Brulotti

Come un Desperado

 

Olav Dampierre
 
I
 
Il sentimento amoroso è una delicata idiozia. La sua dipendenza è tanto deliziosa quanto dolorosa, su immagine degli zuccherini per diabetici. I suoi effetti lasciano a desiderare. La concezione di un Buono a Nulla è una fatica iniziale. I suoi genitori hanno scelto per lui, accecati dall'egoismo del loro slancio vitale. Il Buono a Nulla non serba loro rancore. Così va il gioco della vita, portato dall'energia assurda che lo caratterizza.
Vedete, il mondo così com'è fa arrabbiare il Buono a Nulla. Sapersi proiettati in un tale caos non sempre è una buona notizia.
Comunque sia, il Buono a Nulla venne al mondo un giorno, per forza di cose. Subito convocato dagli obblighi della vita in società, il Buono a Nulla deve adesso fare finta. Come chiunque, mi direte. Ma in lui l'apprendimento della duplicità non va da sé, egli ha piena consapevolezza del gioco di ruolo della vita in società. A tale proposito, fa mostra di un vizio di forma. Prova delle difficoltà, la sua sensibilità è urtata, la sua natura lo trascina altrove. Le norme del conformismo sociale non ottengono la sua adesione. A scuola, al lavoro, nelle discussioni anodine e senza vivacità che costituiscono la quotidianità di chiunque, egli simula. Si tratta di un lungo e duro apprendimento: il suo intimo lo trascina sempre verso orizzonti apparentemente poco frequentabili. Altrettanti sogni senza fondamenta a proposito della borghesia delle anime, piccole o grandi. Allora egli opera, davanti al tetro flusso della vita quotidiana, una forma di sacrificio della propria espressione (da qui il singolare ricorso all'arte che diventa la sua autentica attività, il suo contrabbando personale). Entra così in un assiduo esercizio di composizione, necessario per figurare nell'esistenza ordinaria. Per restare fuori, deve fare finta di risiedere dentro. 
 
 
II
 
La scuola è il primo luogo che decora il Buono a Nulla coi suoi brutti voti e le sue orecchie d'asino. Ogni mancanza nel suo ruolo provoca una sanzione della cerchia. La prima è questa: gli viene assegnata, spesso molto presto, la sua deplorevole condizione di «buono a Nulla». Da quel momento approfitterà in fretta di una buona conoscenza del proprio status, contrariamente ai suoi accusatori che persistono con brio nella loro incoscienza.
Il Buono a Nulla è un individuo virtualmente pericoloso. Nessuno scopo dichiarato serio lo interessa. Si fa beffe dell'ordine sociale e quest'ultimo lo sa ricambiare. Le verità istituite gli sono indifferenti. In realtà, non minaccia nessuno, tranne in circostanze storiche particolari. Il corso della vita ordinaria non è affatto propizio alla rivelazione di un Buono a Nulla. Tuttavia, questa figura ospita eroi che talvolta emergono in occasione di avvenimenti eccezionali. Questi appartengono alla categoria degli irregolari.
Malgrado le sue espressioni fuori moda, la sua apparente pigrizia, il Buono a Nulla è un lottatore abituato a resistere. Vivere nel mondo così come gli è stato dato non ha nulla di ovvio. Deve averci a che fare, anche se a dire il vero non ha chiesto nulla.
Fondamentalmente, il Buono a Nulla non è d'accordo con niente. L'armonia lo rifugge. I suoi gesti stridono. Non riuscendo ad entrare minimamente in gioco, sprofonda in una follia che non è mai dolce.
Per lui sarebbe meglio provenire da un ambiente sufficientemente privilegiato da preservarlo per tutta la vita dalle difficoltà della vita materiale. Il Buono a Nulla merita di vivere come un aristocratico, o come un vagabondo. Il lavoro lo soffoca. Non di meno Il Buono a Nulla deve, nella maggior parte dei casi, lottare per la propria sussistenza. Il fardello della sua vita consiste in questo: nessun posto lo attende, egli non adotta naturalmente nessuna situazione.
 
 
III
 
Da adulto, l'economia pesa sul Buono a Nulla con tutta la sua forza oppressiva. Essa gli impone di avere una posizione per guadagnarsi da vivere. Come fare?
La domanda «quali sono i suoi progetti?» lo imbarazza. C'è qualcosa che non va in lui. Proiettarsi nel tempo gli è faticoso, ovvero impossibile. La parola «carriera» ha nella sua bocca il sapore di un campo di polvere. Il suo distacco agli occhi degli imbecilli passa per mancanza di ambizione. Non è un eventuale eccesso di pessimismo a proiettare degli ostacoli nella sua visione di futuro. No, la difficoltà viene da lontano. Il Buono a Nulla vive sull'orlo del vuoto. Sfiora precipizi. Il presente è il suo unico orizzonte. Non appena solleva gli occhi verso l'avvenire, la foschia prima freme poi si impone. Davanti a tante incertezze, egli intuisce la sua libertà laddove altri rabbrividiscono d'angoscia.
Il Buono a Nulla s'afferma come la figura attuale più riuscita e più definitiva di Desperado.
Lo spazio aperto e indeterminato accoglie a braccia aperte il Desperado, il cui talento principale è di aprire piste nel deserto. L'avvenire calcolato lo supera e lo soffoca. Il Desperado frequenta situazioni terminali. Gli scopi e i fini del mondo lo intrigano e lo calamitano.
 
 
IV
 
Il Desperado calpesta il pensiero positivo.
La vita è un destino, vale a dire una tragedia. Che la si vesta di un ideale falso o di ragioni utilitarie, questo corredo è solo un'etichetta per mentalità adulterate.
Diventare un qualcuno manipolato come un qualcosa, è l'ambizione di personalità alla moda.
L'inoperosità fa da via filosofica al Buono a Nulla. Essa gli rivela l'abisso dell'esistenza, la vanità di chi si aggrappa ad azioni mediocri. Apre gli occhi all'individuo obnubilato dall'iperattività tesa a colmare il vuoto con dei niente.
 
[2013]