Brulotti

Coll’acqua alla gola!

Édouard Rod
 
Perché agire? Perché intraprendere un qualcosa? E come amare gli uomini, in questa torbida epoca in cui il domani non è che una minaccia!… Quel che abbiamo cominciato, le nostre idee che maturano, le nostre opere intravedute, quel po’ di bene che avremmo potuto fare, non saranno portati via dall'uragano che si prepara? Dovunque il terreno ci trema sotto ai piedi, e all'orizzonte s'addensano nuvole che non ci risparmieranno.
Ah, se dovessimo temere soltanto la rivoluzione della quale ci si fa uno spettro! Incapace d'immaginare una società più detestabile della nostra, ho per quella che le succederà più diffidenza che timore. Se dovessi soffrire della trasformazione, mi consolerei pensando che i carnefici del giorno sono le vittime della vigilia, e che l'aspettativa del meglio mi renderebbe più sopportabile il peggio. Ma non è questo lontano pericolo che mi spaventa; ne vedo un altro, più vicino, e soprattutto più crudele; più crudele, perché non ha nessuna scusa, è assurdo e non ne può risultare alcun bene; ogni giorno si soppesano le probabilità di guerre per il domani, e ogni giorno esse diventano più implacabili...
Il pensiero indietreggia davanti una catastrofe che appare all’alto del secolo come il termine del progresso dell’èra nostra, eppure bisogna abituarvisi. Da vent'anni tutte le forze del sapere si esauriscono ad inventar strumenti di distruzione, e fra non molto qualche colpo di cannone basterà ad abbattere un intero esercito. Hanno chiamato alle armi non più, come un tempo, qualche migliaio di poveri diavoli il cui sangue era pagato, ma popoli interi che si sgozzano a vicenda. Si ruba loro il tempo (obbligandoli a servire) per rubarne più sicuramente la vita; per prepararli al massacro, si attizza il loro odio persuadendoli di essere odiati; uomini miti si lasciano corbellare, e presto li si vedranno scagliare l'uno contro l'altro con ferocia da belve, turbe furibonde di pacifici cittadini ai quali un ordine inetto metterà il fucile in mano, Dio sa per quale ridicolo incidente alle frontiere, o per quali mercantili interessi coloniali!…
Marceranno, come agnelli al macello, ma sapendo dove vanno, sapendo che lasciano le mogli, che i loro figli avranno fame, ansiosi e pur ebbri per i paroloni sonori e menzogneri strombazzati loro all'orecchio. Marceranno, senza ribellarsi, passivi e rassegnati, loro che sono la moltitudine, la forza e potrebbero, se sapessero intendersi, stabilire il buon senso e la fraternità al posto delle astuzie selvagge della diplomazia. Marceranno, talmente ingannati e raggirati da creder l'eccidio un dovere e chiederanno a Dio di benedire i loro sanguinari appetiti. Marceranno, calpestando il raccolto che hanno seminato, bruciando le città che hanno costruite con canti di entusiasmo, grida di gioia e musiche di festa. E i loro figli innalzeranno statue a chi li avrà meglio massacrati!
Il destino d'una generazione intera dipende dall'ora in cui qualche sciagurato uomo politico darà il segnale, a cui verrà obbedito. Sappiamo che i migliori fra noi saranno falciati, che l'opera nostra sarà distrutta in germe. Lo sappiamo, e fremiamo di collera, ma siamo impotenti. Gli uffici e le cartacce ci hanno preso nella rete, ci vorrebbe una scossa troppo forte per distaccarcene. Apparteniamo alle leggi che abbiamo fatte per proteggerci e che ci opprimono. Non siamo più che le cose di quest'antinomica astrazione, lo Stato, che rende ogni individuo schiavo in nome della volontà di tutti, i quali tutti, presi isolatamente, vorrebbero l'esatto contrario di ciò che saranno costretti a fare.
E fosse almeno una sola generazione a venir sacrificata! Ma vi son ben altri interessi impegnati nella partita.
I declamatori salariati, gli ambiziosi sfruttatori delle cattive tendenze delle masse e i poveri di spirito, ingannati dai paroloni sonori, hanno talmente inasprito gli odii nazionali che la guerra di domani metterà in pericolo dell'esistenza di una razza. Uno degli elementi che hanno costituito la società moderna è minacciato, quello che sarà vinto dovrà moralmente sparire e, chiunque sia, vedremo annientata una forza — come se ce ne fosse una di troppo per il bene! Vedremo un'Europa nuova formarsi su basi tanto ingiuste, brutali e sanguinose, lorda d'una macchia tanto orribile che potrà essere solo peggiore di quell'odierna, più iniqua, più barbara, più violenta...
Ecco perché ci pesa addosso un immenso scoraggiamento. Ci agitiamo in una via senza uscita, coi fucili puntati su di noi da ogni tetto. Il nostro lavoro è pari a quello dei marinai che eseguono l'ultima manovra, mentre la nave comincia ad affondare. I nostri piaceri somigliano a quelli del condannato a cui si offre una pietanza di suo gusto, un quarto d'ora prima del supplizio.
L'angoscia paralizza il nostro pensiero, e lo sforzo migliore di cui siamo capaci è quello di calcolare, compitando i vaghi discorsi dei ministri, alterando il senso delle parole dei sovrani, rovesciando i motti attribuiti ai diplomatici e che i giornali diffondono al caso incerto delle loro informazioni — se ci sgozzeranno domani o doman l'altro, quest’anno o l’anno prossimo. Di modo che si cercherebbe invano nella storia un'epoca più incerta e più gravida d'angosce...
 
[Le Sens de la vie, 1889]