Brulotti

Semplici galleggianti carichi di materiale esplosivo lanciati alla deriva nel tentativo di incendiare le navi nemiche, in senso figurato i brulotti sono piccole idee suscettibili di provocare danni nei luoghi comuni che rendono triste ed opaca la nostra esistenza. Ogni pretesto è buono per simili tentativi: la riflessione su un fatto del giorno, l'intervento in una lotta, l'annuncio di una iniziativa, la riproposizione di testi dimenticati...

Achtung banditen!

Brulotti

Achtung banditen!

Banditi. Così venivano definiti coloro che si opponevano ai regimi nazista e fascista e lottavano per la libertà. La storia ce li ha fatti conoscere col nome, piuttosto riduttivo, di partigiani. C’è chi, ancora oggi, crede di poter raccogliere la loro eredità, la loro storia, i loro sogni ed i loro ideali, e poterli incasellare in una associazione dal nome altisonante: ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Al di là della retorica del loro dirsi antifascisti, oltre le dichiarazioni pompose rilasciate un giorno all’anno, per festeggiare una Liberazione mai realizzata completamente, questi figuri non hanno mai raccolto la tensione che animava migliaia di uomini e donne che hanno lottato – anche a mano armata, a vita e a morte – contro il cancro nazi-fascista, molti di loro prima di vedere la caduta del fascismo, l’8 settembre 1943, e l’instaurarsi dell’impostura democratico/capitalista, identificando il nemico e agendo.

Studenti delinquenti

Brulotti

Non vogliamo essere studenti, siamo delinquenti!

Alcuni selvaggi

Questo è un pamphlet. Non è un libro, né un libretto, né un quaderno, né un quadernetto, è un pamphlet. Non pretende – lungi da ciò – di essere oggettivo, né di creare consenso. Le sue pretese sono molto più grandi, per cui non capiamo perché dovremmo fare i modesti quando possiamo aspirare a qualcosa di meglio. Che cos'è meglio? Non vogliamo avere limiti. Non sappiamo se ne abbiamo oppure no, ma non è questo il punto, perché noi non desideriamo avere limiti, vogliamo scatenarci. Ciò che ci importa siamo noi stessi. Ci preoccupiamo degli ostacoli e dei nemici nella misura in cui ci impediscono di fare quello che vogliamo o di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno. Se non ci infastidiscono, non esistono. E se danno fastidio, devono smettere di esistere. Abbiamo trascorso sufficiente tempo a meditare, a riflettere sul nemico, il Sistema, il Capitale, ecc.
Pensiamo che sia giunto infine il momento di dedicarci a noi stessi. Cosa ci piace? Cosa no? Cosa vogliamo? Cosa no? Quali sono i nostri veri desideri?

Dal sottosuolo sociale

Brulotti

Dal sottosuolo sociale

Wanderer

Avete detto che nella grande ora mi avreste chiamato, ed io risposi sempre che non sarei mancato al vostro appello. Ora non l'avete ancora fatto, ma siccome io sento che la storia è giunta ormai alla sua svolta, io non posso, non voglio più a lungo attendere, e vengo, vengo ad instaurare la Giustizia.

Non vi son che io che può farlo. Non vi son che io che vi può liberare. Io sono l'alito di tutte le libertà! Ovunque io passo schianto, spezzo le catene, io, l'animatore dei forti e dei deboli, degli audaci e dei vili!

Con me non vi son più viltà. Ogni cuor di coniglio diventa cuor di leone. Calpesto ogni debolezza, disprezzo ogni esitazione e sono l'antagonismo di ogni adagio. Io voglio e voglio subito. La mia sete è come quella del viaggiatore nel deserto.
L'attesa è la mia morte!

Manifesto

Brulotti

Manifesto

Anselme Bellegarrigue

Che non mi si parli affatto della rivelazione, della tradizione, delle filosofie cinese, fenicia, egiziana, ebraica, greca, romana, tedesca o francese; al di fuori della mia fede o della mia religione di cui non devo render conto a nessuno, non so che farmene delle divagazioni degli antenati; io non ho antenati. Per me, la creazione del mondo è datata dal giorno della mia nascita; per me, la fine del mondo deve compiersi il giorno in cui restituirò alla massa elementare l’apparato e il respiro che costituiscono la mia individualità. Io sono il primo uomo, io sarò l’ultimo. La mia storia è il riassunto completo della serie dell’umanità; io non conosco, non voglio conoscere altro. Quando soffro, che bene mi viene dalle gioie altrui? Quando gioisco, che cosa ricavano dai miei piaceri quelli che soffrono? Cosa mi importa quello che si è fatto prima di me? In che cosa sono toccato da quello che si farà dopo di me?

Al rovescio del linguaggio

Brulotti

Al rovescio del linguaggio

Il linguaggio mantiene nascosto al proprio interno uno stupefacente potere di costruzione e di de-costruzione. Ogni parola apparentemente compiuta non è che lo stato presente di una quantità di altre potenziali parole, «in sospeso», che chiedono solo di manifestarsi alla svolta di uno scarto del linguaggio. Solo l'uso strettamente utilitario della parola cui siamo spesso costretti ci dissimula questi stati, così come ce ne proibisce l'accesso con la scusa dell'univocità, della comprensione, con il pretesto definitivo che il linguaggio sia un codice che deve essere condiviso da tutti, al fine di comunicare. E tuttavia... Il linguaggio che usiamo tutti i giorni, le parole che facciamo servire al nostro pensiero sono ben lungi dall'essere innocenti. Sono in qualche modo «minate» dall'interno, pronte a fare implodere la sostanza stessa che le compone; e mi piace immaginare che noi non ci accontentiamo di costruire le nostre frasi in virtù del loro senso manifesto, ma che inconsciamente non appena pronunciamo una parola agisca di concerto un gioco perverso, al fine di creare un secondo livello di linguaggio, una seconda lettura parallela e sottostante, non più guidata dal principio di realtà ma da quello del puro piacere.

Pensiero e dinamite

Brulotti

Pensiero e dinamite

Ci sono questioni che è meglio porsi di continuo. Sono questioni che danno un orientamento alla tua vita e alla tua lotta; questioni che potrebbero aiutare ad uscire dai vicoli ciechi e a schiudere nuovi orizzonti. Una di tali questioni potrebbe sembrare particolarmente banale agli occhi di alcuni, ma di fatto non lo è per nulla. «Perché siamo anarchici?». Certamente non perché sia di moda, né perché ci permetta di guadagnare molto denaro. Nemmeno perché ci prometta una vita facile, o perché concili il sonno. Siamo anarchici perché abbiamo compreso che qualsiasi oppressione, in ogni epoca ed in ogni circostanza, proviene dall'esistenza dell'autorità. Abbiamo identificato nell'autorità il nostro nemico. Ecco il cuore della lotta anarchica.
Ma che cos'è l'autorità? Dove si trova? Ne senti parlare quando vengono evocati lo Stato, il militarismo, i rapporti capitalisti. L'autorità è quindi una logica, un rapporto, è una idea. Ma l'autorità la puoi anche toccare.

Lo "sport" della carità

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Lo "sport" della carità

Umberto Postiglione

L'high people della repubblica yankee, la haute société della vecchia Europa che voglion vivere la vita, che in ogni istante di questa vogliono assaporare l'ebbrezza d'un piacere, sanno bene spendere il loro tempo. Come il lavoro è un bisogno fisiologico, così essi applicano le loro fiacche energie allo "sport". E amano la verità. D'estate nelle spiagge pittoresche, il canottaggio; nelle montagne aspre e selvagge, l'alpinismo. D'inverno nelle convalli erte, il pattinaggio; negli aristocratici cottage apartment il ricevimento di società; nei salotti caldi e profumati, le sciape conversazioni d'attualità; il flirt, il ballo, e come utile diversivo lo "sport della carità"

Il Parlamentarismo

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Il Parlamentarismo

Charles Albert

La critica al parlamentarismo è stata fatta in tantissime maniere.
Alcuni hanno calcolato in modo ingegnosissimo come i nostri sistemi di rappresentanza e di maggioranze siano impotenti ad esprimere l'opinione dela maggioranza. Io non so se questi calcoli siano esatti; ma vi sono purtroppo tantissimi casi in cui le opinioni della maggioranza degli eletti vanno in perfetto accordo con quelle della maggioranza degli elettori, e tali opinioni non son di quelle che ci fanno onore.
Altri hanno dipinto con colori assai foschi e quasi sempre esatti l'ignobile mercato delle coscienze, i cinici e sfrontati contratti, le epoche delle declamazioni ciarlatanesche, degli incensamenti, delle menzogne, epoche in cui si matura ciò che si chiama la nostra rappresenranza nazionale. Ma non indugiamo in questo lato della questione. Facciamo conto, se volete, che sia questa semplicemente la parte brutta inerente a qualunque impresa umana.
È stato detto che i parlamenti sono basse officine di affari, in cui non si trattano seriamente che gli interessi del commercio e del denaro.

I comunisti e gli atti di rivolta

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I comunisti e gli atti di rivolta

dottor Kilbaltchick (Renato Souvarine)

«È possibile che l'atto di Milano sia stato quello d'un rivoltoso. Quando una banda al potere come quella delle camicie nere soffoca una nazione intera, schiaccia tutta una classe, e la più infelice, riempie le città e le campagne dei suoi attentati quotidiani, delle sue minacce, delle sue crudeltà, è fatale che l'atto individuale sorga come rappresaglia.
L'altro ieri, Roma; ieri, Bologna; oggi, Milano: domani, altrove!
Si è disperso, polverizzato i partiti, i gruppi politici, i sindacati, le associazioni anche borghesi: ci si è lusingati di spegnere sino all'ultima speranza di liberazione.
Allora, come sempre nella storia, i Napoleoni, gli Zar, i Mussolini sono presi di mira...»
Chi scrive queste belle e alte parole di chiara comprensione storica e di giustificazione, improntate alle leggi della casualità dei fatti storici e degli eventi rivoluzionari?

“Per la vita e per l’idea”

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“Per la vita e per l’idea”

Luma

Da un capo all'altro della baldracca repubblica d'America infierisce, violenta, truce, irremissibile la reazione borghese, con lo scopo precipuo di sedare i malcontenti popolari e di risolvere con qualsiasi mezzo la lotta di classe che va sempre più assumendo forme terribili in ragione diretta dello sforzo per trattenerla e per distruggerla.
A tale scopo s'imprigionano quegli individui che ascoltando i palpiti dolorosi del proletariato, affamato e calpestato, sposano la causa di esso sottoponendosi ai più gravi sacrifici, alle più amare disillusioni.
Agli operai usciti fuori dalle fattorie e dalle fabbriche per imporre il rispetto al diritto umano, piantano nel cuore gli assoldati delle Compagnie il piombo omicida.

Samba Bakunin

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Samba Bakunin

Gli anniversari, si sa, attirano commemorazioni. Fiumi di parole scritte o pronunciate in ricordo di ..., in memoria di ..., in onore di ... Parole a volte interessanti, ma il più delle volte noiose nella loro vuota retorica apologetica. Ebbene quest'anno cadeva un anniversario importante per gli anarchici. Ma il miglior omaggio per il bicentenario della nascita di Mikhail Bakunin — avvenuta il 18 maggio 1814 (secondo il calendario russo dell'epoca) — non è stato opera di alcun anarchico. Nessuna conferenza, nessuna pubblicazione, nessun manifesto commemorativo reggono al confronto del tributo che è stato dato al gigante rivoluzionario russo dalla polizia di Rio de Janeiro, la quale ha incluso il suo nome in una lista di sovversivi da tenere sotto controllo.

La Giustizia e la morale

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La Giustizia e la morale

Felix

Malgrado una infinità di esempi di fatto, che si susseguono continuamente come per spazzare tante utopie e tanti pregiudizi, pare vi siano ancora nove decimi, fra i popoli cosiddetti civili, che conservano sempre le più assurde utopie, i più cretini preconcetti, le più false fedi. Ma vi è di più: fra coloro che una certa istruzione dovrebbe rendere capaci di vedere chiaramente le cose sotto il loro aspetto reale, è raro trovare l'uno per mille che non faccia tutti gli sforzi possibili per guardare attraverso le lenti delle vecchie credenze.
Così, ogni volta che un fatto viene ad urtare contro le utopie inveterate e difese, coloro che degli altri dovrebbero essere preparati a vederlo compiersi, rimangono meravigliati e si mettono le mani nei capelli, desolati e disorientati.

Ci vuole veramente una dose di ingenuità non indifferente per credere ancora che la giustizia e la moralità possano uscire da un tribunale qualsiasi, limpide e serene.


«Il solo re buono...»

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«Il solo re buono...»

Gli Anarchici di Lynn (Massachusetts)


Ricordate? A Monza, a due passi da Milano che Umberto I aveva abbandonato nel Maggio 1898, come città di conquista, ai cosacchi di Bava Beccaris, il 29 Luglio 1900 intorno al sovrano che ogni atto del suo regno e gli avvolgimenti biechi della sua politica aveva diretto a cancellare tradizioni, conquiste e speranze della Rivoluzione Italiana, pretoriani e cenciosi riaffermavano tra il garrir degli inni cortigiani l'inscindibile fortuna del re e del popolo, la comune ansiosa sollecitudine pel bene inseparabile del re e della patria.
Eppure, mai aspirazioni e propositi di sovrano erano apparse più acerbamente ostili ai voti ed alla fortuna della nazione quanto i ventotto anni del regno di Umberto I agli aneliti dell'Italia nuova resuscitata alla storia dal martirio e dall'eroismo di tre generazioni!

Avviso ai prigionieri

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Avviso ai prigionieri di dentro e di fuori

Queste parole sono indirizzate a te, a te che sei detenuto nelle galere di Stato come a te che sei sempre più recluso in questa città di Bruxelles che stanno trasformando in una prigione a cielo aperto.
Guardati attorno, ma osserva coi tuoi occhi, non con quelli dei politici, degli sbirri o dei capi.
Nel corso degli anni, numerose sono le sommosse che hanno scosso l'inferno carcerario. Da questi luoghi in cui lo Stato deposita quelli che disturbano, che non marciano al passo, che sono dichiarati «indesiderabili» in questa società basata sul potere e sul denaro, si sono levate grida di rivolta e di vita. Per urlare alto e forte che le sbarre uccidono, che le celle distruggono l'essere umano, che una società che rinchiude per proteggersi è essa stessa un grande carcere. Lo Stato risponde oggi a queste grida con maggiore repressione, con celle d'isolamento, con regimi duri, con la costruzione di nuove prigioni per schiacciare gli slanci generosi di rivolta e di solidarietà.

Agnosticismo

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Agnosticismo

Aveva fatto del dubbio la sua bandiera. Nemmeno una laurea in filosofia, a lungo inseguita, è riuscita poi a chiarirgli le idee. Quando parlava di qualche compagno più sicuro di lui, con voce stupita a metà fra il deluso e l'inorridito lo definiva... «determinato». Per lui la determinazione, intesa come precisazione di qualcosa che prima appariva più vago, non era affatto un pregio, un salto di qualità. No, era una aberrazione paragonabile al fanatismo. Era sinonimo di adesione incondizionata ad una fede o ad una ideologia. Nella sua testa gli individui decisi con idee proprie — pronti a sostenerle a spada tratta — erano solo dei fanatici crociati, mentre gli eterni indecisi (sì ma, forse, dipende, magari, un po', non troppo, anzi, chissà...) erano i campioni del libero pensiero. Si considerava anarchico «fino a prova contraria» e diffidava della volontà che, in quanto tale, ovviamente non può che essere esagerata.

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