Brulotti

Fuoco alla nazione start-up

Martedì 8 ottobre 2019 a Villeurbanne, un incubatore di start-up è bruciato verso le 7 del mattino, ricoprendo la zona di Lione con un bel pennacchio di fumo. Il fuoco sarebbe partito dall’immondizia per poi propagarsi al Bel Air Camp, un ex magazzino Alstom dove funzionavano «una cinquantina di start-up e di piccole e medie imprese, con circa 350 dipendenti, che stanno lavorando all’ “industria di domani”» (robotica, realtà aumentata, commercio elettronico, design…).
Più precisamente, 58 start-up erano installate nella parte orientale della città in 10.000 m2 di locali, 7000 dei quali sono finiti in cenere. Nessuna di queste società era classificata Seveso.
 
«Tutti i nostri prototipi sono andati in fumo. Eravamo in una fase di preindustrializzazione. Oggi non ci è rimasto granché: né ufficio, né computer, né mezzi di comunicazione, né documenti», lamenta Julie Fessy della start-up Meersens. Hease Robotics è stata colpita più duramente: «Siamo andati sul posto con i nostri collaboratori ed è stato un vero shock. Siamo tutti traumatizzati», afferma Jade Le Maître, co-fondatrice della start-up di Lione con 16 dipendenti. «Tutte le nostre scorte di robot sono sfumate. È una perdita enorme», afferma la donna, che stima l'entità del danno in oltre un milione di euro. «Ci vorranno dagli otto ai dieci mesi per realizzare un altro robot. Nel frattempo, come farò con l'azienda, coi dipendenti, cosa consegneremo ai clienti?» 
[…] Se respirare i fumi di un incendio non è mai una buona idea, in effetti è inutile fare gli allarmisti e i rischi qui non hanno nulla a che vedere con quelli affrontati dalla popolazione di Rouen. C’è da dire che il vantaggio di un fab lab (laboratorio di fabbricazione digitale) – o di un incubatore di start-up, o di un vivaio di imprese... tre espressioni che al giorno d’oggi significano grosso modo la stessa cosa – è che quando brucia, le uniche cose che vanno in fumo sono uffici condivisi, cialde di caffè, macbook, stampanti 3D e i progetti di merda che ne derivano. Non solo tutto questo inquina moderatamente, ma inoltre è piuttosto piacevole vederlo bruciare. 
Inaugurato nel 2016, Bel Air Camp si è auto-battezzato «la tana dell'industria di domani». Il luogo offre «uffici, officine private, un parco-macchine, sale riunioni... consentendo a start-up, a piccoli e grandi gruppi di far crescere il loro progetto in una comunità con diversi profili». Non è un sogno? Come qualsiasi altro luogo del genere, Bel Air Camp ospita anche molte realtà dai nomi più o meno comprensibili ma che mirano a dare un tocco di eleganza a questo capitalismo in salsa digitale: Meetup, Slack Chain [?!], palestre, sessioni d’iniziazione alla stampa 3D e al taglio laser o pranzi mensili per creare sinergie commerciali con altre aziende della zona...
Tra le start-up (i funzionari del Bel Air Camp le definiscono «pepite») ospitate si può trovare un po’ di tutto: scatole che forniscono cibo biologico, un'altra composta da mamme «che creano prodotti belli e intelligenti per conservare i ricordi d'infanzia» (sic!), sviluppatori e mezzi di comunicazione di ogni tipo, specialisti della realtà aumentata, informatici, produttori di droni sottomarini e di robot, architetti, ecc. Tra le altre, persino un’associazione «che spinge e coordina i concorsi regionali e nazionali, fasi di selezione per costituire la squadra di Francia dei Mestieri con la vocazione di difendere i colori della Francia nella competizione internazionale WorldSkills».
In generale, tutto ciò viene presentato come molto virtuoso. MCE-5 si presenta come trasformatrice di «invenzioni uscite dalla ricerca in tecnologie innovative, da trasferire all'industria allo scopo di ridurre l'impatto ambientale della propulsione automobilistica» (decodificando, ciò significa trarre profitti dall’industria automobilistica finanziata con fondi pubblici). Oltre a quella automobilistica, anche l'industria della bicicletta è ben rappresentata, con due produttori di scooter, uno specialista di batterie e un costruttore di biciclette di bambù (difettose perché infiammabili). Più divertente, nelle scatole bruciate troviamo imprese «che sviluppano soluzioni app + IoT per testare se l'ambiente circostante (aria, acqua, cibo, rumore, ...) presenti rischi per la salute» e «servizi di allarme innovativi per prevenire i rischi e migliorare la sicurezza». In breve, Bel Air Camp era un po’ una corte dei miracoli e una caricatura di questo genere di posti. Amen!
 
[liberamente tradotto da sansattendre.noblogs.org]