Brulotti

Punti di vista

 
Ben sapendo che i punti di vista si possono suddividere a grandi linee in due categorie, il proprio e quello sbagliato, è con una certa ilarità che stiamo assistendo alle due baruffe istituzionali scoppiate in queste ultime ore. La prima, di carattere politico-storiografico internazionale, riguarda la questione delle foibe. La seconda, di carattere ingegneristico-contabile nazionale, riguarda invece la costruzione della linea dell'Alta Velocità in Val Susa. Ci sembra che la discrepanza venutasi a creare in entrambi i casi fra le parti in causa, e su quanto viene presentato con dati di fatto alla mano, mostri bene la finzione su cui poggia la politica.
 
Dunque, con negazionismo s’intende quella corrente del revisionismo che non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia contemporanea, ma che per fini ideologico-politici arriva a negare l'esistenza stessa di eventi storici particolarmente aberranti quali genocidi, massacri, pulizie etniche (l'esempio più noto è dato da chi, per lo più di estrema destra, nega l'esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio nazisti e l'intenzione di Hitler di compiere un genocidio di ebrei). In occasione della celebrazione della «giornata del Ricordo», il presidente della Repubblica italiana ha dichiarato, riferendosi a quanto accaduto oltre il confine orientale dal 1943 al 1945, che «non si trattò — come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare — di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile — al tempo stesso ideologico, etnico e sociale — vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni», mentre l'italiano presidente del Parlamento europeo al termine del suo discorso commemorativo ha salutato «l'Istria italiana e la Dalmazia italiana».
Tutta questa enfasi nazionalista da parte degli smemorati politici italiani — disponibili a portare un fiore ad Auschwitz, ma che non sanno nemmeno dove sia Arbe, isola croata che ospitava il campo di concentramento italiano in cui furono rinchiuse 10.000 persone, 1.500 delle quali morirono — ha ovviamente scatenato l'ira dei politici dell'altra parte del confine, i quali a loro volta devono annualmente commemorare i propri connazionali massacrati all'epoca dall'esercito italiano. E quindi ecco il premier sloveno scagliarsi contro il «revisionismo storico senza precedenti» espresso dai colleghi italiani, i quali si sono dimenticati che «il fascismo era un fatto, e aveva lo scopo di distruggere il popolo sloveno». 
In effetti, ehm... chi aveva invaso chi? Era stata l'Italia di Mussolini ad invadere, assieme alla Germania di Hitler, il territorio jugoslavo nell'aprile del 1941. E in quei due anni che precedettero il primo «infoibamento», come si comportarono i soldati italiani? Ovviamente da fascisti alleati dei nazisti quali erano: «abbiamo distrutto tutto da cima a fondo senza risparmiare gli innocenti. Uccidiamo intere famiglie ogni sera, picchiandoli a morte o sparando contro di loro. Se cercano soltanto di muoversi tiriamo senza pietà e chi muore muore».
Dunque, chi rivede cosa? Se chi osa far notare che la maggior parte dei cadaveri estratti dalle foibe facevano parte delle forze armate italiane e che la tragedia vissuta dalla popolazione italiana là residente fu la tempesta partigiana raccolta dopo la semina del vento nazi-fascista è solo un cinico negazionista, cosa si può dire di chi tace sui massacri compiuti dall'esercito italiano in Jugoslavia al fine di far passare per vittime i carnefici in tricolore? 
 
Allora, questa linea ferroviaria ad Alta Velocità fra Torino e Lione è conveniente farla, sì o no? L'analisi costi/benefici effettuata da alcuni periti ed appena resa pubblica dall'attuale governo dice di no. Troppe spese, pochi guadagni. Con un saldo negativo di sette miliardi di euro, meglio lasciar perdere. Ma come?! Dopo tutti questi anni, dopo aver sventrato una montagna, dopo aver militarizzato una valle, dopo aver represso chi si opponeva, e soprattutto prima di riscuotere fino all'ultimo euro dei finanziamenti europei? Apriti cielo! 
I fautori del Signorsì sono passati subito al contrattacco, su tutti i fronti. C'è chi ha messo in dubbio la correttezza delle conclusioni riportate nel documento («numeri risultato di un lancio di dadi»), c'è chi ha ricordato che non è stato firmato all'unanimità dai periti consultati (ma solo da «cinque capricciosi esperti», per cui «quella analisi è carta straccia»), c'è chi ha messo in dubbio la neutralità dei firmatari («è una analisi truffa realizzata per far quadrare i conti in base a quello che vuole il padrone»)... Si tratta di osservazioni tutto sommato logiche.
Logiche, sì, ma anche rovesciabili. La matematica non sarà un'opinione, ma basta cambiare sistema di calcolo per ottenere risultati diversi. Quando più periti, esperti in un determinato campo, vengono consultati per formulare un parere su una questione tecnica precisa e sostengono tesi diametralmente opposte, ciò cosa significa? Che le perizie non servono a nulla. Che non può esistere alcuna oggettività sulla questione, vista la variabilissima soggettività dei criteri con cui esaminarla (e che quindi è del tutto inutile imparare a memoria e dare numeri, snocciolando tabelle sulla quantità di detriti da smaltire, di polveri sottili nell'aria, di decibel di rumore... come si sono incaponiti a fare negli ultimi anni numerosi oppositori delle nocività, nella speranza che accantonando idee bollenti a favore di freddi dati si risultasse Non-ideologici, Competenti & Convincenti).
Ma una volta assodato che le perizie sono solo numeri su una lavagna, facilmente cancellabili e riscrivibili da chi viene dopo, allora quale sarebbe la differenza sostanziale fra l'analisi tecnica No Tav e l'analisi tecnica Sì Tav? Nessuna. Senza rendersene conto, con le sue stesse critiche il fronte del Signorsì ha appena ammesso che anche i suoi dati tecnici, quelli che dimostrerebbero la necessità del Tav, sono il frutto di un lancio di dadi, fatto da periti capricciosi che obbediscono al proprio padrone. 
Carta straccia ideologica, insomma. 
 
Ogni falso dilemma ha come conseguenza quella di non lasciare scelta, prima di tutte la scelta di respingere i termini del dilemma. La disputa istituzionale internazionale sulle foibe, ad esempio, non tiene minimamente conto che ogni Stato è un massacratore. Massacra per nascere, per consolidarsi, per espandersi, per difendersi. In Istria le popolazioni di varia origine avevano convissuto tranquillamente per secoli, fino all'emergere degli Stati-nazione. È stata l'invenzione dell'identità nazionale, con il fanatismo ideologico che ne deriva, a scatenare la ferocia da tutte le parti. Durante la seconda guerra mondiale in quelle lande l'esercito regolare dello Stato italiano costituito ha massacrato un gran numero di civili inermi, l'esercito irregolare dello Stato jugoslavo in costituzione... pure. Ma non è forse ciò che ha sempre fatto qualsiasi esercito, a qualsiasi nazione esso appartenga, in qualsiasi epoca della storia? È mai esistita una guerra combattuta da uno Stato che non abbia commesso «crimini di guerra»? La prima battaglia affrontata dall’esercito italiano dopo la fine della seconda guerra mondiale, quella di Mogadiscio nel 1993, al check-point Pasta, come andò? Un agguato da parte dei guerriglieri somali contro l’esercito invasore (gli itagliani bravaggente che torturavano con elettrodi ai genitali i prigionieri e stupravano con razzi illuminanti le «faccette nere belle abissine»), tre morti fra i soldati italiani ed una rappresaglia che fece 300 morti fra i somali, la stragrande maggioranza dei quali civili. E chi finanzia e comanda un esercito, ed è oggi co-responsabile degli innumerevoli morti annegati nel Mediterraneo, vorrebbe pure passare per vittima innocente? Come se il sangue versato dai partigiani comunisti jugoslavi diluisse fino a trasformare in acqua quello versato dai militari fascisti italiani.
Allo stesso modo, la disputa relativa ai costi/benefici del Tav non tiene conto che le grandi opere non vengono mai progettate e realizzate perché sono utili alla popolazione. Il progresso industriale si autoriproduce e non ha più un fine specifico da perseguire. Quale utilità, quale beneficio dovrebbe apportare all’umanità, considerato che l’ha fatta entrare nella sesta ed ultima estinzione di massa, privandola di ogni autonomia e rendendo impensabile il futuro? Le piramidi non erano utili, esprimevano la potenza dell’antico imperatore. Oggi, ad imperare con pari sacralità è la Scienza, e le infrastrutture sono la moderna materializzazione della sua potenza.
In questo senso, lo stupore unito a vera e propria indignazione da parte del Partito del Signorsì davanti agli oppositori del Tav è pure comprensibile. In effetti, una società dove il mito del Progresso insegna che la natura va conquistata e la legge del Capitalismo ricorda che il tempo è denaro (da qui il fast-food, cibo costruito ad uso delle macchine umane affinché non perdano posizioni durante le pause di rifornimento carburante), perché mai dovrebbe rifiutare l'Alta Velocità? Solo perché qualche perito dice che non è economicamente conveniente? Ma perché, la prima macchina a vapore lo era? «Si pensa di fabbricare automobili, si fabbricano mondi», diceva uno dei primi critici del progresso industriale. 
A seconda dei punti di vista, il dio degli uni è il diavolo per gli altri. Ma gli atei non amano le messe, bianche o nere che siano. 
 
[14/2/19]