Contropelo

Agli adoratori della scienza

André Prudhommeaux
 
Un anarchico che si «prosterna»: ecco quello che di tanto in tanto si vede. È vero che ciò accade davanti a qualche entità impersonale, ma non è tanto l'oggetto dell'adorazione servile che ha molta importanza, quanto il gesto. Mentre è simpatico l'omaggio fatto di ammirazione verso la perfezione nella diversità, che è l'atteggiamento ellenico davanti alle bellezze della natura e dell'espressione umana, personalizzati negli dei del paganesimo (così poco tirannici), ripugna, invece, la prostrazione orientale davanti al dispotismo sotto tutte le sue forme monistiche o monoteistiche.
«L'anarchismo non ha vergogna di prostrarsi davanti alla Scienza». Ricordo di aver letto questa frase molti anni fa in un numero di Tierra y Libertad (Messico, 19-9-53). E l'autore così continuava: «Questo edificio sistematico di verità dimostrate che l'uomo (*) domina, oggi, lo mette al di sopra di tutti gli Dei... Se oggi la Rivoluzione è in regresso, non è di sua iniziativa, ma per incapacità e perché Religione e Scienza sono incompatibili».
Io sono convinto che l'atteggiamento religioso e l'atteggiamento scientifico davanti allo stesso fenomeno, siano incompatibili – ma ciò è un'altra cosa. Davanti a quel fenomeno, l'atteggiamento scientifico è quello dell'indagatore; paziente perché non vuole trascurare nessun fatto e vuol ricominciare cento volte la stessa indagine. Colui che si inorgoglisce di conquiste definitive, colui che immagina di avere «esaurito», «risolto», «definito» il quesito, anche il più semplice in apparenza, colui che si dice uno «scienziato» è in realtà un credente dogmatico, un a-priorista, che si fa profeta, prete o papa d'una religione, d'una scienza, ma che, nello spirito di certezza che pretende di avere o che si dà, non ha niente dell'atteggiamento scientifico.
 
Ma, in fondo, che cos'è la Scienza, di cui si parla come d'un insieme compatto di leggi riconosciute?
Le conoscenze umane sono ben lungi dal formare quell'«edificio sistematico di verità dimostrate» che costituisce il trono dello scienziato. C'è un limite, ci sono chiare enunciazioni univoche, categoriche e logicamente concatenate; ma non sono che l'espressione o la conseguenza di convenzioni, di definizioni arbitrarie ed astratte – tanto più assolute in quanto che sono senza contatto e senza presa con e sulla realtà.
«Da un punto preso fuori di una retta, è possibile condurre una parallela a quella retta ed una sola? Se ne possono tracciare un'infinità? Non se ne può tracciare nessuna?». Tre geometrie diverse sono state costruite partendo da queste ipotesi, e tutte tre sono ugualmente valide per lo spirito umano e tutte e tre ugualmente dimostrabili partendo da premesse accettate.
 
All'altra estremità, vi sono delle affermazioni concrete che hanno una reale portata storica, nello spazio e nel tempo: ma appunto perché queste affermazioni tendono ad essere complete, assortite, particolareggiate, esse sono incerte, ambigue e contraddittorie; niente di ciò che è storico (e che per definizione non accade che una volta) può essere ricostituito, dunque verificato. Ed il numero dei testimoni registrati non fa che aggravare la non-attendibilità delle testimonianze. Noi non conserviamo del passato che un concatenamento oscuro di probabilità, di verosimiglianze, ma nulla che assomigli ad una verità dimostrata.
 
L'atteggiamento scientifico, che ammette onestamente questi limiti della scienza appartiene, purtroppo, ad una élite ristretta di indagatori e di pensatori, esperta dei metodi speciali dell'indagine. Gli studenti, fino alla laurea, non conoscono, di solito, della «scienza» che il contenuto dei manuali, le lezioni da recitare come un catechismo e gli esercizi di pura ginnastica intellettuale come applicazione di nozioni imparate. Infine, il vasto pubblico, che rimane quasi completamente estraneo alla cultura scientifica, subisce ciecamente il prestigio dei tecnici e della pubblicità, acclamando o temendo i «miracoli» e le «stregonerie» dei quali non capisce niente.
Lo scientificismo, cioè l'atteggiamento religioso di fronte alla Scienza, potrebbe ben essere la religione contemporanea più universale e più pericolosa. Non è essa che permette ad un anarchico di prostrarsi davanti alla Scienza, e di sacrificarsi per essa, come i suoi antenati lo facevano, probabilmente, davanti alle divinità feroci e spietate degli Aztechi?
Così la religione non sembra in ritirata davanti alla Scienza. Essa ha cambiato semplicemente di linguaggio e d'obiettivo, senza diventare per questo più umana e più ragionevole.
La metà del genere umano professa il «socialismo scientifico», sotto la dittatura di una nuova teocrazia che fa appello alla «concezione materialista e dialettica della storia», e l'altra metà è incerta, come dei balordi su una piazza della fiera, tra gli altoparlanti e le attrazioni rivali dei ciarlatani e dei gabbamondo che rivaleggiano in buffonate, in nome della Scienza, della Religione, della Politica e dell'Arte.
 
Alla base di tutto questo vi è una fondamentale confusione; per sapere come l'uomo si deve condurre nella vita non ha bisogno affatto di conoscere le risposte alle «grandi questioni» inesauribili che i prestigiatori metafisici pretendono di risolvere.
«L'universo, è esso illimitato nel tempo e nello spazio? È interamente determinato? Da dove proviene la vita su questa terra? La forza precede l'atto? È l'organo la funzione? È l'essere il fare? È l'uovo la gallina? O viceversa? Etc. etc.».
A tutte queste questioni e ad un'infinità di altre della stessa natura, la sola risposta ragionevole è quella che serviva di conclusione, quasi sempre invariabile, alle lezioni del prof. Ducommet, il mio maestro di fitogenetica a Grignon: «Vi è chi dice così, altri che dice cosà, e noi, noi diremo che non ne sappiamo niente».
 
Non pretendiamo, certo, di proibire alla scienza, come alla religione, all'arte ed alla politica, di occuparsi di tutto ciò che vi è ed accade nel mondo. Questa concorrenza, questa lotta per tutto interpretare e ricondurre tutto allo stesso ordine di attività e di valori è, come ogni pluralità di regole e di poteri, un elemento prezioso di libertà e di civiltà. Ma niente, assolutamente niente, può dimostrare che la Scienza possa rispondere a tutto, né che vi sia una risposta a tutto.
In ogni modo se fosse necessario per vivere e vivere bene, aspettare di avere una risposta a tutto, tanto varrebbe uccidersi subito: Kropotkin domandava se il comunismo anarchico era conforme alle leggi naturali e rispondeva gravemente di sì, anzi egli diceva che ciò era prescritto da sempre dall'insieme delle leggi naturali. «Accontentatevi di constatare che esse non lo proibiscono» rispondeva Malatesta. E per constatare che una cosa desiderata è possibile, egli aggiungeva che non c'è altro da fare che di provare con pazienza e lucidità.
 
L'atteggiamento anarchico (come, d'altra parte, quello scientifico, e come forse l'atteggiamento autentico dell'artista e del moralista, etc.) è, mi pare, un atteggiamento interrogativo e non dogmatico, di attesa e di sufficienza. Esso può essere definito come esprimente la volontà di essere libero e di sentirsi circondato da esseri liberi; esso non è legato a nessuna concezione filosofica scientifica, religiosa, giuridica o estetica particolare: infatti, tutto si svolge come se l'atteggiamento anarchico potesse coesistere con le ideologie (o assenza di ideologie) le più diverse, anche con i credi che teoricamente negano la libertà, o che la condannano ex-professo; ciò, evidentemente, non significa che certe credenze non ostacolino la manifestazione spontanea dell'atteggiamento anarchico e che altre non lo favoriscano del tutto. Ma come diceva Malatesta, l'essenziale è che esse non lo proibiscano.
Ciò che meno ostacola l'anarchismo nella sua conquista della libertà è, secondo me, un atteggiamento intellettuale di tolleranza e di agnosticismo. Ed è il desiderio ben radicato di giudicare gli altri e di esserne giudicati alla luce degli sforzi e degli atti, più che dalle etichette e dai programmi.
 
 
*  Duplice vertigine della potenza e del servilismo! L'uomo si prosterna di fronte alla Scienza ed esercita su di essa e per mezzo di essa un dominio incontrastato! Non sarebbe molto più saggio diffidare dell'idolo e dei suoi preti?