Brulotti

L'ignoranza delle masse

Jean Grave
 
Sotto il pretesto di essere più pratici, molte persone si accaniscono a predicare certe riforme pur confessando che il loro effetto non può essere che momentaneo.
La maggior parte della folla è ignorante, essi dicono, chiusa alle idee astratte; essa vuol cose positive e immediate, curandosi ben poco di ciò che si realizzerà dopo di lei; se ci si vuole fare ascoltare, bisogna saperle parlare il suo linguaggio e sapersi mettere alla sua portata.
Certo la folla è ignorante; ma perché non sa che il male di cui soffre è la conseguenza di un'organizzazione sociale difettosa, da lei tollerata; perché non ha coscienza della propria forza e si lascia tosare invece da una minoranza di oziosi; perché la si è abituata a credere agli uomini provvidenziali, cosicché, senza essere stanca delle delusioni subite, essa continua sempre a farsi rimorchiare da tutti coloro che la abbagliano con belle promesse.
Le rivoluzioni passate sono abortite perché i lavoratori erano ignoranti, perché essi non vedevano che il presente e si lasciavano mistificare sull'avvenire, non avendo saputo prevederlo.
La rivoluzione sociale che si prepara deve avere un domani. Non bisogna che la vecchia società, la quale sarà stata scossa dalle sue basi, possa su nuove basi ricostituirsi. Accanto alla propaganda che dice agli individui di ribellarsi, occorre la propaganda ardente e continua che ne insegna loro il perché.
Una rivoluzione la quale non avesse altro obiettivo — e ciò accadrebbe se la propaganda si limitasse a semplici appelli alla rivolta — che di saccheggiare i prodotti accumulati, di godere di tutto ciò di cui si è stati per lungo tempo privi, correrebbe il grande pericolo di non riuscire che un'orgia immensa, senza essere una rivoluzione; imperocché, una volta riempito il ventre, gli incoscienti si lascerebbero ancora minchionare dai chiacchieroni e dagli ambiziosi.
Occorre che la prossima rivoluzione arrechi ai morti di fame delle realtà immediate; ma, perché essa duri, bisognerà che la fase preparatoria abbia messo delle idee nel cervello del popolo. Se noi non vogliamo che dopo un'orgia di alcune ore o di alcuni giorni ci troviamo ancora incatenati per lungo tempo, bisogna esercitarsi ad essere coscienti.
Rendere gli individui capaci di comprendere le cause del loro sfruttamento, spiegar loro il perché essi non debbono subirlo, far loro conoscere le istituzioni da cui derivano i loro mali, dimostrar loro che, finché esse esisteranno, produrranno sempre gli stessi effetti, ecco il nostro compito; mostrar loro col nostro esempio a spiegare le proprie iniziative, a combinare i loro sforzi senza lasciarsi dominare da chicchessia, ecco l'opera nostra, la quale deve produrre il fermento sociale donde si sprigionerà la rivoluzione.
 
 
[La Questione Sociale, Anno V, n. 123 del 5 agosto 1899]