Intempestivi

Vite rachitiche

 

«Nel regno della democrazia,
le lotte che si apersero tra capitale e lavoro
furono lotte rachitiche...»
 
A cosa servono le ali della libertà quando sono tarpate da una vita di abitudine all'obbedienza? A cosa serve un cielo infinito quando gli occhi sono sempre fissi a terra? Muscoli allenati a genuflettersi, corpi addestrati a scattare sull'attenti, pensieri educati a seguire pubbliche opinioni, voci istruite a ripetere in coro. Che senso ha urlare contro coloro che identifichiamo come i nemici, i responsabili della miseria che affligge le nostre esistenze, quando la riproduzione dell'esistente nasce soprattutto dentro di noi? È un dubbio che in questi ultimi giorni ci viene in mente, non solo per  la frenesia pre-elettorale, ma anche alla luce di alcuni recenti avvenimenti.
 
Notizia di oggi. Impiccato ad una trave del sottotetto. Così si è suicidato un ex sindacalista siciliano, da tre anni disoccupato. Era un uomo solo, non aveva una famiglia da mantenere e riceveva pure un sussidio con cui campare. Ma lui, a 61 anni, voleva un lavoro con tutto se stesso. In passato aveva scritto lettere al Presidente della Repubblica e alla segreteria della CGIL, invocando aiuto. Prima di morire, ha lasciato un bigliettino all'interno della Costituzione: «Se non lavoro non ho dignità. Adesso mi tolgo dallo stato di disoccupazione». I nazisti mandavano a morire le loro vittime dicendo che il lavoro rende liberi, ma lo facevano con la forza delle armi. I democratici no, non ne hanno bisogno. Sono riusciti a inculcare in (quasi) tutti la convinzione che il lavoro rende dignitosi. Dignità è sgobbare per arricchire qualcun altro in cambio di pochi spiccioli che permetteranno di tirare a campare. La servitù non è imposta, è volontaria. E chi non ne è alla bassezza, toglie il disturbo.
 
Notizia di ieri. Si sentono feriti nell'orgoglio di lavoratori. Non vogliono passare per i parassiti della società, con un'azienda che li paga per restare a casa. Lo trovano umiliante. Loro, i diciannove operai della Fiat di Pomigliano mal visti dalla direzione perché iscritti alla Fiom, vogliono lavorare. Sentono la mancanza della catena di montaggio, dei turni, della fatica e del sudore. Sono felici solo quando rientrano a casa la sera, stanchi ed esausti dopo una giornata passata in fabbrica, a trascorrere qualche ora davanti alla televisione in compagnia della famiglia prima del sonno ristoratore. Ah, quella sì che è vita!
Invece, adesso... li pagano per starsene a casa. Senza lavorare. Che situazione terribile. Possono dormire quanto vogliono, andare a zonzo, giocare con i figli, leggere libri, stare di più con le loro mogli o compagne. E percepire comunque un salario. Che tortura! No, tutto questo tempo libero concesso dai loro padroni non fa davvero per questi onesti operai così fieri delle loro catene. Essere sfruttati per loro non è umiliante, macché: è un vanto, un attestato di riconoscimento sociale, una identità, un segno di normalità. Questo loro viscerale servilismo ha commosso persino il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, la quale ha preso cautamente le loro difese: non è dignitoso essere pagati per starsene a casa. Dignitoso è essere costretti a lavorare in cambio di briciole di sopravvivenza. Appunto.
 
Notizia dell'altro ieri. I cantieri sono fermi e sono circa 300 i lavoratori a casa. Pare sia questa la preoccupazione che sta affliggendo istituzioni e sindacati fiorentini dopo il sequestro da parte della magistratura di Monna Lisa, la trivella assemblata per forare il capoluogo toscano e costruire la stazione dell'Alta Velocità. Sì, va bene, l'opera è un demenziale simbolo di questa società assetata solo di profitto e potere che sta annientando ogni forma di vita sulla terra; sì, lo sappiamo, in sé è anche inutile in quanto i treni ad Alta velocità già passano per Firenze; sì, è pressoché certo, gli scavi farebbero crollare centinaia di palazzi; sì, d'accordo, i fanghi nocivi inquinerebbero la falda acquifera; sì, lo abbiamo letto, la talpa è montata male ed usa additivi niente affatto innocui; sì, è ovvio, gli appalti fanno gola alle varie mafie in combutta con faccendieri e politici....... basta, inutile andare avanti. Il punto è un altro. Per le Ferrovie, si tratta di «individuare gli adempimenti necessari per una pronta ripresa dei lavori dell'opera che, com'è noto, è di rilevante interesse nazionale». Per il Presidente della Provincia, «deve essere chiaro che quest'opera resta di vitale importanza per tutto il sistema della mobilità». E per i sindacati, «la drammatica situazione in cui versa il settore delle costruzioni è sotto gli occhi di tutti... auspichiamo che in breve tempo sia fatta chiarezza, siano attribuite le eventuali responsabilità e questo permetta la rapida ripartenza dell'opera». Al lavoro, ordunque!
 
Sappiamo di essere poco popolari, ma persistiamo nel ritenere che non ci sia alcun lavoro da salvaguardare, alcun governo da cambiare, bensì ci sia una intera civiltà da spazzare via per sempre. Dalle strade e dai palazzi, sì, ma anche dalla mente e dal cuore.
 
[9/2/13]