Perché è così difficile?
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Rompere il legame con l’abusatore
Alcuni sopravviventi sono stupefatti e frastornati in prima persona per i sentimenti confusi e ambivalenti che provano per chi ha usato loro violenza. Perché questo accade? Perché una donna abusata dal padre lascia che sia lui ad accompagnarla all’altare il giorno del matrimonio? Perché una donna maltrattata dal marito continua a vivere sotto lo stesso tetto? Perché un operaio sfruttato continua a recarsi sul posto di lavoro, mantenendo così il suo padrone? Perché un cittadino abusato e tradito regolarmente da qualsiasi partito si presenta alle urne il giorno delle elezioni? Ecco alcune delle ragioni che vengono solitamente date.
Sé danneggiato
Si è visto che tutte le persone che hanno subìto un abuso sviluppano un’immagine profonda di sé come cattive, sbagliate, diverse, peggiori. Si convincono di aver causato in qualche modo l’abuso così da preservare l’immagine di chi è importante per loro e, nel caso dello Stato e dell’imprenditore, ancor più, trattandosi di ciò da cui devono dipendere per cura, protezione, pagnotta.
Colpa
Nel caso, ad esempio, che l’abusante sia un politico o un industriale, il cittadino si sente in dovere di ubbidire, perché così gli è stato insegnato, e si sente in colpa perché disobbedendo non è un bravo cittadino; gli abusanti potrebbero essere anche persone a tratti gentili e amorevoli verso le vittime. Il senso di colpevolezza resta fin quando non si comincia a comprendere che l’abuso non dipende mai dalla colpa del cittadino-operaio. In questo processo di chiarificazione la responsabilità viene rivolta più saggiamente verso gli abusanti, anche se molti sopravviventi sanno che questo è più facile a dirsi che a farsi.
Paura/Preoccupazione per gli altri membri della famiglia
Alcuni sopravviventi vengono minacciati con le conseguenze che rendere pubblico l’abuso potrebbe avere sulla quiete sociale. La società sarebbe rovinata, l’abusante passerebbe dei grossi guai. Alcuni sopravviventi mantengono legami con gli abusanti per paura di far del male agli altri membri della società che soffrirebbero se lo venissero a sapere.
Ambivalenza
I sopravviventi raramente provano sentimenti inequivoci nei confronti dei loro abusanti, soprattutto se si tratta di persone che conoscono bene. Provano una combinazione tra confusione ed emozioni diverse quali amore, affetto, angoscia, ansia, paura, disprezzo, rabbia, fedeltà. Spesso gli abusanti appaiono «buoni» e le vittime si chiedono se non siano per caso loro stessi a reagire in maniera eccessiva all’abuso. Quando gli abusanti poi non trattano bene i cittadini-operai, per questi il momento dell’abuso potrebbe coincidere con l’unico sostentamento emotivo che il sopravvivente riceve. Una persona assetata di acqua la beve anche da un pozzo avvelenato se c’è solo quella. Un operaio disoccupato va a lavorare anche all’Ilva se c’è solo quel salario disponibile. Spesso gli abusati, non sapendo convivere con questa ambivalenza, arrivano a credere e a dire che l’abuso non c’è stato, non è Stato.
Dipendenza fisica/economica
Le istituzioni isolano deliberatamente i loro cittadini-operai da altri mezzi di sostentamento, oppure offrono loro aiuto sottendendo implicitamente che la vittima deve mantenere un rispettoso silenzio sull’abuso e concordare che gli abusanti costituiscono una classe meravigliosa. Gli abusanti possono continuare a tenere con sé i loro cittadini-operai, fino alla morte, grazie alla dipendenza finanziaria e alla minaccia di licenziamento.
Conformarsi al silenzio da parte della vittima e di chi la circonda
Il cittadino-operaio non riesce a dare un senso a ciò che gli succede. Il disorientamento, e talvolta la soddisfazione provata, lo lascia sospeso tra fedeltà, ansia, paura e protezione, portandolo ad affidarsi alla forza del silenzio. Così facendo, spesso e implicitamente si rinforza la ripetizione dell’abuso politico-economico che, in questo modo, si cronicizza ed intrappola sempre più la vittima e il suo carnefice all’interno di un meccanismo simile a un circolo vizioso. La violenza subita è quasi sempre accompagnata dall’implicito patto che ciò che è successo tra il cittadino-operaio e il dirigente resterà un segreto da non raccontare a nessuno, mai, e in alcun modo e occasione. È veramente terribile quando la vittima sa che altri membri della società sono a conoscenza dell’abuso ma continuano comunque a sostenere e proteggere l’abusante.
Vergogna
Molti sperimentano la terribile vergogna di dover rigettare l’amata immagine dello Stato giusto, dell’azienda equa, dell’abusante «buono» insomma, e l’atto di separazione da questi può essere vissuto come un’amputazione senza anestesia.
Religione
Nella maggior parte dei credo religiosi si promuove il perdono come un valore che riflette il concetto di grazia e di remissione del peccato al peccatore stesso, quando è pentito. In alcune comunità religiose però ancora oggi una visione distorta della religiosità può portare a considerare il perdono un «obbligo», quasi un atto dovuto per compiacere Dio. I sopravviventi sembrano quasi obbligati a «perdonare» l’abusante, ma ciò li fa sprofondare ancor più in una condizione di sofferenza, di dubbio, che li porta a continuare a subire ulteriori abusi, mentre la loro rabbia viene considerata un peccato o qualcosa da sopprimere.
Riconciliazione genuina
A volte l’abusante può esprimere una piena e onesta ammissione e scusarsi, cercando di alleviare il dolore che ha causato. Quando un sopravvivente in fase di protesta ritiene che questo atteggiamento sia genuino, può fare la scelta di riprendere i rapporti con l’abusante.
Dissociazione e negazione
L’abuso politico-economico è qualcosa di così terribile, e un tradimento così lancinante, che la vittima potrebbe far finta che non sia mai accaduto. La natura del trauma porta il sopravvivente in uno stato di confusione. Dissociandosi dai ricordi o dalle emozioni, un sopravvivente è in grado di andare avanti nella sua vita e preservare la relazione con gli altri.
Speranza di cambiamento
Una delle cose più difficili da accettare per molti sopravviventi è giungere alla conclusione che, a prescindere da quello che fanno, l’abusante non cambierà e non darà alla vittima il sostegno di cui ha bisogno sempre. Fino a quando c’è anche la più piccola probabilità che questo accada e che l’abusante possa cambiare, la vittima si aggrappa a questo lumicino di speranza.
Legame traumatico
Il legame traumatico si verifica nei bambini abusati, nelle donne picchiate, nei prigionieri di guerra, negli operai in fabbrica, nei cittadini nelle urne e in altre situazioni in cui le persone si trovano in uno stato di cattività. Se nella «sindrome di Stoccolma» gli ostaggi che non avevano precedenti legami significativi con i loro rapitori si sono legati in seguito al trauma con emozioni positive quali empatia, affetto, gratitudine, ecc., figuriamoci quanto può essere più facile per un cittadino-operaio venire legato dal e al potere! Un sopravvivente può portare con sé questo sentimento fino alla morte.
[14/11/19]