Miraggi

Col coltello fra i denti

António José Forte
 
Lo spettacolo d’orrore più bello siamo noi. Questa faccia con cui amiamo, con cui moriamo, non è la nostra; né queste cicatrici sempre fresche al mattino; e nemmeno queste parole che invecchiano nel breve volgere di un giorno. La notte accoglie le nostre mani come fossero delle intruse, come se il suo regno non fosse il loro, non fosse una loro invenzione. Solo a fatica, pericolosamente, i nostri sogni abbandonano la propria pelle per mostrarsi alla luce diurna e implacabile. La nostra miseria vive fra le quattro mura sempre più anguste della nostra disperazione. E questa miseria, realmente nostra, non riesce in alcun modo ad abbattere quelle mura. Così viviamo murati, senza possibilità di comunicare, limitati nell’odio e nell’amore. E cerchiamo l’uscita — la vera, la sola — e sbattiamo la testa contro il muro. A questo gioco, c’è chi vince la rabbia e chi perde l’amore.
Ormai non è più tempo per le confusioni — la Rivoluzione è un momento, il rivoluzionario tutti i momenti. Non si può confondere l’amore per una causa, ad esempio per la patria, con l’Amore. Non si può confondere l’adesione a modelli etnici con l’amore per l’umanità e la libertà. Non si può confondere! Chi ama il proprio paese natale resti nel suo paese natale; chi ama il folclore non si trasferisca in città. Essere poveri non è condizione sufficiente per guadagnare il cielo o l’inferno. Non essere morti non significa necessariamente essere vivi, così come non scrivere non sempre equivale ad essere analfabeti. Ci sono morti nelle tombe assai più presenti in vita di quanto si pensi e persone che, senza aver mai scritto una riga, hanno fatto per la parola più di una intera generazione di scrittori.
L’azione poetica implica: un’attitudine appassionata nei confronti dell’amore, un’attitudine intransigente nei confronti dell’amicizia, un’attitudine pessimistica nei confronti della Rivoluzione, un’attitudine minacciosa nei confronti della società. Le visioni poetiche sono autonome e la loro comunicazione esoterica.
I profeti, i riformisti, i reazionari, i progressisti sgraneranno gli occhi e subito li chiuderanno per la vergogna. Li chiuderanno come tutto sommato fanno di solito e sprofonderanno nelle loro profezie. Daranno uno sguardo sotto la propria cintola e poi serreranno gli occhi con vergogna. Si abbandoneranno senza ritegno alla falegnameria delle loro tavole di valori e le brandiranno sopra le nostre teste come modelli di vita, d’arte, d’amore, e poi chiuderanno gli occhi con vergogna davanti alle più crudeli manifestazioni della vita, dell’arte e dell’amore.
Ma non importa, perché so di non essere solo nella mia disperazione e nella rivolta. Lo so per la luce che passa da un uomo all’altro quando qualcuno fa il gesto di uccidere, per quella che si spegne in ogni uomo alla vista dei massacri, lo so per le parole che urlano, per quelle che sanguinano, per quelle che lacerano le labbra, lo so per i giochi selvaggi dell’infanzia, per uno stendardo nero sul cuore, per la luce crepuscolare aguzza come un coltello nell’occhio, per le città che si abbordano durante le tempeste, per quelli che si avvicinano a petto scoperto sul far della notte — uno alla volta si mordono i polsi e cantano —, lo so per gli animali feriti, per quelli che cantano nei supplizi.
È per questo, per non essere frainteso né ora né mai, che dichiaro la mia rivolta, la mia disperazione, la mia libertà, che dichiaro tutto ciò con un coltello fra i denti, una frusta in mano e perché nessuno si avvicini a meno di mille passi
 
Tranne te amore mio tranne te 
amore mio
 
mio ragno magico aggrappato al mio petto
con le zampe aguzze piantate nel mio sesso
e con la bocca nella mia bocca
nei tuoi capelli conto gli anni della mia infanzia
li appunto con spilli d’oro su di un cuscino bianco 
un anno due anni un secolo
uno spillo adesso nella gola di questo uccello 
così vicino e così vivo
un altro spillo l’ultimo il più grosso
nel mio stesso plesso
 
amore mio
nei tuoi capelli calcolo i giorni e le notti
e la distanza che va dalla Terra alla mia infanzia 
e che nessun aereo ha ancora percorso
conto le città e i popoli i vivi e i morti
e mi restano da contare ancora parecchi capelli 
ed anni e anni mi resteranno da contare
 
difendimi finché avrò contato 
il tuo ultimo capello
 
[Machete, n. 3, 11/2008]