Miraggi

L'amore, la poesia e lo Stato — dialogo

 

Aleksandr Blok
 
Il motivo fondamentale della poesia di Aleksandr Blok, considerato il poeta della rivoluzione russa, è l'amore: un amore ideale, mai pago e sempre inquieto e travagliato. La sua aspirazione al perfetto amore si trasforma in angoscia implacabile, in struggimento sottile del poeta preso dal gioco stesso della sua stessa fantasia.
In questo stato d'animo si trovava Blok nel 1907, quando pubblicò questo dialogo. Era recente un duplice tentativo rivoluzionario: da parte del proletariato per la prima volta organizzato nei soviet e da parte della borghesia liberale inquadrata negli zemstva, consigli provinciali delle città e delle campagne. Il tentativo del 1905 era fallito perché il governo, fingendo di accettare le proposte di riforme degli zemstva, era riuscito ad isolare il proletariato rivoluzionario delle città, illuso sull'appoggio della borghesia. Il dialogo di Blok — un amaro sorriso di squisita ironia, una confessione fatta con feroce obiettività — risente indirettamente di questa esperienza rivoluzionaria. I ribelli sono mendicanti, plebe ancora inorganica e appena capace di un istintivo spirito di rivolta, rapidamente deluso dall'alleanza del cortigiano e del buffone, dell'assolutismo paternalistico e del buon senso riformista e liberale. Mentre il poeta che vuol rompere l'incantesimo di una vana passione con l'impeto di un pratico operare, tende a vincolarsi al servizio dello Stato.
 
Personaggi
IL POETA, innamorato
IL BUFFONE, uomo di buon senso, di condizione indeterminata
IL CORTIGIANO
ALCUNI MENDICANTI
 
La scena rappresenta una pubblica piazza d'una città in riva al mare. Il buffone se ne sta, con una lenza in mano, sulla spiaggia. Il poeta gli si avvicina, assorto nei suoi sogni.
 
IL POETA – Molte volte ho notato che voi pescavate con la lenza in queste acque. Dal vostro aspetto bisogna supporre che siate un povero pescatore? 
IL BUFFONE – Alla vostra domanda amletica posso rispondere: sì, mio buon signore. La pesca è più che mai felice in giorni come questo: un mare agitato, turbini di polvere; la preda è accecata e si getta direttamente sull'esca che le offro.
IL POETA – Ebbene, è sempre fruttuosa la pesca.
IL BUFFONE – Secondo. Per esempio ho avuto adesso la fortuna di prendere un pesce enorme. Son sicuro che sarà contento di me.
IL POETA – Il pesce contento di voi?
IL BUFFONE – Non c'è proprio da meravigliarsi. Gli ho insegnato a lungo il buon senso e l'economia politica. Ma certe volte si direbbe che tutti i pesci diventino arrabbiati: sono presi da un tale accesso d'orgoglio che neppur uno s'avvicina al mio amo.
IL POETA – Non riesco a capire le vostre parole. Parlate dei pesci come se fossero uomini. 
IL BUFFONE – Oh sì, mio buon signore. L'amore dell'allegoria è proprio dei millantatori e dei bonaccioni del mio stampo: fedele ai precetti del Vangelo, io catturo gli uomini.
IL POETA – È davvero divertente conversare con voi. E che ne fate dei vostri pesci? 
IL BUFFONE – Li rimetto in libertà, dopo averli ammaestrati; non si annoiano mai più, non s'allarmano per inezie, l'attualità è loro sufficiente e son capaci di lavoro.
IL POETA – Le vostre parole respirano una calda convinzione. Oh, se poteste soltanto iniziarmi alla vostra arte! Ma ho paura che v'illudiate: il mare è vasto, e, per quanto si faccia, è impossibile rieducare tutti i pesci.
IL BUFFONE – Oh no, io ho piena fiducia in loro. La mia arte è un'arte contagiosa, un'arte gaia.
IL POETA (tra sé) – Toh! ha letto Nietzsche. 
IL BUFFONE – Un pesce darà il buon esempio all'altro. Ed io, in persona, arriverò sempre in tempo sulla mia barchetta leggera del buon senso.
IL POETA – La vostra gioia di vivere mi fa pensieroso... 
IL BUFFONE (con entusiasmo) – Oh sì, io sono un ottimista. Anzi, arditamente, con la mano sul cuore, posso dirvi di più: sono un idealista. Sono un patriota. Partecipo all'opera della civiltà. Tutti quelli che mi seguono godranno l'uguaglianza, gli agi e la buona salute, perché sulla mia bandiera sono stampate queste parole: il buon senso. Io e il progresso siamo una cosa sola.
IL POETA – Vorreste mettermi a parte della vostra esperienza?
IL BUFFONE – Con gioia, mio buon signore. Getto volentieri la mia lenza per venire a conversare con voi.
IL POETA – Ma chi siete dunque? Per affidarmi a voi, avrei dovuto conoscervi meglio.
IL BUFFONE – Omettendo per modestia che sono l'uomo più indispensabile di tutta quanta la città, posso presentarmi in modo allegorico: dei due personaggi del nostro dialogo, io sono il più ragionevole e perciò ho il senso di tutta la mia responsabilità verso il lettore. Se voi minacciate d'allungare il nostro colloquio con oziose meditazioni, lo sdegno del lettore ricadrà su di me: voi siete il primo amoroso che se la cava sempre a buon mercato, e io non sono altro che un semplice scroccone; voglio risparmiare il mio tempo e la mia schiena.
IL POETA (meditabondo) – Le parole di quest'uomo hanno un doppio senso. La sua saggezza che sembra così volgare è un balsamo per la mia anima in pena.
IL BUFFONE – Orsù, decidetevi un po' più presto, mio buon signore; non è allegro stare a leggere i vostri pensieri.
IL POETA – Amico, avete ragione. Le vostre parole respirano la buona salute. Ma perché avete menzionato il lettore?
IL BUFFONE – Io, mio buon signore, dico semplicemente che bisogna cessare le conversazioni inutili e tornare agli affari. Da certi segni mi pare che chi ha inventato il nostro colloquio sia anch'egli un grande arruffone. Non si potrà fare a meno di me, e il buon senso verrà sempre in soccorso all'immaginazione dell'autore.
IL POETA – Decisamente non capisco più nulla. Ma so che le radici della saggezza popolare sono nodose e s'inoltrano nelle tenebre. Voi fate nascere in me la fiducia. Siate il confidente della mia anima. Sapete chi sono?
IL BUFFONE – Lo so benissimo. Siete un poeta che s'annoia in un ambiente triviale. Effondete i vostri lamenti in versi belli, in verità, ma di significato oscuro, perché è probabile che il vostro spirito appartenga ad altre generazioni.
IL POETA – Vi giuro che è così!
IL BUFFONE – Per di più, siete un bel giovane appassionatamente invaghito d'una dama non meno bella.
IL POETA – Non una parola di più! Voi siete un mago a cui è aperto ogni cuore umano. Ditemi, anzitutto, come debba condurmi verso la bella dama.
IL BUFFONE – Vi consiglierei anzitutto di dedicarle una poesia, o, meglio ancora, un intero volume.
IL POETA – Oh, già da molto tempo è stato fatto!
IL BUFFONE – In questo caso dovreste trascorrer con lei ore intere in riva al mare, cercando di farle intendere che il vostro amore è altrettanto grande.
IL POETA (quasi inconsciamente):
«... Mai l'amore umano muore o si perde.
Io veggo l'avvenire: eccolo, arriva!
Il nostro amore, inondando le rive,
Si distende più immenso del mare» (*)
IL BUFFONE – Oppure, infine aprirle un cammino scompigliando la folla sulla pubblica piazza, anche a rischio d'essere accusato di non sapervi condurre per istrada.
IL POETA – Oh, mio caro, tutti questi mezzi sono stati già tentati.
IL BUFFONE – E, nonostante, la vostra dama resta inflessibile?
IL POETA – Ahimè, sì! Mi guarda, ma sembra che non mi noti. Il suo sguardo è sempre volto lontano.
IL BUFFONE – A giudicare da questa descrizione, la vostra dama è assai eccentrica, mio buon signore. Non soffrirebbe, per caso, d'una piccola inclinazione al liberalismo?
IL POETA – Son convinto ch'ella è al di sopra di ogni formula corrente. Ma la libertà le è cara, se di ciò volevate parlare.
IL BUFFONE – Scusate la maniera poco elegante in cui mi esprimo; quando si vuol servire il prossimo, si è obbligato ad esser rude nell'espressione, benché tenero nell'animo. Ecco dunque l'ultimo consiglio che posso darvi: fate dei versi a tendenza sociale.
IL POETA – Avete ragione! Voglio comporre un poema che bollerà le iniquità del secolo!
IL BUFFONE – Ma per una volta, mio buon signore, una sola volta! In generale non vi consiglio di gettarvi nella letteratura moralistica. Non è il vostro genere. Voi siete un puro artista. Le vostre immagini incerte troveranno sempre una decina d'amatori sensibili. È mai possibile che preferiate lusingare i bassi istinti della folla, invece di affascinare il gusto degli eletti?
IL POETA – Attingo un'idea profonda allo spirito della vostra saggezza: la letteratura deve essere sociale. Perché accusare la folla di non notare la poesia raffinata? La folla è sensibile a modo suo e conosce i suoi bisogni. La letteratura deve essere pane quotidiano.
IL BUFFONE – Ancora una volta interpretate falsamente le mie parole. Invano tentate di strapparvi dall'anima, con la malerba, verità profonde. Uno spirito eletto si distingue proprio per il disprezzo della folla. La folla non è sensibile a ciò che le riesce gradevole, ma ne è avida; perciò la letteratura sociale le è nociva. Direte che: «La letteratura sviluppa l'immaginazione?». L'immaginazione è la madre dell'abisso. I fannulloni e le teste sventate nuocciono alla prosperità del popolo, come hanno dimostrato a sufficienza gli eroi di Gorki. Sì, la letteratura è positivamente nociva. Ed io partecipo a tutta questa conversazione solo per farla cessare al più presto.
IL POETA – Che bell'ingegno! Ma voi siete un simbolista! Io che non sono un ammiratore di Gorki...
IL BUFFONE – Ecco qua dove si va a finire quando ci si invaghisce della pura forma! Siete talmente rapito dal mio discorso, che sembra abbiate completamente dimenticato la vostra dama, mentre il mio scopo principale è di farvi ottenere la sua mano non appena se ne presenti l'occasione.
IL POETA – Ma io non sollecito affatto la sua mano... Io l'amo d'un amore che non è di questo mondo...
IL BUFFONE – Oh, mio buon signore, quanto tempo abbiamo perduto invano! Perché io do consigli solo quando si tratta di affari che abbiano un reale interesse, questioni di matrimonio, di protezione, di contratto commerciale...
IL POETA – Scuso la vostra mancanza di tatto. È compensata dalla profondità e dalla saggezza delle vostre parole. Agite come vi pare, ma guaritemi dalla noia che mi consuma!
IL BUFFONE – Non dovete abbandonarvi alla malinconia. Cercate piuttosto qualche campo d'azione. E sopratutto non parlate così lentamente e con questa aria trasognata, ma tacete un poco per il momento. Noto dei mendicanti che si radunano intorno a noi. Suppongo che ben presto verranno dispersi. Ci diletteremo alla vista di un nobile spettacolo: il ristabilimento dell'ordine.
In questo momento, il cortigiano, che era uscito per fare quattro passi, entra in scena. È circondato da molti mendicanti. Perduta ogni speranza di sfuggire, rivolge loro un discorso.
IL CORTIGIANO – Signori, io sono pronto a fornirvi delle utili indicazioni. Salvaguardando gli interessi del paese, noi, cortigiani, prestiamo attento orecchio alla voce del popolo. Vi prego di esprimere i vostri pensieri nel modo più preciso e conciso.
UN MENDICANTE – Ho fame.
IL CORTIGIANO – Hum. È conciso, ma non è preciso.
IL BUFFONE – Mi sia lecito far notare a Vostra Altezza che quest'uomo è pochissimo sviluppato. Si esprimerà grossolanamente finché non l'illumini l'istruzione.
IL CORTIGIANO – Tutta l'attenzione del governo si concentra sull'istruzione. Ma non vi inquietate: coi tempi che corrono si è costretti a sentir cose ben altrimenti oltraggiose. Mi sia lecito conoscere a chi mi rivolgo.
IL BUFFONE – Presentemente sono servitore di Vostra Altezza e tribuno del popolo.
IL CORTIGIANO – Felicissimo. Ho sempre avuto fede nell'avvento di persone che dissiperanno i malintesi tra il popolo e il governo. A mio parere per ciò basta il buon senso.
IL BUFFONE – Per tutta la vita io servo il buon senso, e scongiuro ogni collisione che possa nuocere alla riconciliazione tanto degli individui che delle forze sociali.
IL CORTIGIANO – In questo caso, per mettervi alla prova, vi pregherò di trasmettere al popolo quanto detta lo stato attuale delle cose.
IL BUFFONE (rivolgendosi ai mendicanti) – Signori! Le vostre rivendicazioni sono, lo spero, legittime in ogni punto. In particolare, il desiderio di questo uomo sarà esaminato nel più prossimo avvenire. Siate certi che il governo è, non meno di voi, preoccupato di creare l'abbondanza nazionale. Ma voi stessi, interessati alla cosa, potete giudicare del tempo che ciò richiede. Attualmente il governo è occupato da affari di somma importanza.
I mendicanti non possono obiettare nulla. Il cortigiano stringe cordialmente la mano del buffone. Il poeta trae in disparte il buffone.
IL POETA – È possibile che il buon senso ordini d'agire così?
IL BUFFONE – Sì, abbiamo agito in piena armonia con i suoi suggerimenti.
IL POETA – È possibile che non si possano nutrire quei mendicanti?
IL BUFFONE – Voi ragionate stringato e ciò mi meraviglia. Non vedete che facciamo tutto quanto è in nostro potere?
IL POETA – Voi rimandate le cose alle calende greche.
IL BUFFONE – Perché vi ostinate a non comprendere la sostanza dell'affare? Sino a qual punto vi è estraneo l'attuale modo di vedere! Il buon senso è buono, quando è d'accordo con le esigenze dell'economia politica.
IL POETA – Nessuna scienza può obbligare gli uomini a patir la fame!
IL BUFFONE – Tranne la scienza più sottile. Mi permetto un rimprovero a vostro riguardo. Voi non afferrate il valore reale della situazione. Se nutrite un mendicante, ne arrivano altri dieci. Se accordate certe concessioni ad alcuni, mettete gli altri in una posizione delicata. Ciò è al di sopra delle aspirazioni individuali.
IL POETA – È infamia, e non buon senso!
IL BUFFONE – Anche una nobile indignazione può far la carriere di un uomo. Però, usatene con moderazione. Allora ognuno vedrà che voi sacrificate i vostri interessi personali sull'altare della società.
IL CORTIGIANO (circondato di mendicanti pronuncia un discorso) – Io garantisco, signori, che tutti, in un modo o nell'altro, sarete soddisfatti. Il motto del governo di un paese libero è: Libertà, Sicurtà, Moralità. E questi principi sono già di per sé fecondi. (La sua voce diventa vibrante di commozione) Come grani di frumento, essi danno una ricca messe. Gli Stati moderni non sono più basati sull'arbitrio di vili governanti, ma su di un lavoro creatore e su rapporti veramente umani tra i sudditi e il governo.
IL POETA (al buffone) – Ammiro la pazienza di questo bel parlatore.
IL BUFFONE – Vi giuro che, sicuramente, non c'è proprio da stupirsi. I dialoghi tra cortigiani e mendicanti sono già stati riprodotti centinaia di volte. L'autore del dialogo nel quale mi sono intrufolato seguirà, evidentemente, il sentiero battuto. Gli conviene rappresentare ogni cortigiano sotto un aspetto idiota.
IL POETA – Voi ricominciate ad esprimervi in modo figurato. Si può dimenticare che esistono ricchi e poveri?
IL BUFFONE – Permettetemi di farvi osservare che un poeta non ha il diritto di dire banalità e malignità puerili. Il buon senso vi avrebbe aiutato a liberarvi dei meschini interessi nei quali affondate sin sopra la testa. Dopo di che non c'è da meravigliarsi che non sappiate fuggire la vostra noia.
IL POETA – Comprendo. M'insegnate la saggezza popolare. Ma se non ho la forza di sopportare questa eterna tragedia? Che direste se mi spezzassi il cranio contro ciò che voi chiamate banalità e malignità puerile?
IL BUFFONE – Le vostre idee sono di primissima attualità. Il nostro secolo le ha ereditate dal XIX. Ma ricordate soltanto che Dostoevski, pur celebrando «gli umiliati e gli offesi», è sempre stato un ammiratore dell'autocrazia, e allora comprenderete.
IL POETA – E a qualunque costo voglio scrivere dei versi che bolleranno le iniquità del secolo...
IL BUFFONE – Ricominciamo? Mi spaventate! Non vi darò più buoni consigli... Avvicinate piuttosto il Signor Cortigiano e cercate di procurarvi una carriera conveniente.
Il poeta s'avanza, fiero ma docile, verso il cortigiano che lo considera con benevolenza.
IL CORTIGIANO – Mi sembra che vogliate parlarmi, giovanotto! A giudicare dal vostro vestire e dalle vostre maniere, voi appartenete alla buona società. Dovete possedere una educazione abbastanza raffinata per non opprimere gli uomini d'affari con domande indiscrete. Se non m'inganno, siete un poeta? 
IL POETA (un tantino lusingato) – Sì, finora ho composto versi, ma senza sperare che ottengano una grande notorietà. Sono quindi tanto più meravigliato che ne abbiate conoscenza.
IL CORTIGIANO – Oh, io conosco a fondo i versi che fate, giovanotto! Troverete in me un sincero ammiratore del lirismo personale. Se non m'inganno, rivaleggiando con Petrarca nelle vostre elevazioni mistiche, cercate di proclamare il culto intimo della donna e dell'amore femminile?
IL POETA – Non è completamente esatto... Sebbene, a dir il vero...
IL CORTIGIANO – Oh, scusatemi, se non vi ho interamente compreso. Vorrete pure concedermi che i continui affanni di Stato rendono l'uomo meno sensibile alla bellezza. Ma, invece, la coscienza d'aver santamente compiuto il proprio dovere serve di compenso a certi sacrifici della personalità. Un uomo occupato non ha l'agio di meditare troppo né di rimpianger troppo.
IL POETA – Le vostre ultime parole sono di una grande importanza per me. Per l'appunto mi ha condotto verso di voi il desiderio di sacrificare la mia immaginazione al bene pubblico.
IL CORTIGIANO – O gioventù, quanto mi sei cara! Tutta quanta ti riveli in questi estremi! Quando avevo la vostra età, ero una testa calda come voi, giovanotto. Francamente, vi dirò che anch'io ho fatto versi un tempo...
IL POETA – Oh, davvero?...
IL CORTIGIANO (interrompendolo severamente) – ... Ma mi è parso che l'immaginazione poetica fosse un ostacolo alla mia vocazione. E presentemente, dedito per sempre alla ricerca del bene altrui e dopo aver sacrificato la mia vita privata (vedete che non mi si lascia neppure fare la mia passeggiata in pace), mi pento talvolta d'aver cessato di far versi... Forse un poeta è morto in me... (Si soffia il naso). Quindi, citando la mia esperienza personale, mi affretto a prevenirvi che è un peccato seppellire l'ingegno che si possiede. 
IL POETA – Son d'accordo con voi. 
IL CORTIGIANO – Il lirismo soggettivo è una gran cosa, giovanotto. Dà agli eletti ore di riposo estetico e permette loro di dimenticare, almeno per qualche istante, la voce capricciosa della folla... Oh! vorrei che tutta la letteratura fosse simile ai versi che voi fate! Ecco un genere di poesia che non deprava i costumi. I non-iniziati non sono capaci che di corrotti desideri. Mangiare, avere un tetto sulla loro testa, ecco a che si limitano tutti i loro bisogni, come or ora avete potuto giudicare voi stesso. Invece gli eletti, asciugando il sudore della fronte, possono toccare con le labbra gli orli immacolati della coppa sacra. (Sembra estremamente soddisfatto del proprio discorso).
IL POETA – Il riguardo che avete per le Muse mi lusinga infinitamente. Le vostre parole mi hanno rianimato. Dal momento che ho trovato in voi un uomo dalle vedute così larghe, tanto più mi è utile seguire i vostri consigli. Mi vedo obbligato a rispondere alle vostre confidenze col contraccambio. Una lunga applicazione al servizio delle Muse fa nascer la noia. Abissi insondabili si aprono sotto i miei piedi. Mi perseguitano visioni ambigue. Aspiro a una volontà forte, a desideri assoluti, ma non sono fatto per la vita. La dolcezza e l'ipocrisia delle donne ora mi respinge e ora mi attrae. Cerco l'uomo che getterà fermenti di vita nella mia anima tormentata, avida di sementi.
IL CORTIGIANO – Le vostre confidenze mi vanno dritte al cuore. I vostri pensieri sulle donne si sono in special modo impressi nel mio spirito. È talmente spirituale e così profondo! Oh, come conosco questa sensazione! Amar l'una, ma non saperla preferire a un'altra... (Sorride a vecchi ricordi).
IL POETA – Non è precisamente quel ch'io ho detto, volevo parlare d'una e non di due...
IL CORTIGIANO – In questo caso è ancora più spirituale e più fine, giovanotto. La vostra eloquenza è una caratteristica molto rara tra gli uomini del nostro secolo.
IL POETA (si abbandona alla malinconia). 
IL CORTIGIANO – Ai tempi che corrono, si trovano così poche persone veramente utili o indispensabili che, senza pretese, ho delle mire su voi. Non avete da rivolgermi qualche speciale preghiera?
IL POETA – Mi sembra talvolta che se entrassi al servizio dello Stato, caccerei la mia noia...
IL CORTIGIANO – È proprio tutto ciò che volevo sentire da voi, giovanotto! Non ho nulla da ridire. Una perfetta solidarietà regna nei nostri gusti e nelle nostre simpatie. Spero che non respingerete le offerte che sto per farvi. La vostra frase sull'ambiguità delle cose umane ha fatto nascere nella mia mente un'idea felice. Vi prepareremo alla carriera diplomatica.
IL BUFFONE (si rallegra col poeta che è sempre assorto nella sua malinconia).
IL CORTIGIANO (al buffone) – M'avete reso un servizio inestimabile. Ho un impiego da proporre anche a voi. (Con aria misteriosa gli mostra i mendicanti che stazionano non lungi da lì).
IL BUFFONE (fa intendere d'aver compreso).
IL CORTIGIANO (rivolgendosi ai mendicanti) – Signori! Abbiamo esaminato le vostre rivendicazioni. Sono felice di potervi dichiarare che oggi il popolo non ha deluso le speranze del suo governo. Messomi in diretto contatto con voi, ho trovato due nuovi servitori per lo Stato. Ciò serve coma prova evidente che le forze del popolo non si esauriscono mai. Parimenti non si esaurirà mai la nostra sollecitudine verso voi. (S'allontana precipitosamente).
IL BUFFONE (al poeta) – Così, il mio intelligente intervento vi è servito a qualcosa. Viva la poesia e il servizio dello Stato! E sopratutto — viva il buon senso che li ha conciliati! — (Corre appresso al poeta che s'allontana. Un istante dopo si sente dietro la scena un baccano spaventoso. Il buffone riappare all'improvviso tutto sconvolto) — Ancora un temperamento poetico? Mi ha strappato una ciocca di capelli, gridando che non vuol farsi diplomatico! Ho avuto torto d'interessarmi alla sua sorte! Vedete come ho sofferto per la verità e ascoltate la mia nobile morale: nessuno ha mai in nessun luogo... (senza terminare la sua tirata, si getta alla ricerca del suo amo, poiché si avvicinano nuove vittime del buon senso).
 
 
(*) È l'ultima strofa d'una poesia di Alessio Tolstoi, molto nota in Russia.
 
 
[Vita, n. 2, aprile 1925]