Brulotti

Schiavi oppure operai?

James Henry Hammond
 
Il 4 marzo 1858 James Henry Hammond, senatore ed ex-governatore del South Carolina, nonché ricco proprietario di schiavi, tenne al Senato degli Stati Uniti un memorabile discorso in favore della schiavitù. La sua assai poco ironica analogia fra gli schiavi del Sud e gli operai del Nord fece infuriare molti suoi colleghi politici nordisti. Persino i più razzisti fra loro mostrarono di non gradire le sue parole. In effetti non capita tutti i giorni di sentire pronunciare, e con sprezzante sincerità, l'apologia della gerarchia sociale basata sulla divisione di classe. Ricordiamo che l'onorevole James Henry Hammond — secondo cui gli schiavi erano i più fortunati dei neri, «felici e contenti» di venire elevati grazie alla schiavitù — stuprò ripetutamente almeno due delle sue schiave (una delle quali, la prima volta, aveva appena 12 anni).
Quello che segue è un estratto del suo disgustosamente istruttivo discorso.
 
In tutti i sistemi sociali ci deve essere una classe per adempiere agli umili doveri, per svolgere il lavoro ingrato della vita. Ovvero una classe con un basso grado di intelligenza e poca abilità. I suoi requisiti siano vigore, docilità, fedeltà. Occorre che ci sia una classe di tal fatta, altrimenti non esisterebbe quell'altra classe che conduce al progresso, alla civiltà e alla raffinatezza. Essa costituisce il vero basamento della società e del governo politico, senza il quale potreste anche tentare di costruire una casa in aria…
Fortunatamente per il Sud, si ritrova una razza adatta a questo scopo. Una razza assai inferiore, ma eminentemente qualificata per temperamento, vigore, docilità, capacità di sopportare il clima, di corrispondere alle sue richieste. Li usiamo per i nostri scopi e li chiamiamo schiavi. Li abbiamo definiti schiavi con il comune «consenso dell'umanità» che, secondo Cicerone, «lex naturae est»La principale prova di ciò è la legge della Natura. Siamo ancora vecchio stile, al Sud; schiavo è una parola ora scartata dalle «orecchie educate». Non definirò quella classe al Nord con quel termine, ma voi l'avete. È lì, è in ogni luogo, è eterna.

Il senatore di New York ha detto ieri che il mondo intero ha abolito la schiavitù. Sì, il nome, non la cosa; tutte le potenze della terra non possono abolirla. Dio solo può farlo qualora rinneghi l'ordine «il povero che hai sempre con te». Perché l'uomo che vive con il lavoro quotidiano, e vive a malapena grazie ad esso, e che deve mettere il proprio lavoro sul mercato per ricavarne il meglio che può ottenere — in breve, la vostra intera classe prezzolata di lavoratori manuali e «operativi», come li chiamate voi — essenzialmente è formata da schiavi. La differenza fra noi e voi è che i nostri schiavi sono assunti a vita e ben ricompensati; non c'è fame, né accattonaggio, né bisogno di lavoro tra la nostra gente, e neanche troppo lavoro. I vostri sono assunti di giorno in giorno, non vengono curati e sono malamente ricompensati, il che può essere provato nel modo più doloroso a qualsiasi ora in qualsiasi strada di una qualsiasi delle vostre grandi città. Perché s'incontrano più mendicanti in un solo giorno, in una singola strada di New York, di quanti se ne incontrerebbero nel corso di una vita in tutto il Sud. Non pensiamo che i bianchi debbano essere schiavi né per legge né per necessità. I nostri schiavi sono neri, di un'altra ed inferiore razza.