E. F.
«Che cosa stai facendo di bello? Cinema?».
«No, sto scrivendo una commedia».
«Interessante. Ti dispiace accennarmene la trama, il problema, la tesi?».
«Volentieri. Si tratta in breve di questo». (Pausa). «Ecco... tutto fa credere che l'uomo, nel futuro, man mano che le popolazioni aumenteranno, sarà sempre più solo, specie nelle grandi città. Sempre più solo, sempre più frenato dalle inibizioni, dalle leggi, dal controllo reciproco, dalla tirannia delle macchine, dalla necessità del successo, dall'enigma del futuro, dal terrore di una guerra. E poi, un giorno, anche l'arte finirà, come finirà l'amore».
«Molto interessante».
«Ma in una provincia arretrata, in una specie di zona depressa, sono ancora vivi l'uno e l'altra, l'amore e l'arte. La gente se ne vergogna un po', specialmente dell'amore. È così provinciale! “Ma d'altronde” si giustificano “che cosa vuoi fare, qui, in questo paese di quattro gatti?”. Così coltivano l'arte e l'amore. Scrivono brutti libri, fanno quadri, e rincasando a notte alta fischiettano musica elettronica, superatissima, anzi dimenticata nel resto del mondo. E fanno, rassegnati e arretrati, l'amore».