Brulotti

Brecce

Telecamere ovunque, controllo diffuso, mercificazione dei luoghi e delle persone, nocività a non finire, repressione, la stessa galera: sono alcune delle tematiche che vogliamo trattare con questi fogli appesi alle mura della città per esprimere ciò che pensiamo dopo esserci guardati attorno. Per agire dopo avere provato a riflettere. Mettere in discussione, scardinare, divellere, aprire brecce. Nelle nostre teste e nei nostri cuori prima di tutto e nel luogo che abitiamo in seconda battuta. Un progetto ambizioso, un mezzo molto semplice. E nell’usarli ci rivolgiamo a quanti possono comprendere la rabbia che ci portiamo dentro e il sogno costante nei nostri pensieri.

Evadere da un carcere non è cosa facile. Le mura che si hanno intorno sono alte e consolidate. Ma chiunque provi a riprendersi la libertà fa la cosa più ragionevole che si possa fare, che riesca o no nel suo intento. Allo stesso modo, quale altra scelta si pone in questa realtà sociale?

Un varco, una breccia che si apre in un muro al fine di farlo cadere è quanto di più urgente ci pare debba succedere. Le mura fisiche di un carcere in cui detenere e contenere coloro che sfuggono alla logica e alle regole di questa società sono l’emblema e la struttura portante di quello che vorremmo veder crollare.

Il punto di vista che vogliamo affrontare quindi, è quello che va oltre le convinzioni consolidate, le opinioni diffuse, le gabbie imposte, la pubblicità mediatica. Non siamo merce di scambio, in nessun caso, e da qui partiamo per ribadire ciò che ci preme in una città sempre più devota a diventare vetrina intoccabile, spazio chiuso e limitato per chi non rientra nella categoria del ricco turista.

Un foglio o un martello, strumenti validi entrambi, racchiusi in una metafora che possa renderli una cosa sola.

[Gennaio 2015]