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Si fa un gran parlare, in questi ultimi tempi, di extracomunitari, di manifestazioni razziste per la loro espulsione, di ronde padane per il controllo del territorio e così via.
Vuole sapere che ne penso? Beh, io sono felice che siano arrivati tutti questi magrebini, albanesi, senegalesi e polacchi. Felicissimo. Perché adesso sono loro ad aver occupato l’ultimo gradino in fondo alla scala sociale, mentre noi emigrati meridionali siamo stati promossi al penultimo. È una vera pacchia! Ora sono i marocchini a vendere la droga, e non più i calabresi. Sono gli algerini a taccheggiare sugli autobus, invece dei pugliesi. E i mafiosi? Macché siciliani, ora sono tutti kosovari. E anche le puttane sui viali, mi creda, sono tutte albanesi e nigeriane, e non c’è più una napoletana manco a pagarla.
Ora sono loro a buttare le cartacce per terra, seguiti dagli sguardi di disprezzo di noi emigrati di lungo corso, che per queste cazzate siamo diventati più intolleranti dei padani. L’Italia unita l’avranno fatta pure i carbonari e i garibaldini, ma a unire davvero gli italiani del Nord e del Sud è stato, finalmente, solo il razzismo verso gli immigrati.
Perfino io, certe volte, guardo infastidito i giovani olivastri che ai semafori vogliono a tutti i costi lavarmi il parabrezza. Eppure, 25 anni fa, anche io giravo per Bologna con un secchio pieno d’acqua e un raschietto. Pulivo i vetri di alcuni negozi del centro.
Ma una cosa credo d’averla capita: ciò che scatena il razzismo è soprattutto la povertà. Una volta, un famosissimo pugile nero, intervistato da un giornalista che gli chiedeva come viveva lui il razzismo dei bianchi, rispose: «È vero, il razzismo è tremendo. Anch’io l’ho provato sulla mia pelle, tanto tempo fa, quando ero giovane, povero e negro».
Anche gli abitanti del mio palazzo, un tempo molto freddini, ora mi salutano più cordialmente, da quando è arrivata una famiglia di filippini che sputa sulle scale e frigge pesci in continuazione, impestando l’aria comune. Adesso i nemici sono loro. Che bellezza! Ma non potevano venire prima?


[2003]