Brulotti

Semplici galleggianti carichi di materiale esplosivo lanciati alla deriva nel tentativo di incendiare le navi nemiche, in senso figurato i brulotti sono piccole idee suscettibili di provocare danni nei luoghi comuni che rendono triste ed opaca la nostra esistenza. Ogni pretesto è buono per simili tentativi: la riflessione su un fatto del giorno, l'intervento in una lotta, l'annuncio di una iniziativa, la riproposizione di testi dimenticati...

I fatti non parlano da soli

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I fatti non parlano da soli

No, non parlano affatto da soli. Sono come i dati (dati di fatto, appunto), di per sé sono inerti. Per prendere forza devono essere messi in relazione con altri fatti, devono essere tenuti insieme da una teoria. Perché il fatto nudo e crudo sarà pure quello che avviene sotto l'occhio, ma quando viene riportato il fatto si trasforma e assume le sembianze che gli vengono (im)poste da chi lo esprime.
Volete un piccolo esempio? Una manifestazione di protesta, la vetrata di una banca che viene infranta. Come descrivere questo fatto, uguale per gli occhi di tutti, con quali parole? Ci sarà qualcuno che dirà che la banca è stata attaccata, ad esempio. E ci sarà qualcuno che dirà che la banca è stata sanzionata. Il fatto a cui si riferiscono è il medesimo, ma l'espressione usata no. E non si tratta affatto di una pedanteria, di una innocua preferenza per una parola rispetto ad un'altra, perché l'uso di quelle espressioni non è casuale.

Mi piace una cifra

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Mi piace una cifra

All'inizio degli anni 40, mentre l'intera Europa soffocava sotto il tallone di ferro del nazismo, una filosofa francese riusciva ad esprimere in poche righe la differenza che separa la resistenza nata dalla rivendicazione di un diritto da quella che viceversa è «una rivolta di tutto l'essere». Quest'ultima è come un «grido di speranza scaturito dal profondo del cuore», ma che però viene difficilmente inteso da tanto è «inarticolato». Infatti sotto il peso dell'oppressione che «rende ogni sforzo d'attenzione doloroso» gli sfruttati non interrogano se stessi, bensì «accolgono con sollievo la facile chiarezza delle cifre». Ed è proprio su questa debolezza che prospera la «sinistra farsa... recitata dal movimento operaio, con i suoi sindacati, i suoi partiti, i suoi intellettuali di sinistra». Anziché respingere ogni patto con il diabolico capitalismo, «i professionisti della parola» si limitano a mercanteggiare sul prezzo dell'anima proletaria messa in vendita.
Una ventina di anni dopo, verso la fine degli anni 50, un critico statunitense annotava che «la nostra cultura di massa è dominata dall'importanza accordata ai dati e da una corrispondente mancanza di interesse per la teoria, da una esplicita ammirazione per il fattuale e da un tortuoso disprezzo per l'immaginazione, la sensibilità e la speculazione filosofica. Noi siamo ossessionati dalla tecnica, dai Fatti, dall'informazione»

E passiamo pure oltre

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E passiamo pure oltre

La calunnia è un venticello | un'auretta assai gentile | che insensibile sottile | 
leggermente dolcemente | incomincia a sussurrar. | Piano piano terra terra, | 
sotto voce, sibilando | va scorrendo, va ronzando; | nelle orecchie della gente |
s'introduce destramente, | e le teste ed i cervelli | fa stordire e fa gonfiar 
 
Solitamente per critica s'intende l'analisi razionale applicabile a qualsiasi oggetto di pensiero, concreto o astratto, e volta all'approfondimento della conoscenza e alla formazione di un giudizio autonomo. Mentre per dibattito s'intende un pubblico confronto su un dato tema. Quando idee diverse si incontrano è facile che si scontrino, dando vita a un dibattito critico. In ciò non c'è nulla di male, anzi. Perché solo la discussione chiarisce le idee, le precisa, le affina, le migliora, passo fondamentale per chiarire, precisare, affinare e migliorare anche le azioni che ne sono la manifestazione pratica.

Discorso sul luddismo

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Discorso sul luddismo

George Gordon Byron

Contro il diffondersi del luddismo, all'inizio del 1812 il governo inglese decise di emanare il famigerato Frame Breaking Bill, legge che decretava la pena capitale per chiunque venisse giudicato colpevole di aver distrutto dei telai (reato che fino a quel momento era punito con la deportazione da sette a quattordici anni). La legge venne approvata a grande maggioranza da un Parlamento intimorito dall'estendersi della rivolta. Alla Camera dei Lord l'unica voce che si alzò in opposizione fu quella del poeta Lord Byron, che il 27 febbraio 1812 pronunciò un discorso divenuto storico.

Utilità e danno della storia

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Sull'utilità e il danno della storia per la vita

Friedrich Nietzsche

Certo, noi abbiamo bisogno di storia, ma ne abbiamo bisogno in modo diverso da come ne ha bisogno l’ozioso raffinato nel giardino del sapere, sebbene costui guardi sdegnosamente alle nostre dure e sgraziate occorrenze e necessità. Ossia ne abbiamo bisogno per la vita e per l’azione, non per il comodo ritrarci dalla vita e dall’azione, o addirittura per abbellimento della vita egoistica e dell’azione vile e cattiva. Solo in quanto la storia serva la vita, vogliamo servire la storia: ma c’è un modo di coltivare la storia e una valutazione di essa, in cui la vita intristisce degenera. Sperimentare questo fenomeno da notevoli sintomi della nostra epoca, è oggi necessario quanto può essere doloroso.

...e gli altri predicatori della morte!

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...e gli altri predicatori della morte!

Enrico Arrigoni

Due sono le categorie dei predicatori della morte. Alla prima appartengono i religiosi, coloro che credono ad una seconda vita, ad una vita eterna fatta di gioia. Costoro, naturalmente, cercano di dimostrare la vanità e la mediocrità della nostra vita terrena, per esaltare la vita che troveremo al di là della nostra morte fisica. La gioia è un peccato! La lotta, la rivolta, il piacere, la conoscenza sono peccati; vanità è ogni nostro sforzo per elevarci, vanità e peccato è ogni nostro tentativo per liberarci dalla schiavitù, per appropriarci del benessere.
L'umiltà, la rassegnazione, la rinuncia a tutti i piaceri, il disprezzo per la vita sono dei requisiti indispensabili per chi aspira alla vita eterna.
Alla seconda categoria appartengono i pessimisti e, in una certa misura, i fatalisti, coloro che in ogni azione umana vedono il dito del destino.

L'imbarazzo della scelta

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L'imbarazzo della scelta

Noi crediamo che parlare di MUOS significhi parlare di guerra, proble­ma non staccato dall’insieme della situazione sociale, ma assolutamen­te connesso con le “normali” condizioni di oppressione con cui faccia­mo i conti quotidianamente. La guerra è la condizione vitale, normale, dell’esistenza del potere, così come il controllo sociale. Il problema del MUOS, quindi della guerra e del militarismo, vanno inquadrati in una certa ottica. Intendiamo fare un discorso preciso. Non vogliamo limi­tarci ad evidenziare le atrocità della guerra, le dinamiche e gli interessi del colonialismo economico, politico e militare. Intendiamo dire di più. Crediamo che in una prospettiva di lotta contro il militarismo, la guerra e lo sviluppo tecnologico che li sostiene, sia necessario fare uno studio attento e dettagliato sui vari tipi di presenza militare sul territorio e la loro funzione in senso repressivo (caserme, carceri, istituzioni e strut­ture militari, industrie belliche o collegate a questo settore, apparati della propaganda bellicista, ditte legate allo sviluppo di progetti milita­ri ecc.), impostare correttamente le analisi e indicare i mezzi e gli obiettivi. Crediamo fondamentale proiettarsi versa una prospettiva di attacco contro uomini e strutture che la guerra la rendono possibile.
Quanto proposto nelle pagine successive tiene conto delle riflessioni appena fatte.

Torniamo all’economia reale?

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Torniamo all’economia reale?

C. G. D.

Si sente dire e si legge dappertutto che per combattere la «crisi finanziaria» bisogna — e basterebbe — «tornare all’economia reale». La realtà! Ecco qualcosa che suona in modo rassicurante. Cosa c’è di più tangibile, di più oggettivo della realtà?
Ora, tanto per partire dal dizionario, la parola realtà deriva da réellité (dal basso latino realitas), che nel XIV secolo significava «contratto reso libero». Nella nostra epoca, nell’epoca dei mass media, la realtà del mondo — e in particolar modo dell’economia, che è la sua legge naturale — è il contratto sociale, reso «reale» dall’assorbimento quotidiano della verità telediffusa del mondo. In altre parole: ogni qualvolta accendo la televisione o la radio, o mi connetto sul sito di un giornale, si presuppone che io dia conferma della mia accettazione del contratto sociale. Si vede che, lungi dall’offrire un sostegno materiale solido, tutto è finzione in questa realtà. Finzione, il contratto sociale; finzione, le «notizie» mediaticamente distillate; e finzione il racconto capitalista dei tempi eroici, quando non si pensava che a produrre per il bene di tutti.

La tecnica uccide l'etica

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La tecnica uccide l'etica

Jacques Ellul

La preoccupazione maggiore dell'immensa maggioranza degli uomini del nostro tempo è cercare in tutte le cose il metodo in assoluto più efficace.
È ormai superata l'epoca del principio «il fine giustifica i mezzi»: oggi il mezzo si giustifica da sé.
Più esattamente, a giustificarlo è la sua efficacia. Viene dichiarato «bene» ciò che funziona, «male» ciò che fallisce.
Costituendo la tecnica l'ambito dei mezzi, è verso di essa che l'uomo volge a poco a poco ogni suo sguardo.
Così il fenomeno tecnico sfugge poco alla volta a un vero e proprio controllo: nessun giudizio può essergli condotto contro.
Quand'anche l'uomo giungesse a deplorare questo o quell'effetto di tale o tal altro mezzo, il mezzo stesso non viene mai messo in discussione.

Quel che non fanno i compagni

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Quel che non fanno i compagni

Troppo bello per essere vero, non poteva durare a lungo. Ed infatti è durata solo un mesetto la tregua del signor Movimento No Tav con la propria smania dissociazionista.
Dopo le polemiche scoppiate sulla sua pronità nel diffondere dubbi sulla paternità del sabotaggio ai danni della Geomont avvenuto il 30 agosto, costui pareva finalmente persuaso a starsene zitto davanti agli attacchi contro le ditte coinvolte nella costruzione del Tav. Non che lo avessero colpito le critiche di parte anarchica che gli erano piovute addosso, per carità. L'ombrello della politica ripara da ben altro. Ma insomma, diciamolo, non poteva accettare di essere «scavalcato a sinistra» da un esegeta delle Sacre Scritture (ieri Il Capitale, oggi la Bibbia) come lo scrittore Erri De Luca. Se persino lui aveva capito ed era pronto a sostenere pubblicamente che contro un'opera mostruosa come il Tav era più che giustificato il ricorso al sabotaggio, se financo alcuni suoi colleghi radical-chic del bel mondo della cultura e dello spettacolo avevano espresso solidarietà all'ex militante di Lotta Continua affascinato dal cristianesimo (immediatamente linciato per le sue parole dalla canea reazionaria), poteva il signor Movimento No Tav fare la figura del pompiere più fesso?

Io commercio in porci e troie

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Io commercio in porci e troie

Luigi Adanti

Ho cambiato mestiere. Cosa ci volete fare? Per anni mi sono macerato e l'animo e il cervello negli uffici; un giorno lo Stato m'ha imposto cortesemente di levarmi di mezzo e per premio mi ha regalato una attestazione di scarso rendimento.
Voi dite: lo Stato è il peggiore dei padroni!
Protesto: mai lo Stato ebbe ragione come nel caso mio; anzi s'è dimostrato fin troppo magnanimo se mi ha donato tanto indennizzo da campare la vita per un anno.
Nella mia razza, originariamente ebrea, vi sono stati, e nel ramo mio cristianizzato vi sono ancora, fabbri e agricoltori. Mio padre fu lui a troncare, per primo, la tradizione; ma glien'incolse male, ché si procurò un accidente per le scartoffie d'ufficio.

Il fallimento della democrazia

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Il fallimento della democrazia

La democrazia è rovinata, superata, inoperante, ha fatto il suo tempo la vecchia baldracca. La sua maschera egualitaria si strappa a brandelli e fa comparire una faccia schifosa decomposta qua e là dalle placche della sifilide. I numerosi amici protettori e sostenitori di ogni genere e ogni religione la accudiscono con cure devote e illuminate, cercando invano di rimediare ad anni di irreparabile oltraggio. Si tirano fuori da vecchi bauli e da vecchi scatoloni i vestiti più belli, si risolleva il petto stanco, si sostengono con artifici ogni giorno rinnovati le attrattive avvizzite della Marianna democratica e repubblicana.
Niente da fare, il berretto che la copre è stinto, da rosso vivo che era è diventato rosa, e così chiaro, così chiaro che lo si direbbe bianco.
Non piangiamo la vecchia, la sgualdrina ha fatto il suo tempo. Ha nutrito grassamente tutto l'esercito di mercenari e di magnaccia che le facevano la corte.

Uno sguardo sulle "campagne"

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Uno sguardo sull'esperienza delle "campagne"

Cambiamenti e nuove prospettive

Costantino Ragusa

Prima che qualcuno di noi s’imbarchi in una lotta per gli animali, dovremmo prenderci del tempo per soffermarci a riflettere su cosa vogliamo ottenere ed esprimere con il nostro agire. Quello di “liberazione” è un concetto molto diverso da “diritti animali” o “benessere animale”.
L’idea di benessere si adatta perfettamente alla società in cui viviamo, dove proliferano gli amanti degli animali. Una società dove è legittimo ucciderli per ogni bisogno umano, per il cibo ad esempio, finché arrivano metodi di macellazione più “umani” o gabbie abbastanza grandi per muoversi mentre sono ancora vivi. D’altra parte “diritti animali” implica generalmente che agli animali debba essere concesso di vivere senza violenze, ma suggerisce implicitamente che dovremmo essere noi a dar loro questo diritto, attraverso il parlamento e con un atto legislativo.

Sabotaggio

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Sabotaggio

Émile Pouget

La parola «sabotaggio» fino a una quindicina di anni fa, era soltanto un termine di gergo indicante non l'atto di fare del sabotaggio ma quello, immaginoso ed espressivo, di azione compiuta «a scarpate».
In seguito esso si è trasformato in una formula di lotta sociale ed è al Congresso Confederale di Tolosa, nel 1897, che ha ricevuto il battesimo sindacale. Il nuovo venuto non fu accolto, in un primo tempo, negli ambienti sindacali, con eccessivo entusiasmo. Alcuni lo vedevano assai di malocchio rimproverandogli le sue origini plebee, anarchiche ed inoltre la sua... immoralità. Malgrado questa diffidenza, che rasentava l'ostilità, il sabotaggio ha ormai le simpatie operaie.
Ciò nonostante non bisogna pensare che la classe operaia abbia atteso, per praticare il sabotaggio, che questo tipo di lotta ricevesse la consacrazione dei Congressi Corporativi. Il sabotaggio come tutte le forme di rivolta e di lotta è vecchio quanto lo sfruttamento umano. Da quando un uomo ha avuto la criminale ingegnosità di trarre profitto dal lavoro di un suo simile, da quel giorno lo sfruttato ha cercato d'istinto di dare meno di quanto esigesse il suo padrone.

Centralismo e Anarchismo

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Centralismo e Anarchismo

Secondo noi, i moti sono falliti perché avevamo paura di non essere abbastanza organizzati, preparati e armati, prima; poi perché non eravamo abbastanza decisi, volitivi, audaci e autonomi, cioè anarchici. Dimenticammo l'imprevisto della storia. Perché non c'era – e non ce n'è – maturità di coscienze. Perché abbiamo trascurato di creare un movimento autonomo anarchico, separato dai partiti politici, i quali ci hanno soffocato, annullandoci. In certi momenti della storia, la storia è nelle mani delle minoranze iniziatrici fuse con le folle rivoltose, fra mezzo le quali c'è il posto naturale degli anarchici.
Bisogna aver il coraggio civile di confessare che non esiste una corrente – o moto – anarchica dinamica che operi con indipendenza, energia, e decisione nei movimenti di popolo, che si fonda con la massa, che faccia da sé, che si inserisca in essi per estenderli, generalizzarli e trascinare gli «altri» – non con gli accordi bastardi – ma con l'esempio, con le necessità perentorie dei fatti compiuti. Si ha paura di guastare e perturbare gli ordini delle Centrali...

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