Brulotti

Riflessioni di un miliziano della rivoluzione spagnola

Tranquillo [Giuseppe Ruozi]
 
Ho assistito alla nascita ed allo svolgimento della guerra civile in Spagna, guerra che si sarebbe tramutata in rivoluzione sociale se gli elementi responsabili della C.N.T. e F.A.I. non vi avessero messo dei freni avviandola quindi verso la sconfitta, dopo la prima vittoriosa tappa del 19 luglio.
Esisteva in Spagna un movimento anarchico, non omogeneo quale potevano pensarlo coloro che lo guardavano da lontano. Vi erano in esso le divergenze solite che si ritrovano in qualsiasi movimento nostro del mondo. E le divergenze più profonde erano tra gli anarco-sindacalisti. La scissione provocata dal manifesto dei 31 era finita con la creazione di una nuova sezione del sindacalismo anarchico o libertario che aveva avuto come capo Pestaña e contava più di 11.000 aderenti. Ma non vi era tra i dirigenti accordo perfetto e c'era sempre battaglia nella direzione di Solidaridad Obrera.
Tuttavia si ebbe la prima vittoria sui fascisti, il 19 luglio, impedendo a Franco di invadere subito tutta la Spagna e organizzando la lotta nelle città rimaste in mano agli anarchici, ai repubblicani e ai democratici. Fu un entusiasmo generale che sembrava foriero di nuove vittorie e di un serio avvio verso una società libertaria.
La prima doccia fredda su questi entusiasmi cadde quando certi dirigenti anarchici proclamarono che prima bisognava vincere la guerra e poi fare la rivoluzione, e parteciparono perciò alle «responsabilità» del governo, dando così modo a questo di rinforzarsi e di ridare vita alle morenti istituzioni che sino allora avevano oppresso il popolo spagnolo. Era ovvio che essendo rimasto lo Stato tutto avrebbe ricominciato a funzionare nel senso di prima. Rimaneva quasi tutta la proprietà privata: venne confiscata solo quella dei proprietari fascisti che erano fuggiti. Furono conservati i corpi armati della Guardia Civile e della Guardia d'Assalto. Furono mantenute le carceri, tra cui il triste Castello di Montjuïc, e fu intrapresa subito la militarizzazione del popolo insorto, cioè la ricostituzione dell'esercito in luogo delle milizie volontarie.
All'inizio, la popolazione era classificata secondo il sindacato a cui apparteneva, e ciascuno andava a mangiare gratis nelle cucine economiche create dai vari sindacati nei quartieri operai, nelle sedi dei vari Partiti e sui posti di difesa per i militanti attivi, mediante dei buoni o delle tessere. Nei treni, la gente viaggiava quasi tutta gratuitamente e in Barcellona le Guardie d'Assalto e le Guardie Civili avevano dimostrato in massa a Piazza Catalogna, con le armi in mano, per non pagare il biglietto del tram che costava dieci centesimi. I negozi erano aperti a tutti, ma i miliziani della C.N.T. e della F.A.I. vestivano a brandelli.
A me pare che mancassimo di iniziativa, che non ci fossero idee chiare sulla messa in pratica del nostro programma minimo.
E non era certamente perché mancasse un'organizzazione anarchica. La C.N.T. e la F.A.I. erano organizzate anche troppo ed organizzati erano il P.O.U.M. e gli altri partiti socialisti. Ma dopo che l'élite dirigente della F.A.I. e C.N.T. sciolse i gruppi specifici, i gruppi anarchici e i sindacati aumentarono smisuratamente e nelle suddette organizzazioni finirono per entrare elementi politici di dubbia fede ed altri che vi aderirono con lo scopo di disgregare il movimento anarchico specifico.
Mentre i vecchi anarchici ripetevano nei loro comizi che non bisognava disarmare, né ricostruire il militarismo, i redattori della Soli facevano propaganda in senso contrario e si dimostravano favorevoli alla militarizzazione.
Sul finire del 1936 già le cose cominciavano ad andare assai male. I posti direttivi del governo, del municipio, della polizia passavano ai partiti, e i compagni ministri al governo centrale e in quello catalano si riducevano ad elementi decorativi e niente più. Per colmo dell'ironia, il ministro di Grazia e Giustizia era proprio un anarchico: Garcia Oliver il quale non solo non fece le riforme che si imponevano nelle prigioni e nell'apparato giudiziario, ma finì persino per cacciare in prigione anche degli anarchici per reato di porto d'armi.
E questi anarchici in carcere andavano a vivere vicino ai fascisti.
Le realizzazioni in campo sociale, come le collettivizzazioni agricole, furono iniziative spontanee, compiute ad opera degli stessi interessati, dai lavoratori della terra, e ben poco aiuto venne dato loro dalle autorità.
Quando la colonna Lister venne a sterminare le collettività aragonesi, per quanto la F.A.I. e la C.N.T. fossero in pieno sviluppo non seppero impedirlo, come non seppero impedire i luttuosi fatti del maggio 1937.
Questi furono i segnali della disfatta ed il colpo di grazia portato alla rivoluzione sociale. Ad una ad una finirono distrutte tutte le fortificazioni anarco-sindacaliste, quelle dei comunisti dissidenti e dei partiti socialisti.
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L'organizzazione della C.N.T. e della F.A.I. esisteva sempre, ma i capi avevano la pretesa di agire e di parlare a nome di tutti i gruppi e di tutte le federazioni, senza prima averne consultato il parere.
Ed è significativo questo fatto: prima del 19 luglio, quando i migliori oratori parlavano a 10, 20, 30 mila persone riscuotevano rari applausi, mentre gli stessi capi dopo la loro andata al potere venivano applauditi ancora prima che cominciassero a parlare. Era nato il fanatismo per il capo, un male che esisteva nei partiti e che aveva contagiato anche il nostro movimento.
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Con questo non voglio dire che il compito dei compagni spagnoli fosse facile e che non si siano quasi tutti adoperati al loro meglio, spesso con grande sacrificio, con la volontà e la speranza di una nostra vittoria. Ed in questo senso lottarono anche altri partiti. Furono, del resto, Municipi socialisti e catalanisti che distribuirono le armi al popolo, e le Guardie d'Assalto e le Guardie Civili combatterono spesso gomito a gomito con il popolo per difendere la Repubblica - il che non entrava certamente negli obiettivi che gli anarchici si erano dati.
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Dall'esame obiettivo il più possibile degli avvenimenti di Spagna noi dovremmo rispondere a questo quesito: presentandosi in Italia o in un altro paese una situazione analoga a quella del 19 luglio, che cosa dovremmo fare per far trionfare la nostra rivoluzione sociale?
Solo impostata in questo modo la discussione sull'esperienza spagnola avrà la sua utilità, ed è in questo senso che i compagni che vi hanno partecipato o hanno seguito attentamente lo svolgersi degli avvenimenti dovrebbero portare il loro contributo di riflessioni e di critiche.
 
 
[Volontà, A. VIII, n. 4, 15/8/1954]