Contropelo

La sommossa moderna e l'arcaismo di sinistra

 

Observatoire de téléologie
 
Sembra che le persone di sinistra in particolare facciano molta fatica a comprendere cosa dicono delle sommosse i teleologi. Poiché i sinistri ritengono di sapere chiaramente cosa sia una sommossa, tanto più che sono piuttosto favorevoli a questo genere di eventi non senza rimarcarne talora le debolezze. Ma per loro la sommossa è uno strumento fra gli altri nella bisaccia portaproiettili contro la società attuale. Quindi per loro non c'è ragione di parlare della sommossa più che dello sciopero, della manifestazione, dell'insubordinazione civile o di forme di gestione parallele, che eventualmente rivendicano. Credono innanzitutto che la sommossa, per i teleologi, costituisca una sorta di feticismo; poi che vi facciano «ricorso» fin troppo spesso; infine che esistono comunque sommosse assai differenti nel mondo, giacché quelle che sono tanto belle e grandi da lontano, laddove il controllo del nemico è talmente blando da consentirle, non sono paragonabili agli incendi di cassonetti ad opera di gruppetti di mascherati in qualche venerdì sera in periferia, in cui loro, i nostri sinistri, hanno difficilmente accesso.
La sommossa non è uno strumento. Noi non facciamo «ricorso» alla sommossa. La sommossa è un momento in cui i poveri si battono senza inquadramenti, e senza la mediazione dello Stato, della merce e dell'informazione dominante, anzi sovente contro questi. Le condizioni di lotta senza mediazione nemica sono estremamente rare nella nostra società, ed hanno la caratteristica di liberare il pensiero: quelli che sono là sono costretti a costruire da sé le proprie mediazioni. È in mancanza di volere, potere, osare farlo che la maggior parte delle sommosse sono sconfitte. Non si può invocare la sommossa, non perché sia proibito dalla legge, ma perché la sommossa è un incontro non preparato fra poveri che fuoriescono per l'appunto dalle organizzazioni e dagli inquadramenti esistenti. Non è la coscienza a guidare la sommossa, sono l'emozione, l'inconscio, l'occasione che nella sommossa guidano la coscienza. Per questo è una forma di lotta estremamente interessante: ha il potenziale di un inizio di libero dibattito. Se c'è un messaggio da comprendere in ciò che la teleologia moderna ha detto a proposito della sommossa è questo: essa è un inizio di dibattito. Cioè un inizio di dibattito possibile, ma di dibattito libero, sbarazzatosi delle abituali scorie che impediscono ai poveri di dibattere, di cui fanno parte pure le ideologie, soprattutto perché non è in questione solo l'ideologia di sinistra, ma anche quella teleologica. Questo momento di avvio del dibattito è eccezionale, perché le rivoluzioni, che sono i dibattiti dell'umanità su se stessa, i momenti in cui l'umanità si considera oggetto di discussione, i momenti in cui la totalità è l'oggetto della storia, sono sempre dei superamenti dell'insurrezione: e l'insurrezione è sempre un superamento della sommossa. O, detto in altro modo: nessuna rivoluzione conosciuta è avvenuta senza insurrezione; nessuna insurrezione conosciuta è avvenuta senza sommossa.
Ce ne vuole parecchio affinché tutte le sommosse producano effettivamente la possibilità di una rivoluzione. Ma questo momento del pensiero, possibile nella sommossa, è così importante da meritare d'essere analizzato. Ricordiamo che la sommossa moderna è il contrario della sommossa classica, blanquista, interamente manipolata, preorganizzata dall'esterno. 
La sommossa moderna è giustamente diventata una potenziale leva sociale così ricca in quanto non è manipolata e deve essa stessa inventare la propria organizzazione a partire dal suo svolgimento. Bisogna naturalmente smorzare le generalizzazioni ingenue che una simile presa di posizione potrebbe comportare. Innanzitutto, la sommossa è solo assai raramente la fonte del dibattito di cui parliamo, e i suoi dintorni sono sempre viziati, sono blanquizzati, ma per fortuna oggi in modo molto debole: quasi tutti i moderni rivoltosi sono ideologizzati, talvolta si palesano organizzazioni all'apice della battaglia, e l'avvio di critica che si manifesta raramente cerca il suo superamento. Del resto, quel momento di inizio del dibattito, che può trascinare l'umanità intera, esiste forse a partire da altri atti. Solo che noi non ne conosciamo. Semmai, pensiamo che con l'amore ci possa essere una prospettiva analoga, ma ciò resta da provare, e la leva dell'amore sembrerebbe molto più lunga da azionare per arrivare a questo risultato rispetto a quello della sommossa. Ma se esistono altri momenti che permettono di intravedere una prospettiva che conduca al dibattito di cui l'umanità ha tanto bisogno su di sé, saremmo assai felici di esplorarli. Perché il guaio della sommossa e dell'amore, in tale prospettiva, è che non sappiamo scatenarli, e pensiamo persino che siano refrattari a farsi scatenare; per contro, la buona notizia per la sommossa è che, malgrado questa ignoranza su come scatenarla, ce ne siano parecchie nel mondo, cosa che del resto il nemico riesce ancora a dissimulare. Quanto all'amore, non ne sappiamo granché: non ci sono statistiche possibili.
D'altra parte, non si va in una sommossa. La sommossa, giustamente, comincia laddove è, oppure no. I militanti che arrivano la seconda sera sono già i recuperatori e i nemici del dibattito. Solo coloro che ci sono all'improvviso fanno la sommossa, e loro prima di tutto possono prolungarla in un superamento. Non abbiamo mai fatto «ricorso» alla sommossa, perché la natura stessa della sommossa proibisce di farvi ricorso. La nostra posizione sulla sommossa è che sia una forma di lotta molto particolare perché contiene, in teoria ma non tutte le volte, un momento fondatore del nostro scopo, e si è moltiplicata nel corso della seconda metà del XX secolo. Questa moltiplicazione è significativa, ed abbiamo tentato di spiegare questo significato in due maniere complementari: l'una è la sintesi di questo fenomeno disperso ma in aumento quantitativo e qualitativo da quindici anni, sintesi che che abbiamo chiamato rivoluzione iraniana; l'altra è l'analisi del fenomeno, per lo meno nei suoi segnali visibili, che abbiamo chiamato spirito, o alienazione.
Infine, il momento chiave della sommossa che contiene il suo superamento senza che la sua prospettiva sia perduta, ha luogo nelle sinistre periferie parigine come nelle belle pianure del Gange. Il controllo nemico non comprende questo momento, proprio come noi. Per questo la minaccia contro questo mondo è sempre così presente: essa dipende innanzitutto dalle condizioni da creare, e non dalle condizioni esistenti. È perché il momento della sommossa esprime un futuro, e i gestori e gli altri conservatori di sinistra cercano la loro razionalità nel passato, che la sommossa è tanto temuta. Forse alcuni suoi aspetti formali dipendono dal pretesto, dall'armamento e dalla propaganda, e questi aspetti formali possono anche limitare talvolta lo scopo dell'avvenimento che avrebbe potuto scatenare un inizio di dibattito: ma il contenuto autentico della sommossa è in quel momento che sfugge ai nostri fili concettuali e alle nostre decrescite di insoddisfazione. Per questo la Francia potrebbe valere il Gujarat, la Cabilia o Port-au-Prince, in materia.
Perché la sommossa è qualcosa di frustrante per chi vorrebbe servirsene, ovvero per tutti i blanquisti odierni. Non la si può scatenare, non la si può, in teoria, raggiungerla in corsa, quando è in lontananza, in qualche Stato le cui condizioni non sono ancora così serrate come da noi, è bella ma troppo lontana, e quando è da noi è piccola e brutta, e per di più questa sgraziata deflagrazione si rifiuta ai grandi cuori che vorrebbero partecipare a tutto ciò che si muove. I nostri sinistri, rivoluzionari da salotto, non possono quindi conoscere la sommossa. Per questo sono un po' innervositi nel sentirne parlare molto. Ecco perché non conoscono questo avvenimento – per loro è sempre la sommossa Blanqui – e non ascoltano ciò che è stato scoperto di recente del suo contenuto, perché, bisogna sottolinearlo, questo contenuto è recente. La parola sommossa del XIX secolo è molto più vicina alla sommossa romana che alla sommossa della seconda metà del XX secolo. Ciò che abbiamo tentato di rivelare della sommossa è ciò che sono incapaci di intendere. Ecco una forma di lotta sociale che è diventata una forma di espressione pubblica. La sommossa è cambiata fondamentalmente, anche se la parola è rimasta la stessa.
Infine, c'è da segnalare che siamo d'accordo con il primo ministro di allora, Villepin, quando diceva che il movimento del 2005 non è un movimento di sommosse. Durante il mese di novembre del 2005 non sono avvenuti tre avvenimenti che meritino d'essere definiti sommossa. C'è stata al contrario una forte volontà di spiegare la parola sommossa, di farne un «sentimento», una parola shock, e anche una parola vicina all'inglese «riot», che significa sì sommossa, ma in un senso molto più svalutato rispetto al francese. Per ragioni ideologiche si tende a chiamare sommossa uno scontro di strada. Che il linguaggio si sposti è abbastanza conforme al movimento dello spirito; ma che la nozione di sommossa si sposti verso una grande banalità è un movimento verso la perdita del momento che, nella sommossa, importa. Vero è che questa inflazione della parola aveva toccato ugualmente, qualche decennio fa, la parola amore, la cui spiritualità si è per questo fatto smarrita. E rivoluzione, diventata una specie di sinonimo di colpo di Stato, è un altro esempio di questo tentativo di aggirare la difficoltà di comprensione attraverso la volgarizzazione dell'uso.
 
[2008]