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A costo di provocare irritazioni e disagio, è fondamentale andare in senso contrario. Cessare di accarezzare ciò che ci circonda non solo nei suoi aspetti minimi, ma soprattutto nella sua dimensione generale e globale. Il pensiero ribelle, se isolato in situazioni particolari, rischia di scadere in mero commentario. Intelligente, ma a breve gittata. Per arricchirsi, in qualità come in quantità, occorre abbracciare tutti gli ambiti dell'esistenza umana. Una sfida faticosa, ma indispensabile.

Figli di Eichmann?

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Figli di Eichmann?

La nostra concezione della storia è rimasta fondamentalmente lineare. A dispetto di mostruose smentite quali Auschwitz o Hiroshima, rapidamente rimosse grazie all'incoscienza macchinica, il mito del progresso ha retto bene negli ultimi decenni. Si è mostrato in grado di incassare colpi, di accettare di includere qualche sfumatura e ancora oggi sembra perfettamente attrezzato per resistere al disincanto ispirato dalla catastrofe climatica che sta accelerando sotto i nostri occhi. «Sotto i nostri occhi» non è forse una bella espressione, essendosi creato da molto tempo un «dislivello» tra le azioni che svolgiamo all'interno dell'apparato produttivo e le conseguenze di tali azioni.

Logiche di guerra

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Logiche di guerra

Nel corso delle guerre che hanno costellato lo scorso secolo, ed in cui sono stati coinvolti i compagni, è anche malgrado e contro di esse che sono stati messi in pratica molti interventi sovversivi a seconda del luogo in cui i compagni si trovavano: sono stati costituiti gruppi di combattimento autonomi (generalmente decentrati e coordinati), costruite reti di sostegno ai disertori dei due campi, realizzati sabotaggi del dispositivo militare-industriale nelle retrovie, indebolita la mobilitazione degli animi e minata l'unità nazionale, esacerbato lo scontento ed il disfattismo nel tentativo di trasformare quelle guerre per la patria in insurrezioni per la libertà. Magari ci verrà detto che le condizioni sono assai cambiate dall’epoca di quegli esperimenti, ma certo non al punto di non poter attingere a quell’arsenale se si desidera intervenire nelle ostilità, vale a dire partendo innanzitutto dalle nostre idee e progettualità, piuttosto che dal male minore che consiste nel sostenere il campo e gli interessi di uno Stato contro un altro. Perché, se siamo contro la pace dei mercati, contro la pace dell'autorità, contro la pace dell’abbrutimento e della servitù, siamo ovviamente anche contro la guerra.

Rinnovamento industriale

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Rinnovamento industriale

In questi giorni qualche timido fiocco sta imbiancando le pianure, le foreste e le colline di Belgrado est. Il termometro stenta a salire sopra lo zero nella capitale serba. In questo secondo fine settimana di gennaio sono previste nuove giornate di azione contro il progetto di apertura della più grande miniera di litio d'Europa (58.000 tonnellate all'anno), lanciato dal gruppo anglo-australiano Rio Tinto. Da diversi mesi migliaia di persone partecipano a manifestazioni, ma soprattutto a blocchi stradali in tutto il paese. La devastazione ambientale programmata da questo progetto minerario nella valle di Jadar è l'innesco di una «rivolta ecologica»...

Il dado è tratto

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Il dado è tratto

Il mondo accelera. Ciò che resiste si fa calpestare dal gran balzo in avanti. Se diventa ogni giorno più evidente che il cambiamento climatico è diventato irreversibile, la pressione nelle caldaie dello scafo infernale di questa civiltà-Titanic aumenta, alimentata dall'illusione che un crescendo tecnico possa ripristinare gli equilibri turbati. Da parte dei ribelli, si tarda ancora troppo ad affrontare questa realtà ed a trarne le debite conseguenze, magari provvisorie, per il nostro agire e le nostre prospettive di lotta. Tuttavia i giochi sono fatti ed è a partire da qui che dovremmo riflettere.

 

Troppo tardi
Se mai è esistita una qualche possibilità di far deviare il treno dall'espansione industriale attraverso una decisione politica del gestore della rete per invertire, o perlomeno rallentare il processo del cambiamento (una convinzione illusoria, dato che la sopravvivenza della mega-macchina non può essere disgiunta dalla crescita produttiva), essa si trova ormai alle nostre spalle. Nessuna misura, per quanto totalitaria o faraonica, potrà disinnescare questo processo già molto avanzato. Il cambiamento climatico è un fatto...

A tentoni...

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A tentoni...

I servizi statali hanno registrato centinaia di sabotaggi a partire dal 2018 contro infrastrutture di telecomunicazione. Antenne incendiate, fibre ottiche sezionate, centraline bruciate, armadi di distribuzione telefonica scardinati: queste pratiche si sono diffuse in tutto il territorio e hanno avuto un evidente incremento quantitativo nel corso degli ultimi due anni. Anche la qualità delle attività notturne dei sabotatori sembra aver fatto un salto di qualità: ci sono stati sabotaggi che hanno interessato nodi particolarmente sensibili, altri coordinati o ripetuti nella stessa area geografica, alcuni volti a interrompere le comunicazioni di un struttura precisa, in una zona precisa o in un momento preciso... Insomma, malgrado i reiterati avvertimenti delle autorità, le grida di allarme degli operatori e un numero non trascurabile di arresti, continuano gli attacchi contro queste infrastrutture che restano difficili da proteggere da un colpo di tenaglia furtivo o da un incendio notturno.

Propaganda: Conoscenza o Divertimento?

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Propaganda: Conoscenza o Divertimento?

Bernard Charbonneau
 
L’informazione, se ha qualche rapporto con la conoscenza, contrariamente all’idea ricevuta, non va da sé, è un atto di libertà realizzata all’opposto di ogni facilità, delle angosce e dei pregiudizi utili a difenderci. E invece ogni mattina l’informazione mediatica ci aiuta ad iniziare la giornata con l’annuncio di un sisma in Paraguay, mentre imburriamo le nostre tartine e buttiamo un occhio su un’immagine ben presto cancellata. Siamo in attesa di un avvenimento sensazionale che ci distragga dal grigiore quotidiano. Allora, invece di informarci, l’informazione occlude nei crani il minimo pertugio da cui possa passare un po’ di silenzio e di aria. Invece di accrescere la nostra conoscenza della condizione umana, non ha forse la funzione di disinformarci, aiutandoci a dimenticare il nostro personale destino, facendoci diventare atomi indifferenziati di un qualche Leviatano sociale?

Individuo e terrore

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Individuo e terrore


Leo Löwenthal


 
Secondo un'opinione ampiamente condivisa, il terrore fascista è stato solo un effimero episodio della storia moderna e per fortuna ora si trova alle nostre spalle. Non riesco a condividere tale parere. Ritengo piuttosto che il terrore sia profondamente radicato nella dinamica della civiltà moderna, in particolare nella moderna organizzazione economica. La riluttanza ad affrontare senza riserve questo fenomeno in tutte le sue implicazioni è già di per sé un sintomo subliminale del terrore. Indubbiamente per quanti vivono nel terrore è pressoché impossibile riflettere su di esso e ampliare la conoscenza dei suoi meccanismi.

Fuorirotta

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Fuorirotta

Raccolta di testi sulla rivolta di Genova e su chi cercò di governarla
 

Luglio 2021
La vita è lotta e, spesso, la lotta costa la vita. Per questo la lotta non può ridursi a un mero fatto politico...
Sono passati quasi vent’anni da quel luglio 2001 a Genova... tanti, quei giorni, scesero in strada. Tra questi ci fu chi portava avanti un tentativo di creare rappresentanza politica, pronto a individuare e distinguere i buoni dai cattivi. Ma qualcosa andò storto: diverse individualità, provenienti da tutto il mondo, decisero di non delegare a nessun leader l’espressione della propria rabbia, di non farsi schiacciare dalla collettività di un Movimento ma di esprimere semplicemente sé stessi e le loro cattive passioni.

La foresta dell’agire

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La foresta dell’agire

La distruzione non è solo questione di fuoco, di sabotaggio, d’insurrezione o di armi. Se da un lato la distruzione comprende la soppressione materiale delle strutture e delle persone autoritarie, dall'altro implica una critica corrosiva dei rapporti sociali che sostengono, favoriscono e riproducono tali strutture, fino a toccare le nostre stesse responsabilità, i nostri compromessi, le nostre rinunce, che sono altrettanti mattoni dell'edificio sociale da demolire. La distruzione non è tanto un affare di guerra, dove sono tracciate le linee di demarcazioni tra amici e nemici; ciò di cui stiamo parlando va ben oltre un tale schema probabilmente troppo facile per spiegare l’eternità dell'oppressione e dello sfruttamento nel calvario della storia umana. Inoltre la distruzione, come fatto materiale violento, non è riducibile al semplice atto della distruzione (che essa si esprima contro le cose o contro gli uomini, da questo punto di vista  non fa alcuna differenza: l'atto di distruggere comporta comunque l'uso della violenza — offensiva o difensiva, giustificata o meno, in fondo si tratta di questioni che ognuno e ognuna deve risolvere da sé, senza le stampelle che qualche ideologia, sistema filosofico o convinzione religiosa possa offrire). Occorrono non solo braccia, ma anche testa; non solo una preparazione mentale, ma anche cuore; non solo uno sforzo e una convinzione individuali, ma forse anche il sostegno di chi abbiamo vicino.

Il rovello

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Il rovello

Un'ossessione ventennale macerata nel fiele. Periodicamente veniamo tenuti al corrente della sua evoluzione, quand'essa si manifesta in modo pubblico. Non solo perché questa ossessione ci tocca purtroppo direttamente, ma anche e soprattutto per gli effetti che ha avuto col passare del tempo, producendo miasmi anche esilaranti. Poiché tutto ciò ha luogo in Francia, per lunghi anni non ce ne siamo occupati. In fondo, vista da tanti chilometri di distanza, si tratta null'altro che di una penosa vicenda privata di un caso umano.
Il personaggio vive a Parigi e la natura gli ha giocato un brutto scherzo. Da un lato è stata generosa nei suoi confronti, dotandolo di una certa intelligenza; dall'altro è stata carogna, poiché gli ha guastato quel dono facendogli scorrere nelle vene non sangue, ma fiele.

Vulnerabilità

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Vulnerabilità

A livello microscopico, la distruzione di autonomia e la riduzione degli spazi che determinano la propria vita, mediante l'introduzione di protesi sempre più tecnologiche, con le logiche conseguenti, non può che dar luogo — in proporzione al grado di lobotomizzazione e di appiattimento che ognuno subisce — ad una disperazione feroce. La ruota del progresso gira sempre più rapidamente. Se un tempo erano necessarie diverse generazioni per le vaste trasformazioni della società, oggi, nello spazio di una sola generazione, sembra quasi di non far parte dello stesso mondo. Una tale impennata di velocità richiede una inaudita capacità di adattamento dell'essere umano e non manca di produrre a sua volta un’intera gamma di «difetti» funzionali al mondo nel suo complesso, ad esempio sotto forma di nevrosi o malanni fisici. E dato che l'essere umano non vive isolato sopra una cometa, abitando sul pianeta Terra, qualsiasi assetto del suo «habitat» ne influenza le possibilità e la capacità di riflettere, ma anche di sentire ed agire.

All'alba di una nuova era

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All'alba di una nuova era

«Uno degli aspetti di questa quarta rivoluzione industriale è che essa non cambierà ciò che stiamo facendo, ma cambierà noi»
Klaus Schwabb, fondatore e presidente del World Economic Forum (WEF), che ha appena pubblicato The Fourth Industrial Revolution, seguito da un'altra opera — in piena pandemia di Covid19, The Great Reset — in cui esorta ad approfittare della crisi sanitaria per accelerare la nascita dell'«economia 4.0»
 

Se si accetta la definizione di «rivoluzione» per indicare le trasformazioni dell'economia capitalista nel corso della sua storia, è ovviamente nel senso che certe trasformazioni hanno comportato un importante sconvolgimento nei rapporti di produzione, nelle relazioni sociali, nelle gerarchie della società, negli usi e costumi.

La tirannia della flessibilità

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La tirannia della flessibilità

«L'uomo moderno si è già spersonalizzato così profondamente da non essere più sufficientemente umano da tener testa alle sue macchine. L'uomo primitivo, affidandosi al potere della magia, confidava nella sua capacità di dirigere e controllare le forze naturali. L'uomo post-storico, avendo a disposizione le immense risorse della scienza, ha così poca fiducia in se stesso da essere disposto ad accettare la propria sostituzione, la propria estinzione, piuttosto di dover fermare le macchine o anche solo di farle girare ad una velocità inferiore»
Lewis Mumford, 1956
 
Riassumere un'epoca, descriverne i tratti generali e distintivi, penetrare nei rapporti sociali che la reggono è forse un'impresa impossibile. Potrebbe persino comportare — come spesso accade nelle opere di storici, antropologi, sociologi e compagnia — di pervenire ad un'approssimazione distorta, a genericità che prescindono dal reale rapporto tra società, comunità e individui. In altre parole, quando si parla della cultura di una data epoca si corre fortemente il rischio di lasciare nell'ombra gli individui che se ne distaccano, che se ne separano, che conducono o cercano di condurre un'altra vita, differente.

Medicalizzazione vita

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La medicalizzazione della vita

Ivan Illich

 

Fino a tempi non lontani la medicina si sforzava di valorizzare ciò che avviene in natura: favoriva la tendenza delle ferite a sanarsi, del sangue a coagularsi, dei batteri a farsi sopraffare dall'immunità naturale. Oggi invece essa cerca di materializzare i sogni della ragione. I contraccettivi orali, per esempio, vengono ordinati «per prevenire un evento normale nelle persone sane». Certe terapie inducono l'organismo a interagire con delle molecole o delle macchine in modi che non hanno precedenti nell'evoluzione. I trapianti implicano la completa obliterazione delle difese immunologiche programmate geneticamente. Perciò il collegamento fra il bene del malato e il successo dello specialista non si può dare per presupposto; ormai dev'essere dimostrato, e l'apporto netto della medicina al carico di malattia della collettività va calcolato dall'esterno della professione. Ma qualunque accusa contro la medicina per il danno clinico ch'essa provoca non è che il primo passo nell'incriminazione della medicina patogena. 

Critica del pensiero del rischio

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Critica del pensiero del rischio


Ivan Illich - Silja Samerski

Quello che segue è l’ultimo articolo di Ivan Illich (1926-2002), scritto a quattro mani con Silja Samerski. La mattina stessa della sua morte lo aveva rivisto, aggiungendovi alcune note. Nel corso delle settimane precedenti si erano incontrati regolarmente per pensare insieme quale fosse il modo migliore di descrivere la distruzione dell'esperienza concreta e sensuale del presente attraverso l'ossessione per il rischio statistico.
 


Circa una trentina di anni fa, il National Institute of Mental Health pubblicava uno studio attestante che un gran numero di consultazioni mediche si concludevano con la prescrizione di un derivato dal valium o di un altro tranquillante. All'epoca, questo articolo provocò un acceso dibattito sui danni iatrogeni di una simile anestesia di massa.

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