Brecce

I ribelli di Münster

Georges Lapierre
 
All’inizio del XVI secolo la situazione sociale a Münster è confusa, e fino a quel momento solo lo spirito campanilistico ha permesso di evitare una grave degenerazione dei conflitti tra la gerarchia cattolica — una nobiltà che perde a poco a poco la sua influenza — e la nuova classe di mercanti e artigiani.
La complessità della situazione a Münster è il fedele compendio di una situazione più generale in cui alcune forze si affrontano e si dilaniano senza curarsi in alcun modo dei poveri. Un’ossessione assilla le classi dominanti, la borghesia, la nobiltà e la Chiesa: il denaro. Il fatto è che nel tempo il denaro è diventato lo strumento della potenza sociale. Chi possiede denaro è prossimo a possedere la realtà del potere e inversamente chi ha potere deve avere denaro. Un tempo si poteva essere nobili senza terra — cavalieri — senza per questo decadere, ma ormai un principe senza denaro non è che uno zoticone. La potenza sociale è un privilegio che costa caro.
In questa corsa sfrenata al denaro la Chiesa non appare più un ostacolo morale come un tempo, ma una concorrente sleale che utilizza la sua posizione privilegiata nell’ordine antico per spingere il suo privilegio nel presente.
Paradossalmente ciò che perderà la Chiesa, almeno in Germania, non è una ipotetica debolezza, bensì la potenza. La fortuna della Chiesa cattolica è immensa; e non è solo il suo capitale fondiario ad essere considerevole, anche quello finanziario. Essa ha saputo ricorrere a qualsiasi espediente — introiti diretti, questue, vendite di beneficenza, vendite di indulgenza, tasse, quote e interessi nel commercio — per intercettare una buona parte del denaro in circolazione. Quindi costituisce una precisa minaccia di egemonia, sempre più delineata, per le altre due classi che sono in competizione per la condivisione del potere. 
La Chiesa ha il Diritto e il Denaro, la Nobiltà ha il Diritto e le occorre il Denaro, la Borghesia ha il Denaro e le occorre il Diritto. È in questo contesto che nasce la Riforma, il cui obiettivo è di indebolire il clero. La Riforma è l’emanazione dell’alleanza di fatto fra la nobiltà e la borghesia contro la Chiesa cattolica. Lutero è il calunniatore di servizio. Come per ogni buon calunniatore, la Morale è il suo cavallo di battaglia. Egli sostiene che la ricchezza della Chiesa sia incompatibile con l’ideale che professa e che essa salvaguardi i suoi diritti acquisiti nella società. Ciò conviene ai prìncipi che bramano i suoi beni, e conviene alla borghesia che vorrebbe emanciparsi dalla sua tutela. 
 
Fondata sulla produzione e sugli scambi internazionali, l’organizzazione della Hansa [1] si sgretola all’inizio del secolo: caos monetario, aumento dei prezzi. I rapporti commerciali privilegiati di Münster con l’Olanda, il Brabante, la Frisia, una volta così vantaggiosi, diventano opprimenti. A Münster, la crisi si manifesta nel punto più fragile della comunità, contrapponendo gli artigiani ai conventi. In effetti, il Capitolo [2], i conventi e le parrocchie, esentati da tutti gli obblighi che gravano sui semplici cittadini, hanno una produzione artigianale che le gilde considerano concorrenza sleale. I conflitti che li contrappongono ai canonici si inaspriscono tant’è che nel 1529, davanti ad un nuovo aumento dei prezzi, interviene il Vescovo deprezzando la moneta, cosa che non fa altro che approfondire il divario tra ricchi e poveri (i piccoli artigiani ne sono le prime vittime), e soprattutto aumentando le imposte, cosa che penalizza i negozianti.
Molti borghesi hanno compreso che la riforma comporta la fine dell’arbitrio della Chiesa e della concorrenza commerciale dei conventi. Quando nell’ottobre del 1532 il vescovo Franz von Waldeck fa bloccare tutte le strade che portano alla città, ostacolando ogni commercio, il Consiglio si irrigidisce e propende sempre più verso le tesi luterane. L’amministrazione della città viene allora affidata ad un sindaco protestante, Johann von der Wieck. Il 2 marzo 1533, nel corso dell’elezione del Consiglio cittadino, 19 seggi su 24 vanno ai protestanti.
 
Impegnati all’interno di Münster in lotte politiche che non hanno lo scopo di soppiantare la Chiesa, nella fattispecie il vescovo von Waldeck, ma di limitarne la potenza, i borghesi e i nobili consentiranno lo sviluppo di un movimento di contestazione radicale la cui ampiezza li sommergerà. 
Gli anabattisti o ribattezzatori denunciati da Zwingli, lui stesso denunciato da Lutero, sono perseguitati dappertutto. La Scrittura è il loro esclusivo riferimento, la loro sola regola di vita; ma è necessaria anche l’illuminazione divina. Essi contestano radicalmente tutti i poteri umani e costituiscono l’unanimità dei cattolici e dei protestanti contro di essi. «I nuovi battezzati partono a due a due, uno vecchio e uno nuovo, incontrollabile esercito di clandestini che hanno la propria arma in sé». Jan de Bockelson, detto Jan de Leyde, ribattezzato da Jan Matthys il panettiere di Haarlem, ritorna così a Münster dove battezza Rothman, Knipperdollinck e Gerhard Kibbenbrock, borghesi importanti della città, e molti altri. Dopo sette giorni, i primi  due apostoli di Jan Matthys potranno lasciare la città. La loro missione è compiuta, il fuoco è divampato.
Senza dubbio, ciò che salva gli Eletti è la confusione del momento. Confusione fra il vescovo cattolico e il langravio protestante, confusione tra il vescovo e il Consiglio che gli resiste, tra il Consiglio e le gilde, in seno al consiglio stesso tra cattolici e protestanti, tra i due borgomastri e il rappresentante. Tuttavia, sentendo crescere il pericolo anabattista, i protestanti si avvicinano ai cattolici, troppo tardi... La città è sottosopra. Persone di ogni tipo continuano ad arrivare, soprattutto dall’Olanda e dalla Frisia, quelli che il vescovo definisce «i vagabondi e gli sconosciuti erranti». 
«Guai — gridano i predicatori — guai a voi che portate oro, denaro, pietre ed abiti preziosi. Siate maledetti poiché considerate più l’ornamento del corpo di quello dell’anima... Spogliate il vecchio uomo e rivestite la nuova armatura!».
Un creditore ribattezzato non potrebbe reclamare un crebito a un debitore; si vede così la suocera di Knipperdollinck restituire le ricevute dei crediti ai loro firmatari e perfino rimborsare gli interessi già riscossi.
Il battesimo non è più un rito che si fa al di fuori della coscienza come se l’individuo non fosse per nulla interessato a quanto accade, come se potesse ricevere lo Spirito senza spirito. Gli anabattisti considerano nullo il battesimo di un bambino — «l’Anticristo ne ha fatto una semplice abluzione di bambini» — che, viceversa, dovrebbe essere il momento della coscienza di sé, in cui lo spirito ritorna allo spirito e si conosce, trovandovi la vera ricchezza, l’illuminazione. Lo Spirito è ciò che è universale nell’uomo, l’egoismo e la cupidigia sono ciò che separa l’uomo dalla sua essenza. La critica di una forma dell’alienazione sfocia nella critica dell’alienazione in generale, la critica della Chiesa in quella del Denaro, allorché la caratteristica dell’alienazione è di tollerare altre modalità. 
 
Kerssenbrock, il cattolico a cui dobbiamo una relazione tendenziosa ma assai dettagliata degli avvenimenti, nota che «la nuova dottrina si diffonde quotidianamente presso i poveri perché insegna che, nella nuova vita cristiana, non ci sarebbe più povertà; che dal tempo degli apostoli, tutti i beni erano messi in comune». 
Giovedì 15 gennaio 1534, il Consiglio decide di fare eseguire la propria decisione di espellere i predicatori, fallimento: «gli anabattisti, sottolinea Kerssenbrock, non rispettano il Consiglio più di quanto il Consiglio non rispetti il vescovo». 
Il 28 gennaio, la città è in stato di allerta, il vescovo minaccia di intervenire. 
Il 6-7 febbraio, non vi son dubbi che la fine sia vicina per i ribattezzati: «Ebbri, dicono di noi coloro che non vedono... Ebbri di Dio, sì! Di gridare, danzare, morire...». La tensione è sempre più forte all’interno della città, tra cattolici e riformatori da una parte, anabattisti dall’altra. Un drappello di contadini cattolici inviati dal vescovo si mette a disposizione del Consiglio. Il conflitto è evitato per un soffio.
Il 12 febbraio, un doppio movimento percorre la città, da una parte i candidati al ribattesimo sollecitano i predicatori, dall’altra parte parecchi cittadini decidono di lasciare Münster.
Numerosi sono coloro che arrivano, tra cui Jan Matthys. Si mettono i nuovi arrivati negli alloggi di quelli che scelgono di andarsene. Il nuovo Consiglio è favorevole agli anabattisti e designa Knipperdollinck e il suo amico Kibbenbrock come borgomastri. La dottrina, ieri ancora clandestina, investe ora i quadri ordinari della legalità, diventa il potere cittadino in carica. Al Grande Mercato, Jan Matthys aizza i passanti: saccheggiare i conventi, le chiese, la Cattedrale. «E chi non è ormai consapevole che solo la violenza può realizzare la giustizia?» 
Gli abitanti di Münster si preparano all’assedio della città e alla lotta contro il vescovo: «Non è più il tempo della rassegnazione ma quello della liberazione, quello della restituzione... ».
I cattolici e i luterani si affrettano a fuggire.
Mentre il vescovo Franz von Waldeck comincia i suoi preparativi e mette in moto la lenta, pesante e costosa macchina da guerra, gli abitanti di Münster lanciano nuovi appelli: «che coloro che posseggono un coltello, una picca o un moschetto li portino e che gli altri li acquistino!».
I titoli di credito e gli atti dei tribunali sono dati alle fiamme, si rovista negli archivi segreti, vengono stracciati i privilegi, i decreti del Consiglio, i libri dei conti. Niente resterà del passato.
La prima preoccupazione è la difesa. Ciascuno ha il proprio ruolo da svolgere, si organizzano gli addestramenti. I beni dei fuoriusciti vengono raccolti e messi in comune: «tra cristiani non c’è posto per il denaro». Davanti a ciascuna delle porte della città viene istituita una casa comune dove si consuma il pasto insieme. Tutto deve essere reso libero e accessibile. Le case devono restare aperte. 
Jan Matthys acquista sempre più importanza sebbene criticato da qualcuno, tra cui il fabbro Ruesher — «è un profeta di merda!» — che sarà giustiziato... 
In Olanda, in Frisia, nel Brabante, migliaia di anabattisti allertati da lettere e da messaggi provenienti da Münster si mettono in cammino per essere il 24 marzo, a mezzogiorno, al convento della Montagne, vicino a Zwolle, dove un profeta verrà a cercarli. Ma i principi vigilano. Il governatore imperiale di Frisia distrugge diversi assembramenti, fa affondare i battelli, e stermina gli anabattisti «con l’acqua, il fuoco e la spada». Erano circa cinquemila.
Il 5 aprile Jan Matthys, avendo perduto ogni speranza di veder arrivare l'armata in soccorso, si lancia in una sortita selvaggia quanto disperata. Jan de Leyde prende il suo posto.
I «Dodici Anziani delle tribù di Israele» sostituiscono il Consiglio. Knipperdollinck, il vecchio borgomastro, diventa boia, il mestiere più disprezzato della comunità, l’uomo senza nome, l’innominabile.
Viene promulgato un nuovo codice morale che condanna a morte la bestemmia, la calunnia, la ribellione contro l’autorità, la disobbedienza, l’adulterio, la prostituzione, il furto, l’avarizia, la cupidigia, la menzogna, la truffa... I peccati diventano crimini nel regno di Dio. Una Costituzione che regola nei minimi dettagli anche la vita sociale durante l’assedio.
 
La critica della Religione resta sul terreno della Religione. Essa cerca di realizzare la Religione senza tuttavia sopprimere ciò che fonda ogni religione, l’idea di elezione — che rinvia a quella di un’autorità esterna. Malgrado la buona volontà, gli anabattisti non arrivano a farla finita una volta per tutte con l’idea di Dio. Essi realizzano effettivamente la religione ma in maniera religiosa.
Tuttavia questa critica religiosa della Religione si accompagna ad una pratica coerente e conseguente: distruzione degli archivi, messa in comune dei beni, organizzazione della difesa, comunicazione con l’esterno, ecc.
Molti storici hanno chiosato sulle divagazioni dei profeti senza mai percepire la razionalità che vi si nascondeva. Per esempio, all’inizio dell’assedio, Knipperdollinck «colto da spirito profetico» chiede la distruzione di tutti i campanili, quel che si eleva deve essere abbassato; ciò esigerà sforzi considerevoli mentre l’organizzazione della difesa sembra reclamare compiti più urgenti. Ebbene, il livellamento dei campanili libera superbe terrazze che gli abitanti di Münster equipaggeranno subito con pezzi di artiglieria. Un altro esempio ci è fornito dal modo in cui le visioni del profeta zoppo Dusentschur verranno astutamente deviate dal loro fine, una uscita che poteva essere solo suicida, per arrivare all’invio di 27 emissari nelle città che circondano Münster allo scopo di fomentarvi la rivolta.
La comunicazione a Münster, ben più ricca di quanto si possa conoscere, si scontra con un ostacolo enorme, l’idea di elezione, a tal punto che il pensiero è costretto ad esprimersi in forma religiosa. Il ricorso ad una autorità spirituale superiore avalla l’intuizione, l’ispirazione, alla fine l’idea che, di rimando, si impone agli spiriti non più come idea ma come dovere, come comandamento. Da ciò deriva l’ambiguità di situazioni in una Münster assediata, le loro ricchezze come i loro limiti, tutto questo lato paradossale che ci sorprende poiché il comandamento a sua volta sfocia la maggior parte del tempo in una pratica coerente che risponde in modo intelligente ad una situazione in continua evoluzione.
 
Mentre gli abitanti di Münster si organizzano, il vescovo, alle prese con non poche difficoltà, si districa bene o male tra gli imbrogli della grande diplomazia. La pace della regione, nello stato di decomposizione in cui si trova l’Impero, non è più che un fragile intreccio di conflitti di determinazioni e di alleanze aggirate; ogni iniziativa dell’uno o dell’altro compromette in ogni istante l’equilibrio dell’insieme, che bisogna ristabilire a piccoli colpi, un pugno di lanzichenecchi qui, una promessa solenne là, o un tradimento compensatore, qualche migliaio di fiorini.
Il vescovo, deciso a farla finita, ordina che si prepari l’assalto per l’alba del 24 maggio. Il 16, comincia il bombardamento della città. Gli abitanti di Münster non restano inattivi, sorprendono il campo del vescovo e distruggono tredici pezzi d’artiglieria.
Tutti gli sforzi del vescovo saranno annullati da un soldato pieno di vino che confonderà il crepuscolo con l’alba. L’assalto viene lanciato nella confusione generale. È un disastro. 
Di nuovo Franz von Waldeck è in cerca di denaro e sollecita la sua diocesi. Gli assediati lanciano nuove sortite per sabotare l’artiglieria nemica; da un altro lato iniziano una campagna di demoralizzazione fra i lanzichenecchi. Viene costituito un tesoro di guerra, il Fiorino di Münster, allo scopo di organizzare le truppe all’esterno.
Viene instaurata la poligamia in città, dove ci sono circa 5000 donne e 1500 uomini.
Il 27 agosto, comincia il bombardamento di Münster ma il 31 l’assalto generale è nuovamente respinto. 
Jan de Leyde viene proclamato re della Nuova Gerusalemme. Jan de Leyde incarna oramai al tempo stesso il potere spirituale ed il potere temporale. Papa e imperatore nel contempo, unisce nella sua persona i due volti terrestri di Dio. Divara, la prima delle sue spose, diventa regina. Avrà così la sua corte, le sue damigelle d’onore, le sue domestiche. Il modo di abbigliarsi rimane simbolico: al re gli ori, al popolo la privazione e il nudo lino. Vestiti gli abiti di gala, il re, la regina e i loro dignitari escono in città secondo la formazione stabilita dal protocollo. Il re fa ripetere che non si onora la sua persona ma che in lui si onora Dio — e niente è troppo bello per Dio.
Il vescovo si vede costretto di nuovo a impegnarsi in spese considerevoli; e mette in atto un dispositivo dì accerchiamento grandioso che si rivelerà maledettamente efficace poiché alla lunga ostacolerà ogni comunicazione della città con l’esterno. Non potendo prendere Münster con le armi, cerca di prenderla per fame. Vengono costruiti sette fortini in legno a cui si aggiungono sette accampamenti di cavalleria. Questi fortini saranno collegati tra loro più tardi, dopo il marzo 1535, con una fortificazione e un fossato.
Nella città, il profeta Dusentshur percorre le strade annunciando di aver avuto una visione: al primo squillo di tromba, bisogna tenersi pronti a lasciare la propria casa; al secondo, radunarsi al Monte Sion (la piazza del Mercato); al terzo, lasciare la città. «Il terzo non suonerà mai, Dio ha semplicemente voluto provare la vostra fede», dice il re che invita allora tutti a celebrare la Cena. Il re, la regina e gli alti dignitari servono un immenso banchetto. Dusentschur sale allora su un banco: non è l’intero popolo degli eletti che deve lasciare la città, rivela, ma solamente 27 apostoli. Essi entreranno in quattro città, Warendorf, Soest, Osnabrück e Coesfeld, battezzeranno e solleveranno i fratelli, poi piomberanno sulle retrovie del vescovo.
Il principe vescovo, rapidamente messo al corrente, emana l’ordine seguente: «Cari fedeli, abbiamo appreso da fonte sicura che la popolazione di Münster ha inviato alcuni dei suoi predicatori e anabattisti nelle nostre città per provocare un’insurrezione generale» e raccomanda una repressione immediata. Una settimana esatta dopo l’uscita degli emissari, Franz von Waldeck si presenta davanti a Warendorf, dove questi avevano avuto un successo certo, con una truppa sul piede di guerra. La città non è in grado di sostenere l’assedio, gli apostoli vengono consegnati, interrogati, saranno decapitati assieme a tre nuovi convertiti. Prima di partire, il vescovo lascia in città una truppa armata per prevenire ogni rivolta. 
A Soest, il Consiglio della città decide l’arresto degli inviati e li condanna a morte. Fallimento anche a Coesfeld, dove vengono sottoposti a tortura e decapitati.
Ad Osnabrück, quando vengono arrestati, alcuni giovani della città minacciano di liberarli; Franz von Waldeck invia un drappello per prendere in consegna i sei prigionieri, che vengono portati via all’alba prima che gli abitanti possano opporsi alla loro partenza.
 
Jan de Leyde chiede a Rothmann di redigere un libretto contenente le verità sull’anabattismo: si possono gettare gli apostoli in prigione, ma un'idea non può essere fermata. Ad Osnabrück ed a Warendorf, le idee anabattiste sono state palesemente ben accolte. Due testi vengono allora fatti circolare:
Una restituzione o un ristabilimento della Fede e della vita sana e cristiana giusta, per grazia di Dio, per la comunità di Münster, in cui è detto: «Abbiamo abbandonato tutto ciò che è contrario all’amore della comunità e preferiamo morire piuttosto che tornare sulle strade precedenti; queste, asservite all’egoismo e alla proprietà, portano ad acquistare e a vendere, a lavorare per denaro, a praticare l’usura, a mangiare e bere il sudore dei poveri».
Racconto assai confortante sul castigo degli orrori di Babilonia indirizzato a tutti gli Israeliti e ai veri alleati del Cristo dispersi qua e là, racconto fatto dalla Comunità del Cristo a Münster, in cui è detto tra l’altro: «Come c’è stato un tempo della decadenza e della desolazione, ora c’è il tempo della vendetta e della restituzione».
Ad ogni insuccesso, il principe vescovo è costretto ad allungare la lista di coloro a cui chiede aiuto, perdendo ogni volta un po’ più d’indipendenza politica e di libertà di manovra nella condotta dei suoi affari. Da parte loro i Principi prendono coscienza della vastità del pericolo anabattista ed il 26 dicembre 1534, l’atto finale della Dieta di Coblenza specifica che i partecipanti si assumeranno le spese di guerra dei prossimi sei mesi.
Gli abitanti di Münster non restano inattivi: il re e il suo Consiglio decidono di assoldare dei lanzichenecchi, inoltre sei uomini sono inviati a Strasburgo, in Frisia ed in Olanda con la missione di fomentare delle rivolte. In Olanda viene organizzato nell’ombra un esercito dall’anabattista Johann von Geel per sorprendere Amsterdam dove molte persone sono loro favorevoli. In poche settimane viene compiuto un importante lavoro sotterraneo dagli emissari anabattisti. Quattro truppe dovranno essere costituite per spezzare la stretta mortale degli episcopali, una a Eschenbrück, una in Olanda, la terza a Maëstrick e Aix-la-Chapelle, la quarta in Frisia a Groningue. 
Fino a quando Münster avesse tenuto testa alla coalizione dei Principi, il Vangelo secondo Jan de Leyde avrebbe conservato tutta la sua seduzione, tutta la sua forza di mobilitazione. Ogni attitudine di negoziazione avrebbe avuto come solo risultato quello di vedere gli anabattisti «contaminare con la loro peste tutta la Germania, poi tutta la cristianità, incitare all’insurrezione generale e gettare il mondo nel crimine più abominevole» (Risposta del vescovo agli emissari di Lubecca, Amburgo e Brema).
 
Pasqua 1535. A Münster si prepara una sortita, si equipaggiano dei carri con cannoni, per andare incontro all’atteso esercito anabattista. Stanco, l’esercito anabattista di Frisia si impadronisce del convento di Olden ma questo viene ripreso una settimana dopo. Sul fiume Issel, il duca di Gueldre affonda tre battelli. Il 18 aprile, l’ordine viene ristabilito a Wesel. 
I rinforzi attesi non arrivano. Il blocco della città è ora totale e le provviste sono praticamente esaurite. Tuttavia a Münster, sotto l’impulso del Re, è il tempo del divertimento, delle danze, dei giochi, delle risate e dello scherzo.
All’inizio di aprile ha luogo a Worms la riunione degli Stati dell’Impero. Oramai la presa di Münster è diventata un affare di Stato. Vengono avviati dei negoziati con gli insorti. Gli abitanti di Münster si limitano a dire che finché non sarà provato il loro errore, essi non vedono ragione di arrendersi. Si atterranno alla verità fino alla morte. Essa è vicina... Dalla fine di aprile imperversa la carestia e agli sfortunati che escono dalla città non resta che errare tra fortini e bastioni. 
Nella notte tra il 10 e l’11 maggio, Amsterdam quasi cade nelle mani degli anabattisti. Von Geel e una piccola truppa assaltano il Municipio ma non riescono ad avvertire coloro che, in città, attendono il loro segnale per scatenare l’insurrezione. I rinforzi anabattisti, provenienti dal mare, si presentano come convenuto credendo la città si sia arresa. Vengono annientati. 
«È certo — commenta Giustiniano — che la maggior parte di quelle città siano favorevoli a questa malvagia setta».
Gli arrabbiati di Münster capiscono a quel punto che non verrà più nessun soccorso dall’esterno. Tutto è perduto. Esecuzioni sommarie di coloro che cercano di raggiungere il campo del vescovo.
«Abbiamo proposto un salvacondotto agli assediati se ci avessero consegnati vivi o morti il re ed i suoi consiglieri più vicini» scrive Giustiniano. «Prima di giustiziare coloro che scappano, promettiamo salva la vita agli uomini che rientrino in città per lanciare una rivolta», ma nessuno accetta. «Essi preferiscono morire qui!», si stupisce l’onorevole consigliere.
 
La città viene assaltata di sorpresa la notte tra il 24 e il 25 giugno 1535 grazie al piano di un transfuga, il falegname Gresbeck che, con una piccola truppa di lanzichenecchi, penetrerà nella città grazie alla sua conoscenza dei luoghi e della parola d’ordine. Per tutta la notte si protrae uno scontro sanguinoso e l’indomani le truppe del vescovo, comandate da Wirch von Dhaun, si riversano per Münster; il massacro durerà fino al 26 giugno.
Il 29, il vescovo fa il suo ingresso in città. Jan de Leyde, Knippedollinck, Bernhard Krechting e Christian Kerckerinck vengono condotti al castello di Dulmen. Ma il bottino è magro, e la rivolta cova fra i lanzichenecchi. 
A fine luglio, i mercenari abbandonano Münster, una città devastata, semi deserta, dove regnano di nuovo i canonici. Le case e i beni degli anabattisti sequestrati a Münster sono stati censiti e venduti, dovendo servire il prodotto della vendita per risanare i debiti di guerra.
Dopo lunghi interrogatori, l’esecuzione di Jan de Leyde, Knipperdollinck e Krechting ha luogo sabato 22 gennaio 1536.
 
«Voi dovete saper distinguere il Regno spirituale di Gesù Cristo, il quale si riferisce al tempo della sofferenza e del quale dopo tutto né voi né Lutero avete una giusta idea, e l'altro Regno, quello che, dopo la resurrezione, sarà stabilito nel mondo per mille anni. Tutti i versetti che trattano del regno spirituale di Gesù Cristo hanno rapporto con il tempo della sofferenza, ma quelli che si trovano nei profeti e nell’Apocalisse e che trattano del regno temporale devono essere rapportati al tempo di gloria e di potenza che Gesù Cristo avrà nel mondo con i suoi... Il nostro regno di Münster è stato un’immagine del regno temporale del Cristo...
Ma cosa sono queste interpretazioni spirituali e a cosa servono se nulla deve realizzarsi un giorno?» (Risposta di Jan de Leyde ai ministri cattolici che gli obiettavano che Gesù Cristo sosteneva che il suo regno non era di questo mondo).
 
 
[Yves Delhoysie-Georges Lapierre, L’incendie millénariste, 1987]
 
1. La Lega anseatica (Hansa) era un’alleanza di città che nel tardo Medioevo (fu fondata nel XII secolo) e fino all’inizio dell’era moderna mantenne il monopolio dei commerci su gran parte dell’Europa settentrionale e del mar Baltico.
2. Il Capitolo è un’assemblea di religiosi dotata di personalità giuridica e di autorità normativa.