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Confesso che, occupandomi ultimamente di una mia piccola azienda agricola, rimasi molto sconcertato, o per dir meglio annoiato per l’insistenza con la quale (e ciò fin dai primi tempi, quando avevo intrapreso i lavori da soli due o tre mesi) mi si rivolgeva la domanda che è in principio di questo articolo.

E non soltanto le mie sorelle e i cugini e lo zie, ma i parenti lontani ed anche i semplici conoscenti, dopo aver udito poche parole sul mio nuovo commercio, mi opprimevano con questa domanda: quanto rende?

Ciò mi impressionava maggiormente, perché (per quanto sapessi questo punto molto importante) nella mia ingenuità mi ero Immaginato che vi potessero essere altre considerazioni di un valore perlomeno uguale. Ma presto mi avvidi del mio errore, poiché nessun mio amico benestante mi domandò se il lavoro che facevo era necessario od utile alla comunità, o se era favorevole ad una vita salubre per quelli che vi si dedicavano, o se era onesto, di tal specie che si potesse continuare senza colpa, od anche (eccettuati uno o due) se mi piaceva la nuova occupazione, ma sempre: Quanto rende?

E posso ben dire •«i miei amici benestanti», poiché devo fare osservare che i lavoratori mi domandavano invece generalmente: se il suolo era buono ed adatto per i miei progetti, se le messi erano buone e l’acqua abbondante ecc. I ricchi soltanto ponevano sempre la questione puramente commerciale, una questione professionale che mi sembrò classificasse loro e il loro modo di pensare.