Brulotti

Per ricantare amore

Virgilia D’Andrea
 
Aprite la prigione, o carceriera!

È tanto tempo che non vedo il cielo…
 
Voglio sognar che splenda primavera

Fresca ed aulente nel gemmato velo.
 
E date, al sogno, palpito di sole!…

Tanto… il pensier, non muterà giammai:

L’ardita vetta, spasimante, vuole

Pur se tenaci aventino i rovai.
 
Pur se implacata addensi la tempesta

E l’onda ancor minacci di salire,

Tra i foschi lampi insormontato resta:

«Per questa idea o vincere o morire».
 
Aprite, dunque! Ch’io riveda ancora,
Sopra uno sfondo di bizzarre rose,
Che il sol, fremente, col suo abbraccio indora
«L’orrido bello» che al mio cor s’impose.
 
I verdi clivi ed i Morroni foschi,

Le bianche vette ed i sentier montani,

I castagneti e i nereggianti boschi,

L’avido fiume e l’ombra de gli ontani…
 
Le minaccianti rupi e le profonde
Gole scoscese fra silvestri incanti,

Le zampillanti, al sol, querule onde,

Turchesi ed oro, ad atomi al verde,
 
E le case disperse in mezzo al verde,

O appollaiate su le rupi oscure,

Dove risuona e lento, alfin, perde

Il canto che vien su da le pianure.
 
Aprite, dunque! È per cantare «amore»

Che oggi m’afferra limpida armonia;
 
Mi fulge, attorno, un sogno di splendore

E ne voglio raggiar tutta la via.
 
E risentirmi tra il falciato fieno,

Tra il forte muschio e l’aspro odor dei campi,

De l’estro ardente, mentre il cor n’è pieno,

Cogliere voglio i suoi fugaci lampi.
 
E farne, palpitante, una canzone,

Che sotto i cieli di turchese tinti,

Passi e ripassi, spola di passione

E i tristi umani risollevi avvinti.
 
Carceri di Milano
[1/12/1920]