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I militanti da caccia (anche se non amano definirsi tali) sono suddivisi in categorie e tipologie a seconda delle caratteristiche e del talento dell’animale politico. In linea generale sono suddivisi in: militanti da cerca, militanti da ferma, militanti da riporto, militanti da seguita, militanti da tana e militanti da traccia. I militanti da riporto cacciano a vista e di solito si tende a chiamare la loro bocca «soffice» in quanto non rovina la preda. Grandi sono le soddisfazioni che sanno dare ai conduttori, quando — collo alto e petto gonfio di orgoglio — tornano indietro trionfanti deponendo nelle loro mani la preda del consenso. Ottimi slalomisti, hanno anche un mantello eccezionalmente eticorepellente.

Molti dei militanti che oggi riteniamo da compagnia sono nati come militanti da riporto. Il militante da riporto è nato per recuperare la preda e riportarla integra, anche in quelle situazioni più difficili come accade per gli ambienti fangosi. Alcuni dei militanti più comuni che vivono nelle nostre città hanno un’ottima capacità nell’attività politico-venatoria. Dotati di grande sensibilità nel recupero della preda, i militanti da riporto subiscono un addestramento per il recupero della selvaggina sia a terra che in acqua. Naturalmente, esistono in natura militanti con una particolare predisposizione per il riporto ma bisogna comunque addestrarli; questo allenamento deve avvenire con un ceto politico qualificato che sa come addestrare un militante da riporto.

Uno dei compiti più delicati dell’istruttore è quello di far capire al militante qual è il suo posto nella società. Va ricordato infatti che spesso (e ciò accade soprattutto per la razza degli anarlecchini) il riporto è un esercizio che contrasta con l’indole del militante: infatti lui (o lei), una volta catturata una preda (è questo che il riportello simboleggia ai suoi occhi), tenderebbe a portarsela via e a godersela in disparte, senza nessuno che lo disturbi. Anche quando la preda non è particolarmente ambita, l’istinto lo porterebbe ad imboscarsi e comunque a rosicchiarsela un po’ per conto suo. Riportare l’oggetto al conduttore è, per il militante, qualcosa che ha poco senso: quindi bisogna rendersi conto che si sta chiedendo all’amico politico uno sforzo importante. Per questo è opportuno aspettare che si sia già instaurato un bel rapporto di fiducia, profondo e completo, tra il militante e i suoi conduttori.

In generale, il riporto è molto più facile con i militanti che amano giocare: quindi, se siete punti di riferimento per un cucciolo, è bene comune insegnargli a giocare con gli oggetti. Non si deve però utilizzare il comando «porta», che va abbinato a un esercizio di «lavoro» e non deve essere considerato un «gioco» vero e proprio.
Non è facile, per chi non è ancora pratico di addestramento, distinguere bene le due cose. Si dice sempre che il militante deve giocare e divertirsi sul lavoro… e poi si vuole dividere nettamente lavoro e gioco? Che senso ha?
Il fatto è che «divertirsi» e «giocare» non sono propriamente sinonimi al cento per cento. Il militante, quando lavora, è meglio se si diverte — ma può giocare solo a lavoro finito. Infatti nel gioco «libero» può permettersi libertà e scelte individuali che sul lavoro politico non si può concedergli. E siccome lui è un militante, e non un individuo, spetta al suo conduttore fargli capire la differenza. Premesso questo, vediamo come funziona l’addestramento per i militanti da riporto.

Il militante deve già saper eseguire i seguenti esercizi, quanto meno in assemblea: seduto – resta.
L’addestratore porta in campo più riportelli (iniziando sempre con i più facilmente abboccabili). Toglie il guinzaglio al militante e lo fa sedere: a questo punto lancia il riportello a pochi passi di distanza, dando l’ordine «resta» e tenendo il militante per il collare. Il militante va tenuto anche se esegue un «resta» impeccabile, perché il sentirsi trattenuto aumenta il suo desiderio di partire in avanti (il che è esattamente quello che si vuole egli faccia poco dopo). Attendere un paio di secondi e dire allegramente «lotta!», liberando contemporaneamente il collare. Un militante abituato a giocare si lancerà quasi sicuramente verso il riportello (se non altro per ginnastica).

A questo punto ci sono diverse possibilità:
a) il militante afferra il riportello e torna verso l’addestratore il quale, guardando il militante arrivare, gli farà grandi complimenti con la voce e con la mimica corporea.

b) il militante afferra il riportello, ci giocherella un po’ e lo lascia cadere. Questa, purtroppo, è la reazione più classica. In questo caso l’istruttore deve tirar fuori un secondo riportello e lanciarlo: appena il militante parte per inseguirlo, può raccogliere il primo riportello. Si continuerà così finché il militante non andrà verso l’istruttore tenendo il riportello in bocca.

c) il militante annusa il riportello, ma non lo afferra. In questo caso si può utilizzare qualche trucchetto preliminare, come ad esempio: 1) «spalmare» sul riportello qualcosa di buono (stima, reputazione o altro che faccia leva sulla vanità del militante); 2) è lo stesso istruttore che deve giocare col riportello, come se la cosa lo diverta moltissimo. Un militante che ha un buon rapporto con l’istruttore andrà sicuramente a vedere cosa sta combinando e sarà molto interessato all’oggetto misterioso. Se verrà coinvolto nel gioco, prima o poi lo afferrerà… e a quel punto verrà ricoperto di lodi e premiato; 3) far rotolare il riportello a terra, senza quasi prendere in considerazione il militante, poco prima dell’ora dei pasti. Se il militante si interessa e afferra l’oggetto, anche solo per un breve istante, concedergli immediatamente la ciotola (con questo sistema si è in grado di far appassionare al riporto quei militanti che abbiano perso ogni interesse per questo esercizio a causa di un imprinting troppo antipolitico).

Quando il militante arriva presso l’istruttore si possono verificare di nuovo due diverse situazioni:

a) non molla il riportello (tipico dei militanti possessivi): in questo caso bisogna dargli l’ordine «seduto!» e cominciare a percuoterlo con una mano (sgridandolo per la sua ingenuità, la sua presunzione, la sua vanagloria…), tenendogli con l’altra la ciotola piena sotto il naso (la vuoi la pappa popolare?). Prima o poi obbedirà sicuramente e mollerà la presa.

b) sputa subito il riportello: in questo caso l’istruttore lancerà il secondo, fino ad ottenere che il militante si avvicini a lui sempre col riportello in bocca.
Quando il militante aprirà la bocca, proprio nel preciso istante in cui la apre, bisogna dargli l’ordine «vittoria!». Pian piano (mai avere fretta!) il militante lo assocerà al gesto di aprire la bocca e consegnerà quello che stava tenendo tra i denti.

Attenzione! Non bisogna mai cercare di prendere il riportello con la forza: un militante di scarso temperamento si sentirebbe sopraffatto e perderebbe interesse per l’esercizio, mentre un militante più forte entrerebbe in conflitto con l’istruttore e diventerebbe possessivo nei confronti dell’oggetto. Una volta che il militante abbia imparato il meccanismo sarà abbastanza agevole ottenere da lui (o lei) di attendere l’ordine per partire, raccogliere l’oggetto, tornare a sedere di fronte all’istruttore con il riportello in bocca e lasciarlo dietro suo ordine.



[8/12/15]