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La calunnia è un venticello | un’auretta assai gentile | che insensibile sottile |

leggermente dolcemente | incomincia a sussurrar. | Piano piano terra terra, |

sotto voce, sibilando | va scorrendo, va ronzando; | nelle orecchie della gente |

s’introduce destramente, | e le teste ed i cervelli | fa stordire e fa gonfiar


Solitamente per critica s’intende l’analisi razionale applicabile a qualsiasi oggetto di pensiero, concreto o astratto, e volta all’approfondimento della conoscenza e alla formazione di un giudizio autonomo. Mentre per dibattito s’intende un pubblico confronto su un dato tema. Quando idee diverse si incontrano è facile che si scontrino, dando vita a un dibattito critico. In ciò non c’è nulla di male, anzi. Perché solo la discussione chiarisce le idee, le precisa, le affina, le migliora, passo fondamentale per chiarire, precisare, affinare e migliorare anche le azioni che ne sono la manifestazione pratica. E questo avviene a favore di tutte le parti in causa, senza distinzioni. Uno sguardo al passato mostrerebbe come le mille “polemiche” che hanno attraversato il movimento non fossero che il segno della sua vitalità, della sua ricchezza, della sua costante voglia di progredire, di non fermarsi davanti alla prima verità caduta fra i piedi e diventata, a furia di ottusa ripetizione, stantio luogo comune.

Tuttavia esercitare una critica, partecipare ad un dibattito, non è semplice come bere un bicchiere d’acqua. È cosa alla portata di tutti, però necessita di una dovuta premessa: una certa conoscenza dell’argomento trattato e un minimo di padronanza del linguaggio. Perché, se quando si vuole formulare una osservazione si apre la bocca per dire la prima cosa che passa per la mente difficilmente si approfondirà la questione, che infatti troppe volte resta avvolta nella nebbia. Ecco perché, prima di dire la propria, sarebbe meglio ascoltare, leggere, informarsi, riflettere, per poi — solo poi — esprimere il proprio parere.

E veniamo pure al punto. Cosa accade quando le idee vengono messe da parte per non intralciare e rallentare un attivismo che, per essere onnipresente, necessita di una tacita rapidità di esecuzione e non di una discussa perdita di tempo? Cosa accade quando approfondire diventa sinonimo di scavare la fossa, quando qualsivoglia differenziazione finisce per far rima solo con discriminazione? Che la critica e il dibattito diventano loschi e sospetti, così come loschi e sospetti devono essere per forza i loro sostenitori. Di conseguenza, ineccepibili e cristallini si presentano proprio coloro che non hanno alcuna intenzione di partecipare a un dibattito. Notevole inversione di logica che porta a giustificare qualsiasi misura presa dai trasparenti (che non vogliono sentire alcuna discussione) contro gli ambigui (che si ostinano a mettere tutto in discussione).

Ma perché esiste questa ostilità verso ogni dibattito? Perché, vedete, ci sono coloro che non vogliono partecipare a un dibattito per palese mancanza di argomentazioni. Sanno che se mettessero a confronto le proprie idee con quelle altrui, rischierebbero di fare una magra figura. Meglio evitare. E poi ci sono coloro che invece non possono partecipare a un dibattito per palese mancanza di neuroni. Gli incontri fra questi due generi di figuri si concludono spesso con patti scellerati, veri e propri eccitatoi di rancore. Perché uno dei modi più sicuri per evitare un dibattito, per mettere a tacere una critica, è di sopprimere chi di quel dibattito e di quella critica è pubblico sostenitore. E qual è uno degli strumenti più efficaci con cui il rancore trova soddisfazione? Ormai l’avrete capito: è la calunnia.

Lasciamo pure perdere ogni considerazione sulla calunnia dal punto di vista dell’etica, la quale in questo mondo di gente iper-pr-pr-pratica è diventata una pura demenzialità. Rimaniamo pure sul terreno esclusivo della concretezza materiale. Orbene, è evidente che chi è in grado di usare l’arma della critica non ha praticamente bisogno di usare l’arnese della calunnia. Se vuole “attaccare” qualcuno (poiché ormai la critica viene opportunamente spiegata solo come un attacco personale), lo farà senza inventarsi nulla. Basta che esamini quanto pubblicamente detto e fatto da altri, mostrandone limiti e contraddizioni. Invece, chi non si sente in grado di argomentare si ritrova ad adoperare lo strumento dell’insinuazione maligna. Così, si cerca di debellare la critica pubblica, espressa a voce alta e messa nera su bianco, con la calunnia che resta dietro le quinte a sussurrare, a tramare, a produrre illazioni.

In questa enorme portineria in cui ci troviamo intrappolati — e in ciò il cosiddetto movimento rispecchia perfettamente il mondo esterno — è ormai usuale assistere al dilagare della calunnia. Dopo aver sottolineato per anni la perdita del linguaggio e l’erosione del significato, cos’altro c’era da aspettarsi? E poi, anche se fa male ammetterlo, siamo sinceri. Persino fra anarchici, non è forse sempre accaduto lo stesso? Se nel passato più recente un Alfredo Bonanno è stato accusato di essere al soldo dei servizi segreti, in un passato più lontano un Renato Souvarine è stato accusato di essere una spia austriaca. E a nulla è valsa, per l’uno come per l’altro (guarda caso entrambi direttori, a mezzo secolo di distanza, di una rivista intitolata Anarchismo che era espressione di un movimento autonomo e informale), una vita intera che provava l’esatto contrario. Quando una certa presenza infastidisce e fa ombra, tanto più se non si sa bene cosa rispondere alle sue parole, cosa resta da fare? Calunniamola, calunniamola, qualcosa resterà.

Tutto ciò per dire che non riusciamo nemmeno a stupirci più di tanto se qualche miserabile va dicendo in giro che «“quelli di Finimondo” sono dei servizi segreti», o sono «infami», o sono... sono... fate pure voi. Trattamento riservato per altro anche ad altri anarchici rei di non adattarsi alla miseria del tempo che fa. Ci stupiamo invece molto di più che simili bassezze trovino ospitalità nelle orecchie di molti, troppi compagni, senza suscitare la minima reazione. Anzi, trovandovi a volte una certa tolleranza, altre volte della compiacenza, o perfino una disponibilità a far da cassa di risonanza. Non ci soffermeremo sul metodo che si dovrebbe usare, sull’atteggiamento “giusto” da avere, in circostanze del genere. Non ci pare davvero il caso. Insistiamo a darlo per scontato fra anarchici, pur sbagliando clamorosamente, come dimostrato dai fatti.

Del resto, se fra la gente comune e reazionaria c’è chi passa con indifferenza accanto ad un cadavere o ad uno stupro, fra la gente comune e rivoluzionaria...


[8/11/13]