Titolo: A proposito d’insurrezione
Argomento: Brulotti
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Si è parlato assai, in questi ultimi tempi, di rispondere con l’insurrezione ad una possibile dichiarazione di guerra.

Benissimo! Anche se non si ha veramente la forza d’insorgere nel momento attuale, è sempre utile preparare gli animi all’idea della rivolta contro le imposizioni dei governi.

Ma non bisognerebbe abituarsi a considerare la guerra come una condizione necessaria, o addirittura utile, per una insurrezione popolare.

Anzitutto la guerra, incominciata o semplicemente attesa, è la peggiore occasione che si possa immaginare per fare un’insurrezione vittoriosa. I pregiudizi e le passioni nazionaliste, le antipatie, nonché gli odii di razza, disgraziatamente ancora assai vivi nell’anima profonda dei popoli, sono risvegliati e sovreccitati dalla propaganda della grande stampa e con tutti i mezzi di menzogna che possiedono i governi e le classi dirigenti. Le questioni economiche e di politica interna passano in ultima linea, e gli antagonismi di classe sono dimenticati in nome di una pretesa solidarietà nazionale, di cui i dominatori sono i soli a profittare. Ed i governi possono permettersi delle misure di prevenzione e di repressione legali o arbitrarie, che l’opinione pubblica non permetterebbe in tempi ordinari.

Ciò è così ben risaputo da coloro stessi che si fanno una specialità di predicare l’insurrezione in caso di guerra, ch’essi contano soprattutto sulla speranza d’una sconfitta. Ma anche allora le condizioni sarebbero assai sfavorevoli, perché l’insurrezione rischierebbe d’essere fatta più in vista della rivincita e contro i capitolanti che per cambiare da cima a fondo l’organizzazione economica e politica della società; perché si dovrebbe fare l’insurrezione in presenza d’un esercito straniero e vittorioso, che non mancherebbe d’aiutare nella repressione gli avanzi dell’esercito nazionale; e perché si avrebbe contro di sé quella parte della popolazione che sarebbe favorevole, o almeno passiva, in altre circostanze, ma che vedrebbe una specie di tradimento nell’insurrezione in presenza del “nemico”.

Se la guerra potesse essere una buona occasione per insorgere e tentare, con probabilità di successo, la trasformazione sociale, i rivoluzionari, lungi dal cercare d’impedirla dovrebbero fare tutto il possibile per farla scoppiare. Ma siccome ciò non è, noi siamo contro la guerra; ciò che non toglie che se essa scoppiasse, bisognerebbe fare tutto ciò che si potrà, per profittarne, malgrado le circostanze sfavorevoli, nell’interesse della rivoluzione sociale. Ma, e se la guerra non viene, come del resto è assai probabile? Noi non possiamo dire, come diceva Hervé al Shoredith Hall (forse per delle considerazioni pedagogiche visto il pubblico al quale parlava):

«Che i capitalisti ci lascino in pace, che aggiustino le loro differenze davanti al Tribunale dell’Aja, o altrimenti noi faremo l’insurrezione» — come se non fosse chiaro che i capitalisti con la pace o con la guerra, finiranno sempre per aggiustarsi, a spese dei lavoratori.

In quanto a noi, noi non minacciamo l”insurrezione solo per impedire la guerra; noi vogliamo l’insurrezione perché essa ci pare il mezzo indispensabile per metter fine alla miseria e all’oppressione, per abbattere la prepotenza economica e politica della borghesia, per distruggere lo Stato, per realizzare l’espropriazione e mettere a disposizione di tutti i mezzi di produzione e di vita, ed aprire così la via alla costituzione di un ordine sociale basato sulla libertà ed il benessere di tutti o di ciascuno.

È quindi più utile predicare, e sopratutto preparare, l’insurrezione in occasione di crisi economiche • (scioperi, carestie della vita, ecc.), o in occasioni di fatti politici (violenza poliziesca, lotta fra i partiti borghesi, ecc.), o se si vuole quando capita, vale a dire tutte le volte che si sente la forza di poterla fare con probabilità di successo.

Finché dura la società presente, vi è sempre ragione d’insorgere. L’essenziale è di acquistare la forza per farlo, di mettersi in grado di poter profittare delle circostanze favorevoli o di provocarle. Perché un’insurrezione abbia luogo e trionfi, bisogna che lo spirito di rivolta sia sviluppato in seno alle masse, che vi sia una minoranza sufficiente che concepisca e desideri un miglior ordine di cose, che creda alla sua possibilità e sia convinta che non lo si può ottenere con i mezzi pacifici e legali.

A ciò devono servire la propaganda, l’agitazione operaia, la resistenza di tutti i giorni, con tutti i mezzi possibili contro i padroni e contro i governi.

Ma ci vuole pure una preparazione materiale, tecnica, per essere in grado di opporre una resistenza adeguata ai mezzi di repressione feroce che i governi possiedono e non si fanno scrupolo d’impiegare. E a ciò devono pensare i rivoluzionari e sopratutto gli anarchici che non vedono altra alternativa che la forza per rovesciare un sistema, che è basato sulla forza, •e con la forza si sostiene e si difende. E devono pensarvi prima, fin da oggi, perché queste cose non s’improvvisano al momento quando se ne ha bisogno.

Altrimenti, come ora, noi non potremmo (è inutile farsi delle illusioni) opporci efficacemente alla guerra se i governi si decidono a farla, perché non ci siamo preparati in tempo, nello stesso modo che saremmo impotenti di profittare di ogni altra occasione che si presenterà.



[Le Mouvement Anarchiste, n. 6-7, gennaio-febbraio 1913]