Pensieri pericolosi

Mai avrei creduto di poter odiare lo straniero. Non solo di odiarlo, ma addirittura di pensare che avrebbe fatto meglio a restarsene nel posto da cui era venuto.

A volte può capitare. Non me lo sarei mai aspettato, eppure è successo. Potrà suscitare meraviglia, sgomento, disgusto… Di certo sarà anche facile appiglio per una violenta critica nei miei confronti, da parte di chi è sempre in guardia, l’orecchio teso a captare qualunque errore o passo non politicamente corretto o dalla giusta impostazione militante.

Sembra già di sentirle, queste voci; sembra già di vederli i miei critici, additarmi, colpevole di essermi macchiato della stessa colpa che rimprovero agli altri. Di più. Di essere passato sopra i miei principi di libertà, facendo discorsi degni del peggior reazionario e avendo pensieri impostati al più becero luogo comune, come il più classico dei piccolo borghesi.

Eppure non posso negare a me stesso: quel pensiero c’è stato. Ed anch’io mi sono sorpreso, pensando al fatto che, fino a quel momento, avevo sempre lottato proprio perché ciò non avvenisse.

Probabilmente c’è da vergognarsi, è vero; ma nasconderlo – a se stessi e agli altri – non solo non sarebbe giusto, ma non aiuterebbe neanche a capire i motivi profondi di questo odio verso lo straniero.

Eppure è così.

Quella sera, mentre affiggevo manifestini per le strade di Lecce, ed una signora di mezza età con uno spiccato accento inglese ha detto: «è vietato quello che state facendo, e non va bene per noi turisti», ebbene non ho potuto fare a meno di odiarla e pensare: «Ma non potevi restare nel luogo da cui sei venuta?».

Come se già non bastassero i tanti zelanti cittadini del luogo a svolgere il ruolo di guardiani del decoro e di solerti cani da riporto del potere…



[marzo 2011]