perché questo ridurrebbe la superficie agricola francese del 15%. Piuttosto che farsi coinvolgere in questo dibattito assurdo e francamente vergognoso, vediamo più da vicino cosa sono i pesticidi e cosa rappresentano nel mondo odierno.
Un pesticida è una sostanza utilizzata per combattere organismi considerati nocivi, direbbe l'enciclopedia. Tranne che la lingua può rapidamente giocare dei brutti scherzi. Perché in quasi tutte le forme di agricoltura, le piante devono essere protette da altri organismi. Esistono già piante che hanno proprietà «pesticide», se lo si vuole, che proteggono i campi e le colture dalle devastazioni di parassiti, insetti e malattie. 

In punta di piedi, l'orrore

Brulotti

In punta di piedi, l'orrore

Primo Levi
 
Forse, quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare. Mi spiego: «comprendere» un proponimento o un comportamento umano significa (anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l'autore, mettersi al suo posto, identificarsi con lui. Ora, nessun uomo normale potrà mai identificarsi con Hitler, Himmler, Goebbels, Eichmann e infiniti altri. Questo ci sgomenta, ed insieme ci porta sollievo: perché forse è desiderabile che le loro parole (ed anche, purtroppo, le loro opere) non ci riescano più comprensibili. Sono parole ed opere non umane, anzi, contro-umane, senza precedenti storici, a stento paragonabili alle vicende più crudeli della lotta biologica per l'esistenza. A questa lotta può essere ricondotta la guerra: ma Auschwitz non ha nulla a che vedere con la guerra, non ne è un episodio, non ne è una forma estrema.

La gabbia

Miraggi

La gabbia

Lucien Descaves
 
Quando nella città dove nacque e visse tutta la vita, Parigi, deflagrò la Comune, Lucien Descaves (1861-1949) aveva solo dieci anni. Quelle settimane in cui con occhi di bambino vide scomparire il vecchio mondo lo segnarono per sempre. Non solo ne divenne un esperto riconosciuto, oltre che esecutore testamentario di Gustave Lafrançais, ma in tutta la sua opera letteraria si respira quel medesimo vento di rivolta. 
Il suo romanzo più celebre è Les Sous-offs, il cui contenuto ferocemente antimilitarista gli valse un processo in corte d'Assise.
Di Lucien Descaves – amico di Zo d'Axa, di Séverin, di Jean Grave, nonché collaboratore di Georges Darien – presentiamo un estratto di un suo atto teatrale (nella traduzione di Giuseppe Ciancabilla).

Tristi miserie

Brulotti

Tristi miserie

Solitamente su questo sito non pubblichiamo comunicati, i quali hanno già parecchie altre vie di diffusione. Facciamo in questo caso una eccezione. Poiché è su questo sito che è apparsa una lettera di chi, detenuto nel carcere da Zurigo dall’inizio di quest’anno, si rivolgeva ai «cari compagni, cari amici»; poiché è su questo sito che è apparso un suo contributo ad un dibattito su «cosa vogliono gli anarchici»; poiché è su questo sito che è apparsa la versione italiana di un manifesto internazionale di solidarietà nei suoi confronti – oggi che costui ha cambiato radicalmente interlocutori ci sembra doveroso quanto necessario rendere pubblica qui in Italia la notizia che non vi è più alcun compagno incarcerato a Zurigo con l’accusa di sabotaggio. Va da sé che sia la sua lettera dal carcere, sia il suo contributo, sia il manifesto solidale, sono stati tolti dalle pagine di Finimondo.

Il rumore delle chiavi e del metallo

Brulotti

Il rumore delle chiavi e del metallo

 

Il tintinnio delle chiavi, il suono dei cardini di metallo che sbattono gli uni contro gli altri, il rumore delle serrature e delle porte che scattano ci accompagnano dal primo momento del risveglio alle 6,45 fino a notte fonda, quando i secondini fanno il loro giro nel cortile illuminato come uno stadio. Quel rumore è così onnipresente che si ha presto l'impressione di un sottofondo industriale continuo e ripetitivo, il cui volume viene a volte abbassato, a volte aumentato. Qui, quando i detenuti lavorano, a un certo punto viene data loro «persino» la chiave della cella. Un capolavoro di cinismo sulla scacchiera della pacificazione. Come tante altre trovate nel circuito chiuso della carota e del bastone, funziona purtroppo molto bene. Comincia con le piccole cose. Ad esempio, quando la cella non viene più chiamata cella ma «spazio di detenzione» o, come in alcuni moduli da riempire, «luogo di lavoro». Una logica che qui viene attuata in modo conseguente.


Face à face avec l'ennemi

Ostrogoto [fr]

Face à face avec l'ennemi

Severino Di Giovanni et les anarchistes intransigeants dans les années 1920-1930 en Amérique du Sud
« J’ai beaucoup d’amour pour notre cause et je suis capable de tout pour la favoriser », écrivait Severino Di Giovanni quelques mois avant d'être fusillé dans une lettre à un autre compagnon. Son amour pour l'idéal anarchiste n'était pas platonique : c'étaient ses palpitations ardentes qui allaient le pousser à monter aux sommets rebelles de la pensée et de l'action. L'anarchisme n'est pas uniquement l'action, comme il n'est pas uniquement la pensée : il rejoint les deux aspects dans une grande accolade passionnée. En bonne compagnie, Severino est allé jusqu'au bout de son amour. Certains de ses compagnons sont morts sous les balles des sbires, d'autres ont passé de longues années derrière les barreaux ; quelques-uns sont partis en exil pour échapper à la répression, d'autres ont pu continuer à frayer sur place, dans les méandres de la guerre sociale, leurs chemins de combattants pour l'idéal. 

Faccia a faccia col nemico

Brulotti

Faccia a faccia col nemico

Severino Di Giovanni e gli anarchici intransigenti negli anni 1920-1930 in America del Sud
«Ho molto amore per la nostra causa e sono capace di tutto per favorirla», scriveva Severino Di Giovanni in una lettera a un compagno qualche mese prima d’essere fucilato. Il suo amore per l'ideale anarchico non era platonico: erano le sue ardenti palpitazioni a spingerlo ad elevarsi sul culmine ribelle del pensiero e dell'azione. L'anarchismo non è solo azione, come non è unicamente pensiero: unisce i due aspetti in un grande abbraccio appassionato. In buona compagnia, Severino è andato fino in fondo al suo amore. Alcuni dei suoi compagni sono morti sotto i proiettili degli sbirri, altri hanno trascorso molti anni dietro le sbarre; alcuni sono partiti in esilio per sfuggire alla repressione, altri hanno potuto continuare ad aprirsi sul posto, nei meandri della guerra sociale, il proprio percorso di combattenti per l'ideale.

Se il loro campo d'azione principale era l'Argentina e il lato uruguaiano del Río de la Plata, gli anarchici che si ritrovarono là negli anni 1920-1930 provenivano da tutto il mondo.