Brulotti

Semplici galleggianti carichi di materiale esplosivo lanciati alla deriva nel tentativo di incendiare le navi nemiche, in senso figurato i brulotti sono piccole idee suscettibili di provocare danni nei luoghi comuni che rendono triste ed opaca la nostra esistenza. Ogni pretesto è buono per simili tentativi: la riflessione su un fatto del giorno, l'intervento in una lotta, l'annuncio di una iniziativa, la riproposizione di testi dimenticati...

Uomo o cane

Brulotti

O servo, o ribelle; o uomo, o cane

Gigi Damiani

Compagno che hai disperato, raccatta lo zaino e l'arme e riconfortati col viatico della tua fede. E marcia.
Tuo padre ti lasciò un regime di semilibertà. Vuoi tu lasciare ai tuoi figli un regime di completa schiavitù?
«Ma il nemico oggi è più forte, più agguerrito di ieri e molti che gli son contro, vogliono sostituire la loro tirannia alla sua». Ed anche questo è vero e perciò tu disperi. Ma la tua disperazione, che sfocia nella rassegnazione, non potrà salvarti. Ed il dilemma che oggi sta, inesorato, davanti a te è questo: O la schiavitù o la lotta. Scegli.
Se vuoi accasciarti nella schiavitù, sdraiati pure nella tua abiezione. Sii servo e goditi le delizie della servitù.
Ma se vuoi essere uomo e cittadino e sentire la dignità di te stesso, allora combatti. Non v'è altra via aperta a te davanti ed ogni neutralità è rinuncia che sconterai a prezzo di umiliazioni indicibili.
E allora?

Ascolta piccolo uomo

Brulotti

Ascolta piccolo uomo

Claude Guillon

Rivoluzionario o marginale, ti accusano di calpestare le tradizioni. Ce n'è almeno una che tu perpetui vigorosamente: la procreazione. Tutt'al più, donna, tu rivendichi nel migliore dei casi la libera scelta del luogo e dell'ora.
Parli di concedere ai tuoi bambini la direzione della loro esistenza, ma è il progetto stesso del loro concepimento che è loro irrimediabilmente esteriore. Non puoi dare la vita, l'imponi.
Tu vivi e, appena nato, vieni portato via per insegnarti a vivere.
Vieni persuaso poco alla volta che è tuo diritto scegliere quando vuoi avere dei figli; adesso domandati se i tuoi figli hanno scelto di farsi avere.
Tutto ciò ovviamente non avrebbe alcuna importanza se vivessimo in paradiso. Ma il paradiso non esiste. Che le tue motivazioni per fare figli siano «naturali» o meno importa poco; il nostro mondo non è «naturale». I tuoi bambini te lo vomiteranno in faccia; e se lo accettassero...!

L’ideologia del vittimismo

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L’ideologia del vittimismo

Feral Faun

Ci passavo accanto quasi ogni giorno. Era una scritta murale che recitava: «gli uomini stuprano». La prima volta che l’ho vista mi ha infastidito, perché sapevo che chi l’aveva fatta mi avrebbe definito «un uomo» e io non ho mai desiderato stuprare nessuno. E lo stesso si può dire per i miei amici pene-dotati. Man mano che ogni giorno mi imbattevo in questo dogma murale, i motivi della mia rabbia cambiavano. Interpretavo questo dogma come una litania della versione femminista dell’ideologia del vittimismo — un’ideologia che sostiene la paura, la debolezza individuale (con una conseguente dipendenza da gruppi ideologici di sostegno e protezione paternalistica da parte delle autorità) e una cecità di tutte le realtà e le interpretazioni di esperienze che non si conformano alla propria considerazione di se stessi come vittime.
Non nego che esista qualche realtà dietro l’ideologia del vittimismo. Nessuna ideologia funzionerebbe se non avesse un fondamento qualunque nella realtà. Abbiamo tutti trascorso le nostre intere vite in una società fondata sulla repressione e sullo sfruttamento dei nostri desideri, delle nostre passioni e della nostra individualità, ma è certamente assurdo abbracciare la sconfitta definendosi nei termini del nostro vittimismo.

Repubblica e rivoluzione

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Repubblica e rivoluzione

Errico Malatesta

Il nostro dichiarato proposito di prender parte a qualunque movimento rivoluzionario mirante alla conquista di maggiore libertà e maggiore giustizia, nonché le recenti affermazìoni di qualche nostro compagno, che forse nella redazione frettolosa di articoli di giornale è andato oltre il suo pensiero reale, han fatto credere a qualcuno, ignaro delle nostre idee, che noi accetteremmo, sia pure provvisoriamente, una repubblica, decorata per l'occasione degli aggettivi sociale e federativa.
Non parrebbe necessario spendere molte parole sulla questione, visto che gli anarchici non hanno mai lasciato luogo ad equivoci nei loro rapporti coi repubblicani. Nullameno è bene ritornare sull'argomento, poiché il pericolo della confusione è sempre grande quando dalla propaganda si vuol passare all'azione e quindi bisogna coordinare l'opera propria con quella delle altre forze che prendono parte alla lotta.

Le "teste calde"

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Le "teste calde"

Piötr Kropotkin

Quando una situazione rivoluzionaria si produce in un paese, avanti che lo spirito di ribellione sia sufficientemente risvegliato nelle masse per tradursi in manifestazioni tumultuose nella piazza, oppure in ammutinamenti e sollevazioni – è per mezzo dell'azione che le minoranze riescono a risvegliare questo sentimento d'indipendenza e questo soffio d'audacia, senza i quali nessuna rivoluzione potrebbe compiersi.

Viva Bresci!

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Viva Bresci!

Gaetano Bresci e Giuseppe Ciancabilla. Su di loro è sempre aleggiato il sospetto di essere stati complici in uno dei più celebri assassini della storia, avvenuto la sera del 29 luglio 1900 a Monza — quello di Umberto I, freddato con tre colpi di rivoltella dall’anarchico venuto dall’America. Subito dopo la morte del re, in tutta Italia si scatenò la caccia all’anarchico. I giornali evocarono complotti, ipotizzando perfino un’estrazione a sorte fatta fra gli anarchici italiani emigrati a Paterson, per stabilire chi dovesse ammazzare il monarca. Tutte sciocchezze. Gli anarchici non sono soldatini usi ad obbedir tacendo. E un simile atto lo si compie non su mandato del caso, bensì sulla spinta di una decisione irrevocabile presa in piena coscienza. Ma gli inquirenti non avevano dubbi: Bresci non era stato che il braccio dell’azione omicida. Quanto alla mente, i loro sospetti si concentrarono soprattutto su Ciancabilla, che proprio a Paterson dirigeva il giornale anarchico L’Aurora. 
Abbiamo qui raccolto gli articoli che l’anarchico di Roma dedicò al suo compagno di Prato, di cui seguirà con commozione tutto il calvario fino all’epilogo, fino alla macabra messinscena in carcere del suo “suicidio”. Mentre i socialisti, parlamentari e anarchici, si affrettarono a condannare il regicidio, Ciancabilla non esitò ad esaltare il gesto di Bresci, ad insultarne i detrattori, a difenderne la memoria, ad invocarne la vendetta. Per primo lanciò a voce alta quel grido — Viva Bresci! — che dopo quel 29 luglio si diffuse nell’intero paese in ogni ambito sociale. Sono due parole, sono dieci lettere che da oltre un secolo esprimono la rivolta dell’individuo contro il potere.

Le ragioni dell'antistato

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Le ragioni dell'antistato

Gigi Damiani

Quanto meno Stato, tanta più libertà individuale; conseguentemente niente Stato – massimo di libertà per l'individuo.
Si osserva però che una volta soppresso ogni controllo statale, l'individuo, della piena libertà oltre che usare potrebbe abusare.
Il fatto è possibile, anzi, con buona pace degli ottimisti per partito preso, lo diamo per sicuro.
Ma una tale certezza non ci spaventa e non ci persuade a nessuna fiducia verso il male maggiore: lo Stato.
Il controllo di questo, anche quando eventualmente limitato da influenze dottrinarie ultra democratiche, porta con sé una somma di abusi, di violenze, di costrizioni e di menomazioni che tutti i danni che potrebbero derivare dall'uso della massima libertà individuale rappresenterebbero sempre il male minore.

Arte libera...

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Arte libera di uno spirito libero

Bruno Filippi

A Milano, la sera del 7 settembre 1919, verso le 21:00, mentre la Galleria Vittorio Emanuele, il Caffé Biffi e tutti gli altri ritrovi della borghesia rigurgitano oscenamente della solita "gente onesta", un giovane dimessamente vestito sale le scale del palazzo ove ha sede il "Circolo dei Nobili", ritrovo prediletto di aristocratici ed industriali lombardi, recando con sé un involto.
Improvvisamente una spaventosa esplosione getta lo scompiglio ed il terrore fra la folla elegante.
L'involto che il giovane portava con sé era una bomba, che essendo esplosa prematuramente ridusse in brandelli colui che si apprestava a collocarla: l'anarchico diciannovenne Bruno Filippi.

Se fossi mendicante

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Se fossi mendicante

Ernesto Lecocq

Se la fortuna, che m’ha dato l’anima fiera, mi facesse un giorno divenir mendicante, io non andrei colla fronte nella polvere ad avvilirmi dinanzi ognuno che passa; non andrei cogli occhi ripieni di lagrime, in pieno giorno, a supplicare un uomo, ma tutte le notti, irridendomi degli agenti armati, mendicherei col pugnale in mano.

Quando la mancanza di lavoro in un giorno di miseria vi getta senza appello alcuno sul lastrico, quanti obliando il loro sdegno non se ne vanno a stendere la mano o a cantare nei corsi!
Io al vostro posto, o vigliacchi morti di fame, fuggendo il sole, perduto nelle tenebre, nei quartieri lussoreggianti mendicherei col pugnale in mano.

La magia delle parole

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La magia e il senso delle parole

(Max Sartin)

Le parole valgono non per sé, ma pel significato che vien loro attribuito. Giova quindi sempre intendersi bene sul significato delle parole che si usano e fare attenzione che la gente senza scrupoli non faccia uso di quelle parole che hanno maggiore popolarità, onde contrabbandare sotto falsa etichetta la merce avariata dei propri interessi economici o politici.
Quella del fronte unico è appunto una di queste formule, usate e abusate, a cui ciascuno attribuisce il significato che più conviene ai suoi fini personali o di classe. E siccome l’idea che l’ha generata e appassionatamente la coltiva nella consuetudine dei lavoratori anelanti alla propria emancipazione — è l’idea stessa che tien viva, ad onta delle più feroci persecuzioni, la speranza nella rivoluzione sociale — è semplicemente naturale che si insista nel nostro modesto sforzo di chiarificazione.

Insurrezioni e Rivoluzione

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Insurrezioni e Rivoluzione

P. Kropotkin

Ci vogliono delle insurrezioni locali, perché un giorno la Rivoluzione diventi possibile. Fa d'uopo anzi ch'esse siano numerose. Ci vogliono pure delle città e delle regioni agricole che abbiano la tradizione delle insurrezioni.
Anche quando una rivoluzione è già cominciata, com'era il caso in Russia nel 1905, è necessario che la serie d'insurrezioni nelle città e soprattutto quelle dei contadini su vasti territori continuino, perché la Rivoluzione abbia il tempo di svilupparsi, impedendo nello stesso tempo alla reazione di raggruppare le proprie forze. Tutta la storia ce ne fornisce la prova. E se oggi i dirigenti arrivisti del movimento proletario — intellettuali ed operai — predicano il contrario, è che non vogliono affatto la rivoluzione. La temono. Il popolo in piazza li spaventa; lo detestano, non meno di quanto i borghesi del 1789 detestavano gli uomini delle picche.
Ebbene, senza queste insurrezioni, senza tutta una serie d'insurrezioni, la rivoluzione non sarebbe mai possibile.

Cercano spie...

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Cercano spie; troveranno solo sputi

Nelle ultime settimane, diversi compagni sono stati avvicinati da loschi personaggi che hanno loro proposto senza tanti giri di parole di dare informazioni sul movimento anarchico e che hanno cercato di ricattarli. Non è d'altronde escluso che sia già da parecchio che i cani da guardia dello Stato cerchino di reclutare delle spie.

 

Non ci siamo mai illusi che la nostra lotta contro ogni autorità sarebbe stata facile; che non avremmo incontrato ostacoli repressivi sul nostro cammino. D'altra parte, non abbiamo mai neppure pensato che lo Stato si facesse dei problemi a giocare sporco. L'attuale ricerca di spie, lo schifoso ricatto utilizzato per fare pressione su alcuni compagni, le miserabili intrusioni nelle case dei compagni per piazzarvi apparati di ascolto e di videosorveglianza nascosti, i vigliacchi pestaggi di compagni ammanettati nelle celle dei commissariati: è questa la strada che stanno percorrendo per cercare di spezzare il movimento dei nemici di ogni autorità.

Rifuggire o rifugiarsi

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Rifuggire o rifugiarsi

Riempirsi la bocca di cadaveri smette di essere pura espressione metaforica e diventa cruda realtà, quando la bocca in questione è quella maleodorante delle istituzioni. Bisogna riuscire a scavalcare la vergogna per considerarsi Vicino a chi fugge, ogni giorno, in tutto il mondo, quando in realtà essere vicino a questi uomini e queste donne assolve a una sola funzione: quella di gendarmi.

Solo una straordinaria iperbole del significato consente di parlare di accoglienza dei rifugiati a dei rappresentanti istituzionali, che, in quanto anello di una catena governativa, hanno delle enormi responsabilità nel creare e riprodurre costantemente le cause che portano milioni di individui in tutto il mondo a fuggire.

Illusioni e realtà

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Illusioni e realtà

(Giovanni Gavilli)

Negli anni 1884-85, gli operai americani del nord si agitarono per ottenere dalla classe detentrice della ricchezza il diritto di lavorare solo otto ore al giorno. La moltitudine di quegli operai non vedeva più in là di questa restrizione di orario; ma gli anarchici e con essi tutti gli elementi profughi della disciolta Internazionale tentarono di dare al movimento un ben più alto indirizzo, una meta più precisa ed efficace: la rivoluzione sociale e la conquista della libertà di produrre e di consumare come e quanto ad ognuno occorre e conviene. Vecchia speranza codesta e radicale mutamento che all'anarchia incammina l'umanità; bisogno sentito da chi nulla poté accaparrare per sé o per i suoi della ricchezza sociale; speranza e bisogno che ai gaudenti paiono irrealizzabili, perchè contrastanti apparentemente con l'interesse dei ricchi. Tuttavia la povera gente vi si accanisce e combatte disperata; la sorregge nella lotta l'istinto di conservazione, la necessità di migliori condizioni di vita a cui la sospingono la scienza con le sue invenzioni, colle sue scoperte; e lo sfruttamento sempre crescente che i capitalisti operano avidissimi e sicuri, perché protetti, nel loro brigantaggio, dalla legge e quindi dal braccio e dall'incoscienza degli sfruttati.

Il me faut vivre ma vie

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Il me faut vivre ma vie

Bruno Filippi

Io non credo al diritto. La vita, che è tutta una manifestazione di forze incoerenti, inconosciute e inconoscibili, nega l’artificiosità umana del diritto. Il diritto nacque quando ci fu tolto infatti in origine l’umanità non aveva nessun diritto. Viveva, ecco tutto. Oggi invece di diritti ve ne sono migliaia; si può dire senza errare che tutto ciò che ci manca si chiama diritto.

Io so che vivo e che voglio vivere.
È molto difficile mettere in azione questo voglio. Siamo circondati da un’umanità che vuole quello che vogliono gli altri. La mia affermazione isolata è delitto de’ più gravi.
Legge e morale, a gara, m’intimoriscono e persuadono.

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