Fuoriporta

Senza illusioni...

 

A Zurigo deve essere costruito un nuovo «Centro di polizia e di giustizia» (Polizei und Justizzentrum) al posto della vecchia stazione merci (inizio della demolizione nel 2013) che raggruppa in uno stesso edificio 30 commissariati già esistenti, diverse strutture repressive e 300 posti per prigionieri. Per giustificarlo, viene sbandierato il bisogno di maggiore sicurezza e si parla persino di «volontà popolare». Ma si tratta della volontà di chi, della sicurezza di chi? Insomma, chi ha interesse a rinchiudere persone che nuocciono al buon funzionamento di questa società? Di sicuro coloro che traggono profitto dall'economia, e non coloro la cui forza lavoro viene sfruttata. Di certo i ricchi ed i governanti, non i poveri e i governati! In fondo, qui si tratta della sicurezza dei nostri oppressori, che sono assolutamente in diritto di temere d'essere derubati da coloro che spingono nella povertà, di temere la collera di coloro che sfruttano e umiliano ogni giorno, di temere le rivolte di coloro a cui rubano la libertà e che sono incoraggiati dai sollevamenti in Grecia e nell'Africa del Nord. E di questa sicurezza, della sicurezza dei nostri oppressori, non ce ne frega nulla! Se aneliamo alla diffusione della solidarietà, dell'autonomia e della libertà invece della repressione, della costrizione e dell'autorità; se disprezziamo sia comandare che obbedire, sia rinchiudere altri individui che essere rinchiusi noi stessi, allora disturbiamo, blocchiamo, impediamo la costruzione di questo orribile complesso carcerario di vetro e freddo cemento! I responsabili della realizzazione di questo monumento alla sottomissione sono tutti coloro che hanno deciso di prendervi parte. Che siano i politici o gli architetti, le imprese di costruzione e di demolizione, gli amministratori, o semplicemente gli sbirri stessi. E questi responsabili hanno un volto, un nome e un indirizzo...
 
Siamo contro i processi che rendono questa città un luogo sempre più inabitabile. Contro l'occupazione poliziesca dei quartieri, l'ordine della sorveglianza e l'architettura carceraria. Contro i «progetti di rivalorizzazione» al servizio dell'economia e dei ricchi, che vengono imposti ricadendo sulle spalle dei poveri. Dalla Weststrasse all'Europaalee, passando per la costruzione del nuovo centro di polizia e di giustizia (PJZ). Però pensiamo che accontentarsi di dire «no» non porti a nulla senza un intervento attivo e diretto. Ma cosa intendiamo con ciò?
Non facciamoci illusioni. Le proteste che mirano a «manifestare un disaccordo» e ad «esercitare una pressione» non hanno mai prodotto cambiamenti reali. Ciò che si potrebbe ottenere è tuttalpiù qualche concessione da parte di coloro che giocano a gestire le nostre vite e il nostro ambiente, che hanno la condiscendenza di permetterci qualcosa al fine di calmarci di nuovo. Ma queste concessioni vengono fatte in quanto compatibili con i loro interessi, il che significa fondamentalmente non cambiare nulla. Altrimenti la loro risposta è la repressione pura e semplice.
Se vogliamo intervenire contro questi processi che ordinano sempre più questa città secondo le esigenze del capitale e dei suoi interessi (più lucrativa, senza scossoni, pulita, controllata, funzionale, morta...), se vogliamo davvero arrivare a qualcosa non dobbiamo delegare questo intervento a nessun politico. Dobbiamo prendere in mano questo intervento, esattamente nello stesso modo in cui vogliamo riprendere in mano la nostra vita ed il mondo che ci hanno strappato. E come impedire l'espulsione di tutta una strada, la demolizione delle nostre abitazione, la costruzione di nuovi complessi immobiliari come il PJZ o l'Europaalee che mirano ad introdurre un sempre maggior controllo o un ceto di popolazione più redditizio in questi quartieri? Come impedire tutto ciò volendo affidarci solo a noi stessi?
Attraverso il rifiuto, il sabotaggio e l'attacco diretto contro gli interessi dei responsabili! Facendo cadere il velo dell'irresponsabilità ed intervenendo contro coloro che realizzano questi progetti di espulsione, di sfruttamento e di reclusione e che ne traggono profitto. Dalle imprese di costruzione e di demolizione agli architetti, passando per i politici e gli amministratori. Sono loro a realizzare questi progetti ed è attraverso loro che posiamo sabotarli e bloccarli.
Anche qui non dobbiamo farci illusioni. Non sempre tali strumenti permettono di impedire efficacemente i progetti dei colossi del potere. Ma con questi mezzi avviene un autentico cambiamento, che non consiste nella realizzazione o nell'impedimento di un progetto, ma nei rapporti che sviluppiamo nella lotta. I rapporti fra di noi, attraverso l'auto-organizzazione, la solidarietà e la complicità. I rapporti con noi stessi, con la percezione della nostra forza in quanto individui. I rapporti con il mondo attraverso la non sottomissione e lo sconvolgimento dei ruoli passivi che ci sono imposti. Questo genere di rapporti si scontra col funzionamento di questo mondo, ed è solo attraverso essi che si sviluppa una forza che può finalmente riuscire a rovesciare profondamente il mondo esistente. Quello che cambia allora veramente quando prendiamo in mano l'intervento contro questi progetti di sviluppo urbano, come contro tutto ciò che devasta le nostre vite, passando all'attacco, è la sensazione di non vivere più come semplici pedine in un mondo imposto – e sperimentare la nostra libertà nella rivolta.
 
 
[Aufruhr, n. 5, marzo 2013]