Brulotti

Il placebo del cittadinismo

«Medicamento dato più per compiacere il paziente che per fornirgli beneficio»
Hoopers Medical Dictionary, 1811
 
È uno dei più diffusi e comuni esperimenti che vengono fatti in ambito medico-farmacologico. La comparazione in termini di efficacia tra un nuovo preparato o un nuovo procedimento testato su un gruppo di pazienti, ed una sostanza neutra e innocua – il placebo appunto – somministrata ad un altro gruppo altrettanto numeroso di pazienti. Affinché l'esperimento risulti attendibile, sia i pazienti che il medico incaricato non devono assolutamente sapere a chi verrà dato il farmaco vero e a chi quello fasullo (metodo «doppio cieco»). Da qui la possibilità di verificare l’esistenza dell’effetto placebo, il quale presuppone che determinate malattie possano migliorare o addirittura guarire con la somministrazione di sostanze innocue semplicemente perché sono state prescritte al paziente come medicine. 
Nei primi anni 90, la più prestigiosa rivista medica del mondo spiegava in termini chiari ed inequivocabili quali siano i fattori che rafforzano l’effetto placebo: 
- la fiducia del paziente nel medico ne incrementa la portata, come pure gli attestati appesi alle pareti del suo studio;
- l’effetto aumenta se si spiega al paziente il supposto meccanismo d’azione del farmaco;
- l’effetto è migliore nei pazienti ansiosi e in quelli dotati di scarsa capacità critica.
Insomma, l'efficacia dell’effetto placebo dipende principalmente dalla suggestionabilità del paziente di fronte al carisma del medico, ed a caratteristiche quali il colore, il nome e persino il costo del preparato. 
Ora, se si esce da cliniche e da ospedali e si scende in strade e piazze, laddove il malessere da curare non è più quello che colpisce il solo corpo umano ma l'intera vita sulla terra, non ci si imbatte forse in terapeuti e sperimentatori sociali, propinatori a vario titolo di qualche placebo? Anch’esso privo di principi attivi, e quindi in sé del tutto incapace di modificare e migliorare alcunché, ma sgargiante nella sua confezione, il suo effetto si basa unicamente sulla creduloneria di chi lo assume. Nella più pura ignoranza dei rimedi naturali, il placebo funziona come un farmaco. Allo stesso modo, nella più assoluta ignoranza dell'azione diretta, il cittadinismo funziona come una politica. Per cittadinismo qui si intende quella vasta galassia para-istituzionale (movimenti sociali, liste civiche, associazioni di volontariato, sindacati di base, piccoli gruppi e collettivi di attivisti, con i loro rispettivi padrini-interlocutori parlamentari) che vorrebbe guarire lo Stato dal suo autoritarismo, ed il capitalismo dal suo interesse privato. È composto da tutti coloro che vorrebbero istituzioni attente al bene comune, merci senza logo, decrescite industriali serene, tribunali imparziali, economie circolari, banche etiche, energie rinnovabili, mercati equi e solidali... tutte ricette che possono venire somministrate soltanto a chi sia sprovvisto di un pensiero critico.
Sono talmente forti le similitudini e le analogie tra preparato medico e composto politico che per capire la modalità di funzionamento del secondo basta osservare quella del primo. Ad esempio, è assai indicativo osservare su chi e come si verifica il così detto effetto placebo. Da studi clinici emerge che si manifesta soprattutto nel corso di terapie a presunte malattie mentali ed a quelle psicosomatiche e somatiche. Nel trattamento delle depressioni pare che la differenza di efficacia tra farmaco e placebo sia appena del 25% circa, mentre nelle sindromi maniacali e nelle schizofrenie questa differenza salga al 50% circa. Ovviamente, l'efficacia terapeutica del placebo varia a seconda delle patologie trattate, ma in certi casi può raggiungere l'80% dei pazienti. L'effetto placebo è stato riscontrato maggiormente nelle patologie croniche, e pare ormai dimostrato che risulti tanto più attivo quanto più drammatico è il contesto in cui viene somministrato il relativo farmaco. 
Ciò cosa significa? Che più un paziente è esasperato, prostrato dal male, convinto di non avere altro scampo, più la sua psiche è disposta a ritenere vero ciò che è falso. Stremato da un sistema parlamentare talmente corrotto e marcio da vanificare ogni speranza di cambiamento, privato di un orizzonte sociale degno di essere ammirato, sprovvisto degli abituali punti di riferimento teorico, disilluso in merito ad un reale rinnovamento dei partiti, anche il tipico elettore orfano della vecchia sinistra – depresso e dissociato mentale – si aggrappa con forza al salvagente cittadinista che gli promette di salvarlo dal naufragio politico.
Secondo alcuni studiosi, i pazienti sensibili all'effetto placebo sarebbero accomunati da uno stile di vita con un alto senso di responsabilità; la dipendenza indotta dal dolore o dalla malattia pare provochi un grosso senso di frustrazione che i soggetti sono impreparati ad affrontare e controllare. Il risultante bisogno emotivo causerebbe l'autoinganno del sollievo del placebo, collegato al fatto che un livello culturale elevato può generare una maggiore fiducia nei progressi della medicina. Non corrisponde forse alla descrizione di quegli eruditi professori, lucidi intellettuali, peritosi esperti, strategici militanti, di tutto quel ceto politico tanto responsabile quanto frustrato nel suo senso di (contro)Stato, e quindi bisognoso del sollievo cittadinista alimentato dalla sua fiducia nel progresso delle istituzioni?
Significativo nel placebo è anche il notevole successo riscontrato nell'indurre un effetto analgesico. La soglia del dolore del paziente a cui viene somministrato aumenta, permettendogli di resistere a sofferenze prima inimmaginabili. Si tratta dello stesso effetto constatabile nel militante e nel simpatizzante di un movimento-partito o di una lista civica giunti al potere. Sull'onda delle endorfine stimolate dal trionfo elettorale, la loro resistenza agli abusi, alle ipocrisie, all'opportunismo, ai tradimenti, all'arroganza di chi esercita il potere aumenta in modo esponenziale. 
Vale inoltre la pena ricordare che elementi significativamente attivi nel generare un effetto placebo sono anche il colore, il sapore, la dimensione, il nome e il prezzo del prodotto. Preparati con colori vivaci e dal nome immaginifico si dimostrano più efficaci, essendo in grado di colpire maggiormente la fantasia del paziente. Determinati colori sembrano capaci di influenzare selettivamente alcuni tipi di patologie: il verde sarebbe più efficace nei confronti dell'ansia, mentre il giallo pare sia il colore ottimale per contrastare la depressione (come ben sanno gli ingegneri d'anime del movimento grillino). 
L'effetto placebo nasce e si sviluppa all'interno del rapporto che si instaura tra medico e paziente, magari in un ambiente simbolicamente significativo (come l'ospedale e la clinica per il dottore o l'assemblea e la rete per il cittadinista). Questo perché lo stato psicologico del paziente incide sulla sua reattività. Più alto è il livello di partecipazione del soggetto, più grande è la sua sofferenza, più convincente è la parlantina del medico, e maggiore è la probabilità che il placebo dia sollievo. Anche qui l'analogia con lo sfrenato attivismo dei cittadinisti, ognuno dei quali ha il proprio leaderino da cui dipendere, è evidente. Poiché la fiducia nella validità del trattamento sembra influenzare molto il successo del placebo, i medici che lo somministrano ostentano tutto il loro entusiasmo ed il loro ottimismo in proposito. Questo perché l'effetto placebo può essere interpretato come un riflesso condizionato di tipo pavloviano. La creazione e la forza di un tale riflesso dipendono molto dalla personalità del medico che con la sua fama, la sua dialettica, la sua abilità di persuasione favorisce l'instaurarsi del condizionamento.
Con il cittadinismo avviene lo stesso identico fenomeno. Guru telematici, capi politici, oratori d’assemblea si sprecano nel decantare le virtù terapeutiche del voto, della consultazione, del corteo, anche e soprattutto laddove il voto, la consultazione ed il corteo sono palesemente impotenti e fasulli. Poco importa che le istituzioni non verranno messe sottosopra, che la lotta non conoscerà alcuna svolta in senso radicale, che le condizioni di vita non miglioreranno affatto, anzi, che le cose andranno palesemente di male in peggio. Poiché nella genesi e nella cura della malattia è inscindibile il rapporto fra mente e corpo – proprio su questo legame si basa l'effetto placebo – anche il cittadinismo non mira a modificare la sostanza delle nocività bensì la loro percezione. Tra i meccanismi psicologici fondamentali nella genesi dell'effetto placebo e del cittadinismo giocano quindi un ruolo fondamentale la suggestione e l'autosuggestione. 
Va da sé che l'impiego del placebo pone in campo medico alcuni problemi di natura etica. Il suo uso comporta infatti un deliberato inganno e uno sfruttamento del paziente. L'uso della menzogna «a fin di bene» risulta per molti discutibile in quanto vengono compromessi l'autonomia e la dignità del paziente, nonché la sua libertà di gestire personalmente la propria salute o malattia. Ciò spinge alcuni medici ad attribuire al placebo il «grave costo etico dell'inganno e della disonestà», mentre altri preferiscono ricordare che l'efficacia del «compiacere il paziente» era nota fin dall'antichità, se nella Repubblica di Platone si legge che «una menzogna è utile soltanto come medicina per gli uomini. L'uso di tale medicina sarebbe riservato al medico». 
Come è noto esistono due grandi scuole di pensiero in materia di etica: una guarda la conseguenza di un atto e quindi il risultato (il paziente migliora con il placebo, come il sinistrato migliora con il cittadinismo), l'altra guarda il significato dell'atto in sé (la menzogna implicita). Dentro cliniche ed ospedali, la prima viene considerata una visione utilitaristica della medicina, la seconda una visione deontologica. Ma fuori dalla medicina tale problema non si pone mai: notoriamente la politica è per eccellenza l'arte della menzogna. Che il fine giustifichi i mezzi è una banalità per ogni aspirante capopopolo (o piccolo Machiavelli al servizio dell'aspirante capopopolo).
I placebo di entrambi i campi soffrono anche dello stesso limite. Non essendo tutti i mali esclusivamente psicosomatici, per guarire da essi l'autosuggestione non basta. Un preparato presentato in modo fantasmagorico spazzerà forse via la depressione nei più ingenui, ma di certo non guarirà il cancro ai polmoni di chi vive accanto all'Ilva di Taranto. Un reddito di cittadinanza darà forse un po' di sollievo alla povertà più estrema, ma di certo non eliminerà lo sfruttamento né otterrà l’uguaglianza sociale. Se già il ricorso ai farmaci è assai discutibile (essendo quasi sempre inutile, in quanto facilmente sostituibile da rimedi naturali, e il più delle volte nocivo) per affrontare la malattia del corpo, da parte sua il cittadinismo è una vera e propria frode letale per contrastare la cancrena sociale. La fine fatta da chi è entrato in Parlamento con l'intento di aprirlo come una scatola di tonno, e si ritrova ora dentro la tonnara delle alleanze, è l'ennesima dimostrazione dell'inettitudine di ogni riformismo politico. Non si tratta di cambiare palestra in cui esercitarsi in qualche ginnastica dell'obbedienza, indossando magari una tuta rossa proletaria anziché una gialla legalitaria – si tratta di capire che la salute è in noi, non è mai fuori di noi. 
 
[28/3/19]