Günther Anders
Distruttore di macchine?
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I
Pensare, come avevano fatto i nostri padri, che le macchine possano e debbano sostituire noi e il lavoro che svolgiamo, è assolutamente antiquato. Dove siamo rimasti noi stessi a lavorare, perlopiù lavoriamo non «ancora», bensì «nuovamente»: in questo caso infatti, noi sostituiamo le macchine. O perché talvolta queste difettano nel funzionamento, oppure perché – e qui parlare di «ancora» sarebbe legittimo – le macchine che ci dovrebbero «davvero» essere non sono ancora scandalosamente state inventate. In questo caso noi «sostituiamo» il non-ancora-esistente. Naturalmente la nostra prestazione sostitutiva è sempre miserabile. Se gli apparecchi che sostituiamo potessero osservare il nostro sforzo di sostituirli, riderebbero dei nostri goffi tentativi. Ma dico appunto «se», e «riderebbero» al condizionale. Perché ovviamente, in quanto apparecchi, sono orgogliosi della loro incapacità di ridere o addirittura del loro non poter essere orgogliosi di qualcosa.
II
Oggi sono stato di nuovo costretto a leggere che sarei un «reazionario distruttore di macchine». È il più stolto di tutti i rimproveri possibili. Perché la mia battaglia non riguarda affatto, come nel XIX secolo, i modi di produzione, bensì i prodotti. Non ho mai suggerito che i missili dovrebbero essere prodotti a mano fra le mura di casa anziché nelle fabbriche. Ma ho sempre detto che i missili non dovrebbero essere costruiti.
III
Quelli che ci definiscono «distruttori di macchine», li dovremmo chiamare «distruttori di uomini».
[1987]