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Nel luglio del 1913 si incontrarono in Finlandia tre esponenti dell’avanguardia russa: il poeta Aleksej Kručenych, il compositore Mihail Matjušin ed il pittore Kazimir Malevič. L’incontro venne seguito da un manifesto in cui si annunciava la creazione di un’opera-mistero intitolata Vittoria sul Sole. Un’opera teatrale, di cui Kručenych avrebbe scritto il testo, Matjušin composto la musica, e Malevič disegnato scenari e costumi. Un altro poeta, Velimir Chlébnikov, ne scrisse il prologo. L’opera andò in scena il 3 e il 5 dicembre 1913 a Pietroburgo, dividendo il pubblico fra spettatori entusiasti e quelli indignati. Il sipario non si sollevava, veniva squarciato su uno scenario in cui campeggiava per la prima volta il “quadrato nero” di Malevič che sarebbe poi diventato simbolo del Suprematismo. Qui entravano in scena i protagonisti di un’opera dai toni assurdi, drammatici e patetici assieme — perfetta espressione del linguaggio «transmentale» caro a Kručenych — in cui si annuncia l’annientamento dell’obsoleta logica terrena, simboleggiata dal Sole, e la realizzazione di un futuro che superava i limiti della comprensione umana. Vittoria sul Sole non ebbe repliche, né recensioni.



Opera in 2 agimenti e 6 quadri di Aleksej Kručenych

Musica di Mihail V. Matjušin

Scene e costumi di Kazimir S. Malevič


Prologo di Velimir Chlébnikov


NOVELLETTE NEGROPOIETICHE


Uomini! Voi che siete nati, ma non ancora morti. Sbrigatevi

ad andare al contempliere o contemplista


FUTURIANO

Il contemplista vi condurrà

Il contemplario è conducario,

Raduno di tenebrosi condottieri

Dai martirosi e tragicisti ai feliciani e ridosi e allegrologi ultraterreni sfileranno

dinanzi alle attente guardette e ai contemplieri e ai vedutori:

passarosi, frequenterosi, canterosi, esserosi, andieri, chiamanosi,

grandiosi, avversi ai destini e piccolini.

I chiamanosi vi chiameranno, con i dilànti semicelesti.

I passarosi vi racconteranno chi eravate un tempo

Esserosi, chi siete, frequenterosi, chi potevate essere.

I piccolini mattinori e mattinesi vi racconteranno chi sarete.

I giammaisti passeranno come un sogno lieve.

Eccoli imperatini imperiosi vi condurranno.

Qui vi saranno taloristi e gl’immaginisti.

E con loro sopore e calore.

Fischieri e cantieri asciugheranno una lacrima.


Un guerriero, un mercante e un aratore. A voi hanno pensato il fantasticoso

il canzonaio e l’insognatore.

Conversari e duettari canzonai vi sedurranno.

L’ercolario sostituirà il gracilario.

I primi contemplatri — allora il contemplista è trasfigurista.

Gli andatori minacciodicenti lestoprofetanti vi sconvolgeranno.

I voltaeffigi dell’attuario passeranno in pieno agghindario,

Diretti dal mago dirigibile dei giochi, in splendide agghinderie, mostrando il mattino,

la sera degli attuarii,

secondo l’idea del fantasticatore, di questo celeste abitatore di attuatori

e agente di attuità.


L’infantile del contempliere “Futurlaudia” ha un suo

suggeritorino.

Egli baderà che i parlantai e i canterosi vadano

In accordo, non vaghino sperduti ma, raggiunti i principarii

Sugli ascoltaldi, liberino la popolanza del contempliere

Dall’ira dei suzdaliani


Le vedutìe composte dal pintore creeranno la tra-

vestitura della natura.


Occupate prima che suoni il campanello i posti

sulle nuvole e sugli alberi e sulle secche della balena.


I suoni provenienti dalla trombaia voleranno fino a voi.


L’utilman vi verrà incontro.


II fischiosognante del cantartista colmerà il contemplario.


I suonatieri s’inchineranno al passatore-decisore.


I semi della “Futurlaudia” voleranno nella vita.


Il contemplario è una bocca!


Sii udito (orecchiuto) contempliere!


E guardatore.



Primo agimento


PRIMO QUADRO. Bianco e nero. Pareti bianche pavimento nero


(due erculei futuristi stracciano il sipario)

IL PRIMO: Tutto è bene quel che comincia bene!

IL SECONDO: E quel che finisce?

IL PRIMO: Non ci sarà fine!

Noi sconfiggiamo l’universo

Noi armiamo contro di noi il mondo

Organizziamo la strage degli spaventapasseri

Quanto sangue Quante sciabole

E corpi da cannone!

Ne carichiamo a mucchi!

(cantano)

Grasse bellezze

Tappammo in casa

Là diversi ubriaconi

Camminino pure, nudi,

Non abbiamo canti

Sospiri lodi

Che leniscano la muffa

Di putride naiadi!

(il primo maciste si allontana lentamente)


IL SECONDO MACISTE: Sole, tu generavi tormenti

E bruciavi col tuo raggio fiammante

Ti avvolgeremo in una coltre polverosa

Ti inchioderemo a un palazzo di cemento!

(compaiono Nerone e Caligola in un’unica persona che ha

solo il braccio sinistro sollevato e piegato ad angolo retto).


NERONE E CALIGOLA: (in tono minaccioso) Kjuln sur der

Viaggiavo leggero

Giovedì scorso

Arrostite strappate quel che non sfornai.

(si pietrifica in una nobile postura, poi canta; durante il canto entra il secondo maciste)

Io mangio il cane

E le zampette bianche

Polpetta fritta

Patate crepate

Il posto è angusto

Taccia il sigillo

ža ša če


(entra sul carrello di un aereo IL VIAGGIATORE per tutti i secoli; ha indosso fogli con le scritte età della pietra medioevo etc... Nerone allo spazio circostante)

NERONE E CALIGOLA: È inammissibile trattare così gli anziani...

se non si sopporta l’aviaterio...


IL VIAGGIATORE: Amico tutto è compiuto

Di colpo i cannoni

(canta)

Dorme l’acquo

Molta polvere

Diluvio... Guarda

Tutto si è fatto maschile

L’acquo è più duro del ferro

Non credere all’antica misura

(Nerone scruta attentamente con l’occhialino il ferro del carrello)


IL VIAGGIATORE: (canta) Infuriava il bufero

Rotola la velatura

Più veloce del buferometro

Non credere ai pesi di prima

Ti faranno sedere sui polpacci

Se non troverai talloni vuoti


NERONE E CALIGOLA: È inammissibile trattare così gli anziani! Loro amano i giovani

Delle zuppe di pesce ho cercato la schiumetta

Ho cercato una piccola scheggia di vetro — hanno divorato tutto, neanche una lisca hanno lasciato...

Mah, che fare, me ne andrò di traverso nel XVI secolo tra virgolette via da qui.

(si allontana mezzo rivolto agli spettatori)

Hanno imbrattato tutto, c’è pure vomito di lische

(si sfila gli stivali, se ne va)


IL VIAGGIATORE: Io viaggerò per tutti i secoli, sono stato nel 35° lì la forza non ha violenza e i rivoltosi combattono con il sole e sebbene non vi sia felicità tutti sembrano felici e immortali... Non a caso sto tutto impolverato e diagonale... Un regno spettrale... Io viaggerò per tutti i secoli sebbene abbia perduto due panieri finché non troverò il mio posto.

(un malintenzionato striscia furtivo e origlia)

L’afibia mi sta stretta l’ipogeo è buio... Lumi... Ma io ho vagato per ogni dove

(agli spettatori): Odora di frana piovosa.

Gli occhi dei lunatici sono rivestiti di tè e ammiccano ai grattacieli e sulle scale a

chiocciola si sono piazzate le mercantesse... I cammelli delle fabbriche già

minacciano con lardo fritto e io non ho percorso neanche un lato.

Qualcosa aspetta alla fermata.

(canta)

Più o meno

è come recidere le spaventare

Fermate fermate

Impallina pillola

Trottola

Io ardimentoso affumicherò la mia strada e non lascerò traccia...

La novità...


(IL TIPO MALINTENZIONATO): Ma insomma non volerai sul serio?


IL VIAGGIATORE: E allora? Forse le mie ruote non troveranno chiodi per sé?

(un tipo spara, IL VIAGGIATORE oscilla, grida)

Guarnigione! Afferra con il dormo i sonnici ... Z Z Z!

(allora IL MALINTENZIONATO si sdraia e si copre col fucile)

Benché non mi sia sparato — per timidezza —

Comunque mi sono eretto un monumento — mica scemo!

Monumento a me primo — perfetto!...

Un tiro a due nero punta dritto verso me.

(si affaccia una mitraglia futurista si arresta al palo del telegrafo)

Oh che dolore! Che significa l’aspetto che ha colto di sorpresa il mio nemico — ci ho pensato su...

o senza continuazione né imitazione

(entra un ATTACCABRIGHE, girovaga e canta)

Piroetta la cavalletta

La picca trinca

Trinca la picca

Non abbandonare le armi prima e dopo pranzo

Per nessuna polenta di grano saraceno al mondo

Non colpisci? Rincorreteli

(uno fa irruzione, spara in silenzio più volte col fucile)

All’attacco!

Ha-ha-ha! Avversari, siete stanchi o non mi riconoscete?

Nemici accostatevi dagli squarci delle sbarre sfidatemi a duello. Ho sfondato da solo la mia gola, mi trasformerò in polvere, in ovatta, in gancio e cappio... O forse pensate che il gancio sia più pericoloso dell’ovatta?

(corre via e torna dopo un minuto)

Cappellini di cavolo!..

E... dietro il tramezzo! Trascinalo, il morto col naso blu

(l’avversario si trascina da solo per i capelli, struscia sui ginocchi)

Vile, ti mostri per quel che sei e ti accompagni pure!


(l’attaccabrighe ride in disparte)

L’ATTACCABRIGHE: Miserabile va’ a scrollarti e a lavarti di tutta quanta la polvere e i trucioli di loculo, se non...

(l’avversario piange)


IL MALINTENZIONATO: Ah nuca di avversario! Tu mi credi una forchetta e deridi il mio pensiero ma me l’aspettavo e non ti ho assalito con la spada.

Sono la continuazione delle mie strade.

Aspettavo... Ho sepolto con cura la mia spada nella terra, ho preso una palla nuova e l’ho lanciata.

(mostra una mossa da calciatore)

Nel vostro gregge... Ora siete agitati... Oppressi, non riuscite a distinguere le vostre teste lisce e la palla vi siete perduti e rifugiati alla panchina mentre le spade terrorizzate s’infilano da sole in terra le spaventa la palla:

se sei infedele fuggi colpirai la testa del tuo padrone e lui la rincorrerà nella rivenderia di fiori...


SECONDO QUADRO. Pareti e pavimento verdi


(sfilano guerrieri nemici in costumi turchi — uno zoppo ogni cento — con i vessilli abbassati alcuni di loro sono molto grassi)

(un guerriero si fa avanti e dà al malintenzionato dei fiori — che li calpesta)

IL MALINTENZIONATO: Andarsi incontro con un cavallo pezzato l’arma sottobraccio... Ah!

È tanto che vi cerco infine eccoti fungo sudato

(ingaggia una rissa con se stesso. Entrano i cantanti vestiti da sportivi e i maciste. Uno SPORTIVO canta)

Non c’è più la luce dei fiori

Cieli copritevi di putridume

(Non sto parlando ai nemici

ma a voi amici)

Tutti i prodotti dei giorni d’autunno

E il frutto calloso dell’estate

Non voi il nuovissimo bardo

Sublimerà


IL PRIMO MACISTE: Andate milioni di strade —

O di tenebra si dirà in russo —

Stridore di pattini di carri

E — che dire? — Le teste strette

In modo inatteso anche a loro stesse

Hanno cominciato sonnolente a battersi

E hanno sollevato un tal polverone

Come se avessero espugnato Port Arthur


(IL CORO): Incede il carro della vittoria

Il tiro a due delle vittorie

Che gioia sotto le ruote

Sue cadere


IL PRIMO MACISTE: Suggellata con ceralacca

La vittoria è matura

Ora a noi non costa nulla

Il sole giace ai nostri piedi trafitto!

Attaccate briga con i mitra

Schiacciateli con l’unghia

Allora dirò: eccovi

Macisti grandiosi!


(IL CORO): Cavalli arroventati

Scalpitino pure

E i peli si arriccino

Nel puzzo della pelle!...


IL SECONDO MACISTE: Il sale striscia dal pastore

Il cavallo ha gettato un ponte nell’orecchio

Chi vi tiene di sentinella

Correte lungo le costole nere

Tra il vapore e il fumo

E i becchi dei rubinetti

L’umanità è insorta all’entrata

Agita verghe il mondo del tè


IL PRIMO MACISTE: Non oltrepassate la linea del fuoco

C’è un uccello di ferro che vola

Lo spirito silvano agita la barba

Interrata sotto lo zoccolo

Gemono le violette

Sotto il pesante tallone

E tacerà il bastone

Nella pozza tombale


I DUE MACISTI: (cantano) Il sole si è nascosto

La tenebra ci ha accerchiati

Afferriamo tutti i coltelli

Per aspettare sottochiave


(sipario)


TERZO QUADRO. Pareti e pavimento neri


(entrano I BECCHINI. La metà superiore è bianca e rossa quella inferiore è nera)

(cantano)

Sfondare una tartaruga

Cadere nella culla

Di una rapa sanguinaria

Salutate la gabbia.

Puzza di tomba la cimice grassa...

Nera zampetta...

Ondeggia la tomba pestata

Si arriccia la trina dei trucioli.


QUARTO QUADRO


(IL CONVERSATORE al telefono)

Cosa? Hanno imprigionato il Sole?!

Obbligato.

(entrano i portantini del Sole — sono così assiepati che il Sole non si vede)


UNO: Siamo giunti dalle decime terre

Terribili!...

Sappiate che la terra non gira.


MOLTI: Noi abbiamo estirpato il Sole con le radici vive

Grasse che puzzavano di aritmetica

Eccolo guardate


UNO: Bisogna istituire una festa: il Giorno della vittoria sul Sole


(IL CORO): Siamo liberi

Il Sole è sconfitto...

Viva la tenebra!

E i numi neri

Il loro favorito — è un porco!


UNO: II Sole del secolo di ferro è morto! I cannoni rotti sono caduti e i copertoni si distorcono come cera dinanzi agli sguardi!


IL CONVERSATORE: Cosa? Chi sperava nel fuoco del cannone oggi stesso sarà bollito con la polenta!

Ascoltate!


UNO: Su gradini più compatti

Forgiati non col fuoco

Né di ferro né di marmo

Né di lastre d’aria

Nel fumo asfissia

E nella polvere grassa

Si rinforzano i colpi

In salute come i porci

Siamo scuri in volto

La nostra luce è dentro

Ci scalda la mammella squarciata

Di un’alba scarlatta.


BRN BRN


(sipario)


DECIMO TERRO

Secondo agimento e QUINTO QUADRO

Immagini di pareti esterne di case con le finestre aperte stranamente verso l’interno come tubi perforati ci sono molte finestre disposte in file diseguali e sembra che si spostino in modo sospetto.


(compare L’OCCHIO VARIOPINTO)

il passato va via

veloce vapore

e mette il catenaccio

e il teschio attraverso la panchina è schizzato nella porta.

(fugge via come inseguendo il teschio)

(entrano da una parte i nuovi dall’altro i pavidi)


I NUOVI: noi abbiamo sparato al passato.


I PAVIDI: dite è rimasto qualcosa?

neanche una traccia

è profondo il vuoto?

cambia aria a tutta la città. Tutti hanno cominciato a respirare meglio e molti non sanno cosa farsene di questa straordinaria leggerezza. Alcuni hanno tentato di affogarsi, i deboli sono impazziti dicendo: certo che possiamo diventare temibili e terribili. La cosa li affliggeva.


I PAVIDI: non bisognava mostrare loro strade solcate, trattenete la folla.


I NUOVI: Uno ha portato il suo dolore, prendetelo, non mi serve più! Credeva pure di avere dentro più luce che una mammella.

Che giri.

(grida)


(IL DICITORE): come è insolita la vita senza passato

Con rischio ma senza pentimenti né ricordi...

Scordati gli errori e gli insuccessi fastidiosamente piagnucolanti nell’orecchio voi ora somigliate a uno specchio limpido o a un ricco bacino idrico dove in una grotta pulita scodinzolano pesciolini d’oro spensierati come turchi riconoscenti

(turbato — prima dormiva — entra un grassone)


IL GRASSONE: la testa faccia due passi indietro – ubbidisca!

resta sempre indietro!

Che vergogna!

dov’è il tramonto? filo via... fa giorno... a casa mia

si vede tutto... presto dobbiamo filarcela...

(solleva qualcosa): un pezzo di aereo o di un samovar

(prova a morderlo)

è idrogeno solforato!

di certo è un pezzo d’inferno me lo tengo di scorta... (lo nasconde)


(IL DICITORE frettolosamente): voglio dire ancora — ricordatevi del passato

pieno di dolori ed errori...

di ginocchia piegate e spezzate... ricordiamolo e confrontiamo

col presente... è così gioioso:

liberi dal peso della gravitazione universale noi capricciosamente disponiamo le nostre carabattole come se si trasferisse un ricco reame.


(IL GRASSONE canta): per il pudore spararsi

è difficile per strada

mitraura e forca

attanagliano il polpaccio...


(IL DICITORE interrompendo): oppure voi non sentite come vivono i due palloni: uno tappato acidotto e tiepidino e l’altro che erompe da sottoterra

come un vulcano che erutta...

(musica)

sono incompatibili... (musica di forza)

solo teschi corrosi corrono sulle loro uniche quattro gambe — è probabile che siano teschi delle fondamenta... (esce)


SESTO QUADRO


IL GRASSONE: I decimi terri... le finestre danno tutte all’interno l’edificio è accerchiato, vivi qui come meglio puoi

Che razza di decimi terri! Mica sapevo che toccava stare reclusi

senza poter muovere la testa né il braccio si svitano o si spostano e poi appena l’ascia si muove la maledetta ha tosato tutti quanti noi andiamo rapati e non è afoso ma vaporoso questo clima turpe perfino cavoli e cipolle non crescono e il mercato – dov’è? dicono sulle isole...


se invece salissimo per le scale nel cervello di questo palazzo per aprirvi la porta nr. 35 – questo sì che sarebbe un miracolo! sì, qui tutto non è tanto semplice seppure a vedersi sembri un comò – e basta! e invece cammini e cammini

(finge di salire in alto)

no non qui tutte le strade si sono imbrogliate e portano in alto verso la terra e non ci sono ingressi laterali... ehi chi è là dei nostri dacci una fune o spara la voce... pss! carabine di betulle, capirai!


UN VECCHIO ORIUNDO: prego accomodatevi l’ingresso è proprio indietro uscite... un altro non ce n’è no

oppure proprio in alto verso terra

— fa un po’ paura

— fate come volete


IL GRASSONE: se potessi caricare il mio orologio.

ehi tu stanga da che parte gira il tuo orologio? la lancetta?


L’OPERAIO PIÙ ATTENTO: all’indietro entrambe prima di pranzo ma ora c’è solo una torre,

delle ruote – vedi? (il vecchio oriundo esce)


IL GRASSONE: acc., ahi sto cadendo (guarda nella sezione dell’orologio: terra

cielo strade con la punta in basso – come in uno specchio)

dove depositare l’orologio?


L’OPERAIO: che vi credete questa è gente che non perdona! Che calcolate a fare — l’importante è fare alla svelta: se mettete su due molari un vagone di casse vecchie per ciascuno e ci spargete sopra sabbia gialla e poi mettete in moto tutto questo, arrivateci da soli be’ come minimo andranno a sbattere contro qualche bel tubo in poltrona, e se invece no? tanto tutta la gente là è salita chissà dove tanto in alto che non gliene importa un bel niente di come stanno le locomotive i loro zoccoli etc., ma certo!

la stufa insegue le trecce

come rintraccia un’antilope

ma il fatto è

che nessuno esporrà la fronte


comunque lascio tutto come prima (esce)


(IL GRASSONE dalla finestra): certo certo ecco fino a ieri qui c’era un palo

del telegrafo oggi una mensa e domani, magari, avremo mattoni.

qui da noi succede tutti i giorni che nessuno

sappia dov’è la fermata né dove pranzeranno

ehi tu afferrami per i piedi (esce dalla finestra verso l’alto)

(fracasso di elica dietro le quinte, accorre un giovane uomo:

canta spaventato una canzone borghese)

ju ju juk

ju ju juk

gr gr gr

pm

pm

dr dr rd rd

u u u

k n k n lk m

ba ba ba ba


la patria morirà

per le libellule

disegna gigli

la locomotiva

(si sente il fracasso dell’elica)

non m’impiglio nelle catene

nei calappi della bellezza

nelle goffe sete

nelle rudi astuzie

m’inoltro piano piano

nella buia strada

nel sentiero stretto

sottobraccio ad una vacca

nere vacche

segnale segreto

sotto la sella setosa

è nascosto un tesoro

Io di nascosto

lo guardo

furtivo un ago sottile

si annida nel collo


(arrivano GLI SPORTIVI al ritmo delle linee degli edifici)

per di qui... tutto fugge senza resistenza

qui si dirigono da ogni angolo di strada

locomotivano cento zoccoletti

sorpassano sorprendono gli inetti

schiacciano e basta

attenti ai fantasmi

dagli occhi variegati...

ci saranno terri futuristi

chi è disturbato da questi cavi di metallo volti pure le spalle

(cantano) dall’alto dei grattacieli

senza freno

fiottano equipaggi

neanche una raffica abbatte così


ovunque diacciano monopattini

tombano a morte bicchieri manifesti

I passi sono appesi

alle insegne

la gente corre

giù a paioli

(musica — rumore di macchine)

e tendine storte

rovesciano i vetri

gr žm

km

odgn sirg vrzl

gl...


(un fragore insolito — cade un aeroplano — sulla scena si vede un’ala spezzata)

(grida)

z... z... batte batte una donna è stata schiacciata un ponte ha abbattuto

(dopo la caduta una parte si lancia verso l’aeroplano e una parte fa da spettatore)


IL PRIMO: qualcosa di grande è visibile sul sedibile

il precipitatore si è pettinato


IL SECONDO: spren’kurezal stor dvan entel ti te


IL TERZO: amda kurlo tu ti si è aggrappato ha succhiato

(L’AVIATORE sghignazza dietro le quinte, compare continuando a sghignazzare)

Ha – ha – ha sono vivo

(anche tutti gli altri ridono)

sono vivo solo le ali si sono strapazzate ma la scarpa è qua!

(canta una canzone di guerra)

I I I

kr kr

tlp

tlmt

kr vd t r

kr vubr

du du

ra I

k b i

žr

vida

diba


(entrano I MACISTI)

tutto è bene quel che

comincia bene

e non ha fine

il mondo morirà e per noi una fine

non ci sarà!


(sipario)