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Questo è un pamphlet. Non è un libro, né un libretto, né un quaderno, né un quadernetto, è un pamphlet. Non pretende – lungi da ciò – di essere oggettivo, né di creare consenso. Le sue pretese sono molto più grandi, per cui non capiamo perché dovremmo fare i modesti quando possiamo aspirare a qualcosa di meglio. Che cos’è meglio? Non vogliamo avere limiti. Non sappiamo se ne abbiamo oppure no, ma non è questo il punto, perché noi non desideriamo avere limiti, vogliamo scatenarci. Ciò che ci importa siamo noi stessi. Ci preoccupiamo degli ostacoli e dei nemici nella misura in cui ci impediscono di fare quello che vogliamo o di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno. Se non ci infastidiscono, non esistono. E se danno fastidio, devono smettere di esistere. Abbiamo trascorso sufficiente tempo a meditare, a riflettere sul nemico, il Sistema, il Capitale, ecc.

Pensiamo che sia giunto infine il momento di dedicarci a noi stessi. Cosa ci piace? Cosa no? Cosa vogliamo? Cosa no? Quali sono i nostri veri desideri?

È verso ciò che andiamo. È il nostro obiettivo, e siamo pronti ad andare verso questa direzione, e dappertutto.

Ci sono le condizioni affinché ciò che esiste già in nuce veda la luce ed esista realmente.

Come dicevano certi studenti della preistoria del movimento studentesco negli anni 60, gli studenti sono una classe in sé. Non siamo salariati, sebbene la gran parte di noi sia destinata ad esserlo; non siamo nemmeno dirigenti, come pochi di noi sono destinati ad essere. Non siamo da nessuna parte, siamo ancora in transito, in costruzione. Non intendiamo dire d’essere al riparo dalla merda del Sistema, ma diciamo che siamo nelle condizioni materiali, concrete, per rivoltarci, per ribellarci contro tutto ciò che non ci piace e a favore di tutto ciò che ci piace.

Non possediamo niente, nulla ci appartiene. Non abbiamo né una casa, né l’automobile, né famiglia, né figli a carico, così non possono tormentarci argomentando che facciamo parte della classe privilegiata, perché non abbiamo nulla da conservare. Ci resta ancora tutto da avere.

Tutto è davanti a noi. È il primo punto di cui dobbiamo prendere coscienza; non abbiamo nulla da perdere. Se facciamo uno sciopero, non ci toglieranno il lavoro, e non smetteremo di percepire un salario, e non perderemo nemmeno quelle stupide «conquiste sociali» con cui sono riusciti ad ingannare i nostri genitori. Se facciamo sciopero, non solo non perderemo nulla, ma conquisteremo molte cose, ci riapproprieremo di un giorno di noia e ne faremo un giorno di vita reale, di vita intensa in cui faremo in ogni istante ciò che ci piace e non ciò che corrisponde al nostro ruolo di studenti. Approfittando del piacere dell’istante sovversivo.

Non canzonateci, la sola cosa che possiamo davvero perdere è la paura. Non tanto la paura di potenziali rappresaglie delle varie autorità – professori, genitori – né la paura di una punizione sociale per non aver agito secondo le aspettative legate al nostro ruolo. È la paura di noi stessi, la paura di non saper cosa fare quando nessuno ci comanda e ci detta il comportamento da tenere. La paura di non sapere fino a dove andare quando nessuno ci mostra la via, la paura di non sapere che fare ad ogni istante. La paura di vivere senza padroni. La paura dell’incertezza.

Vi confideremo un segreto: anche noi abbiamo paura! Inoltre pensiamo che gran parte della nostra forza si basi su questa paura. Non vogliamo mostrarlo, non vogliamo avere il percorso sgombro né una luce in fondo al tunnel verso cui dirigerci come sonnambuli. Vogliamo costruire la nostra vita giorno dopo giorno, e affrontare la paura di vivere senza padroni. Abbiamo paura, è vero, e l’incertezza ci rode, ma questa incertezza ci fa anche venire voglia e ci mette in ebollizione.

Non siete attratti dall’idea di sperimentare una vita nuova e di abbandonare questa esperienza mediocre? Allora sperimentate, fate ciò che volete, facciamo ciò che vogliamo, non sapremo cos’è finché non lo sperimentiamo, e anche così non potremo pretendere di saperlo, poiché in ogni momento scopriremo cose nuove. Non abbiamo bisogno d’altro. Vogliamo avanzare. Verso dove? Non lo sappiamo. Laggiù, per esempio, sappiamo comunque che non vogliamo essere qui. A parte questo non sappiamo altro, siamo stanchi, questo mondo ci annoia, non soddisfa i nostri bisogni e i nostri desideri, non ci piace e non ci diverte. Ma noi vogliamo di più, vogliamo una vita migliore.

Non ci ingannate più nemmeno riguardo il nostro avvenire. Non siamo il futuro e non abbiamo neanche un bell’avvenire davanti a noi. Non abbiamo voglia di accettare il futuro, avere un futuro è sottoscrivere una morte, scrivere il romanzo della tua vita ancor prima di viverla: fai solo ciò che è già stato scritto e non costruisci la tua vita giorno per giorno. Inoltre non accettiamo il futuro perché già non accettiamo il miserabile presente che c’è, e quindi non accettiamo nemmeno il futuro di merda che ci viene preparato. Questa vita è miserabile!

Malgrado tutto siamo consapevoli della nostra situazione nel mondo. Siamo consapevoli che siamo qui per essere futuri lavoratori, sappiamo di avere un ruolo da giocare in questo mondo, quello di studenti, quello di persone che imparano a inghiottire la merda, la merda della Realtà. Quello di persone che si applicano a imparare l’ideologia trasmessa dagli intellettuali del Sistema attraverso la cultura, di persone che imparano a ridurre il proprio corpo e la mente a spazi ed orari rigidi per arrivare nel mondo del lavoro con il corpo e la mente già ridotti. Siamo consapevoli di essere Studenti.

Ma siamo consapevoli di non volerlo più essere. Non vogliamo abituarci ad orari e spazi, non vogliamo inghiottire merda, non vogliamo imparare la loro ideologia, né alcuna ideologia. Basta intellettuali, basta cultura, basta arte. Vogliamo anche smetterla di essere studenti. Ma non vogliamo smettere di esserlo per divenatre lavoratori o quant’altro. Non vogliamo abbandonare un ruolo per abbracciarne un altro. Non vogliamo nessun ruolo, non vogliamo essere niente, vogliamo essere ciò che in ogni momento abbiamo voglia di essere. In ogni istante. Noi studenti dobbiamo iniziare a smettere di aggrapparci ad ideologie e pensieri creati, a cose già fatte alle quali ci attacchiamo a causa della paura di vivere senza padroni, di costruire ognuno la propria vita in ogni istante.

È il momento di buttarsi in acqua, di abbandonare tutte le credenze e le illusioni che ci garantiscono la sicurezza di vivere in questo mondo. La sicurezza in questa società non è più che una barriera che ci protegge da... da cosa? Vi siete chiesti da cosa ci protegge la Sicurezza che ci viene offerta? Di cosa dobbiamo avere paura? Le sicurezze ci proteggono da noi stessi, siamo noi che le barriere non lasciano uscire, e non gli altri che possono andare e venire. Non ci permettono di superare ciò che è permesso. È la nostra propria polizia che ci sorveglia durante i nostri arresti domiciliari.

Marcisci dentro, ti addormenti e ti annoi, con la garanzia che continuerai a vivere, ovvero che il tuo cuore continuerà a battere. E il resto? I sogni? I desideri? Le emozioni? La passione?

Tutto questo è là, dall’altro lato della barriera. Abbandonate la sicurezza, la sola cosa che fa è incatenare, e lanciatevi nell’esperienza palpitante di vivere senza norme, senza padroni, senza ruoli. Sperimentate.

Noi vogliamo vivere e sperimentare adesso, non a breve o a lungo termine.

L’idea di rivoliuzione come processo va bene, ma non possiamo più aspettare. Abbiamo bisogno di migliorare la nostra vita, vogliamo che abbia una forma più intensa, e perciò vogliamo creare dei momenti in cui possa sbocciare. Vogliamo insurrezioni, sollevamenti, rivolte, la tensione del conflitto aperto. Non ci basta avere semplicemente il sogno di una rivoluzione, preferiamo il sogno e l’utopia di un momento insurrezionale. Il sollevamento è una riappropriazione, una vera rottura con la monotonia della vita quotidiana, con le norme sociali, e con i ruoli che dobbiamo adottare in ogni istante della vita. Il momento del sollevamento rompe con gli orari. Il tempo cessa di essere una tirannia lineare per divenire un disordine di momenti vissuti intensamente. Sappiamo che una insurrezione non cambierà il mondo, ma crediamo che possa trasformare la nostra vita.

Perché si tratta di cambiare il mondo, ma anche di trasformare la vita. Non siamo interessati ad alcuna rivoluzione che non elevi la qualità della nostra vita. Non siamo interessati ad un mondo, per quanto libero e giusto sia, se la vita sarà altrettanto noiosa, monotona, razionale e mediocre di quella che viviamo ora. Siamo favorevoli a creare una rivoluzione che non trionferà mai. Non vogliamo trionfare. Non vogliamo perdere il sogno e l’utopia. Le cose che hanno una fine non ci interessano, né le cose il cui destino annunciato è di morire. Non vogliamo avere un futuro, costruiamo la nostra vita man mano. Non vogliamo definirci adesso, i nostri atti ci definiranno a tempo debito. Non vogliamo che tutto sia chiaro, ci spiegheremo strada facendo.

Le cose non sono chiare per noi. Ma attenzione, ciò non significa che permetteremo agli intellettuali di illuminarci e dirci chi siamo, cosa vogliamo e cosa non vogliamo. Non ammetteremo un’avanguardia rivoluzionaria che venga a cavalcare la nostra rivolta con la sua ideologia. E non faremo nemmeno spazio ai leader sindacali né ai sindacati stessi. Non vi lasceremo fare, vi avvertiamo, non permetteremo nessun tentativo di manipolazione, e non permetteremo che recuperiate le nostre lotte a favore del sistema, portandoci sulla via inoffensiva della democrazia. Abbasso la democrazia! Basta col dialogo! Bisogna mettersi alla prova. Vi avvisiamo, se tenterete di allungare le vostre grinfie su di noi, vi rovesceremo addosso tutta la nostra rabbia. Ancor meglio, ci scaglieremo contro di voi, anche se non cercherete di metterci le vostre sporche zampe, solo per ciò che siete e che fate, per la vostra funzione di pompieri dei fuochi della rivolta. Recuperatori di merda, siete nel nostro mirino.

Tutto è sotto il nostro mirino. Nulla in questo mondo merita d’essere salvato. Studenti, ce ne freghiamo di tutto. Abbiamo cominciato a riprenderci dall’ingenuità della vita moderna, non crediamo alla sicurezza del focolare pieno di sentimenti elettrodomestici, né alle macchine che danno una patetica felicità, come il sorriso dell’asino mentre muore.

Le automobili non sono che il modello dell’ideale borghese di felicità. Bruciamole, spacchiamo le vetrine dell’alienazione e della falsa vita.

Bruciare automobili, spaccare vetrine. Non è uno slogan che vi diamo.

Bruciare, rompere, sono i nostri sentimenti che vi lanciamo. Vi scagliamo la nostra rabbia, la nostra collera. I nostri desideri e i nostri sogni. È questo che pensiamo. Ecco cosa siamo.

Ci espandiamo nel nostro ambiente come la lava di un vulcano. Vogliamo fare irruzione, e non attendere lo sbocciare dei fiori. Vogliamo brillare due volte di più senza doverci rassegnare a non durare che la metà del tempo. Siamo utopisti, sognatori. Sognatori! Voi avete smesso di sognare! Siete diventati grandi, siete già adulti come quegli universitari pervasi dalla noia a poco più di vent’anni. Noialtri non abbiamo mai smesso di essere fanciulli. Siamo ancora selvaggi e resistiamo per non essere addomesticati.

Noi mordiamo.

Siamo utopisti e selvaggi.

Penserete che siamo pazzi, non è così?

Questo pamphlet è un virus. Si diffonde e si propaga nel mondo senza limiti, tessendo reti di desideri sovversivi. Puoi farne parte. E puoi anche personificarlo.

Diffondilo, fotocopialo, offrilo alle persone che ami. Crea sogno.



[Madrid, dicembre 1998]