Brulotti

Traditori della razza

Race Traitor
 
Nata nello spirito di John Brown, la rivista Race Traitor (1993-2005) fu fondata da Noel Ignatiev e John Garvey per dar voce al Movimento del Nuovo Abolizionismo. Il suo obiettivo era quello di abolire la razza bianca bloccando le istituzioni e le pratiche che la riproducono (ad esempio, il sistema di giustizia penale, il sistema educativo, il mercato del lavoro). A tale scopo, Race Traitor esortava le persone nominalmente classificate come bianche a sfidare le «regole bianche» in modo così vigoroso da mettere a repentaglio i propri privilegi, diventando «traditori della razza» in grado di dare vita a nuovi rapporti. Sebbene nata su iniziativa di professori universitari legati all'estrema sinistra, Race Traitor non fu mai indulgente né col gergo accademico né con la retorica attivista-militante.
Il testo che segue, apparso alcuni anni fa su Machete, era stato ricavato da ampi stralci degli articoli: Abolish the white race – By any means necessary (n. 1, inverno 1993), When does the unreasonable act make sense? (n. 3, primavera 1994), Anti-fascism, “anti-racism” and abolition (n. 3, primavera 1994).
 
 
La razza bianca è una formazione sociale costruita storicamente — costruita storicamente perché (come la sovranità) è un prodotto delle risposte di alcune persone a circostanze storiche; una formazione sociale perché è un fatto sociale corrispondente a nessuna classificazione riconosciuta dalla scienza naturale. 
La razza bianca attraversa le linee etniche e di classe. Non si estende con quella parte della popolazione di discendenza europea, giacché molti fra coloro classificati «di colore» possono rintracciare alcuni dei loro avi in Europa, mentre nelle vene di molti considerati bianchi scorre sangue africano, asiatico o indiano americano. Né l’appartenenza alla razza bianca implica benessere, dato che esistono moltissimi poveri bianchi, così come esistono alcune persone che vivono nella ricchezza e nell’agio e non sono bianchi. 
Alla razza bianca appartengono coloro che sono compartecipi dei privilegi della pelle bianca in questa società. I suoi membri più disgraziati condividono una condizione maggiore, per certi aspetti, delle più celebri persone escluse da essa, e in cambio essi danno il loro sostegno al sistema che li degrada. 
Reclamare l’abolizione della razza bianca è diverso da quel che viene chiamato «antirazzismo». Il termine «razzismo» ha finito con l’essere applicato a tutta una serie di comportamenti, alcuni dei quali incompatibili, e si è svalutato fino a significare poco più di una tendenza a non gradire certe persone a causa del colore della loro pelle. Inoltre l’antirazzismo ammette l’esistenza naturale delle «razze», pur operando delle distinzioni sociali fra esse. Gli abolizionisti affermano, al contrario, che le persone non sono favorite socialmente perché bianche; piuttosto vengono definite «bianche» perché sono favorite. La razza in sé è un prodotto della discriminazione sociale; finché esisterà la razza bianca, tutti i movimenti contro il razzismo saranno votati al fallimento. 
L’esistenza della razza bianca dipende dalla volontà di quelli che pongono i loro privilegi razziali al di sopra dei loro interessi di classe, di sesso, etc. La defezione di un numero sufficientemente elevato dei suoi membri affinché essa cessi di determinare sistematicamente il comportamento di tutti scatenerà scosse telluriche che condurranno al suo crollo. 
Il tradimento della razza bianca è lealtà verso l’umanità. La razza bianca è un club, che arruola alcune persone alla nascita senza il loro consenso, e le alleva secondo le proprie regole. Per la maggior parte, i suoi membri trascorrono tutta la vita accettando i vantaggi della loro appartenenza al club, senza interrogarsi sui costi. Quando alcuni individui rimettono le regole in discussione, i responsabili sono pronti a ricordar loro tutto ciò che devono al club e a metterli in guardia sui pericoli che dovrebbero affrontare se lo abbandonassero. 
In rari momenti la pace nervosa dei sedicenti bianchi va in frantumi, la loro certezza viene turbata ed essi sono costretti a rimettere in questione la logica che regola abitualmente la loro vita. Uno di questi momenti furono i giorni immediatamente seguenti il verdetto Rodney King, quando una maggioranza di bianchi americani accettarono di riconoscere davanti ai sondaggisti che i neri avevano buone ragioni per ribellarsi e alcuni di loro si unirono ad essi. Di solito questi momenti sono brevi, dato che basta mandare armi e programmi di riforma per ristabilire l’ordine e, soprattutto, l’illusione che gli affari sono in buone mani e la gente può tornare a dormire. Sia le armi che i programmi di riforma sono indirizzati ai bianchi come ai neri — le armi come avvertimento e i programmi di riforma come sollievo per le loro coscienze. 

Gli scienziati hanno concluso che non esiste nessun criterio biologico per distinguere una «razza» da un’altra, e gli scienziati sociali hanno cominciato ad esaminare come la razza bianca è stata costruita e come si è riprodotta. Tuttavia, pochi studiosi o attivisti hanno fatto il passo successivo: infatti si potrebbe dire che fino ad ora i filosofi abbiano solo interpretato la razza bianca; il punto, invece, è di abolirla. Come si può fare? 
La razza bianca è come un club privato, che garantisce privilegi a certe persone in cambio di obbedienza alle sue regole. Si fonda su un immenso presupposto: che tutti coloro che appaiono bianchi siano, quali che siano le loro lamentele o riserve, fondamentalmente leali ad essa. 
Cosa accadrebbe se la pelle bianca perdesse la sua utilità come simbolo di lealtà? Cosa accadrebbe se lo sbirro, il giudice, l’assistente sociale, l’insegnante ed altri rappresentanti della società ufficiale non fossero più in grado di riconoscere una persona leale semplicemente guardandola, questo come influenzerebbe il loro comportamento? E se il colore non servisse più da facile guida per dispensare favori, cosicché i bianchi comuni iniziassero a sperimentare il genere di trattamento a cui sono solitamente immuni, questo come influenzerebbe il loro punto di vista?
Il modo per abolire la razza bianca è di spezzare la conformità. Se abbastanza persone che appaiono bianche violassero le regole della “bianchezza”, la loro esistenza non potrebbe essere ignorata. Se diventasse impossibile per i fautori delle regole bianche parlare in nome di tutti quelli che appaiono bianchi, la razza bianca cesserebbe di esistere. Gli abolizionisti sono traditori della razza bianca; agendo audacemente, essi mettono a repentaglio la loro appartenenza al club bianco e la loro capacità di trarne privilegi. 
Riconosciamo che questo parere va contro quanto viene in genere visto come efficace, di senso pratico. Persino (potremmo dire soprattutto) fra le fila dei riformatori il buon senso convenzionale insegna che la maniera per raggiungere un cambiamento sociale è sforzarsi di esprimere le esigenze di un collegio elettorale esistente. Forse è per questo che la maggior parte delle riforme sociali sono così inutili. 
Noi stiamo invocando l’opposto: una minoranza che voglia intraprendere oltraggiosi atti di provocazione, consapevole che si imbatterà nell’opposizione di molti fra coloro che potrebbero essere d’accordo con essa se solo adottasse un approccio più moderato. 
Quante persone ci vorranno? Nessuno può dirlo con certezza. È un po’ il problema del denaro: quanto denaro falso deve circolare per distruggere il valore della moneta corrente? La risposta non è quasi la maggioranza, ma una quantità sufficiente per minare la fiducia pubblica nella sostanza ufficiale. Quando si tratta di abolire la razza bianca, l’obiettivo non è di persuadere più bianchi ad opporsi al “razzismo”; ci sono già abbastanza “antirazzisti” a fare questo mestiere. 
Esistono ormai negli Stati Uniti e nel mondo intero un certo numero di progetti, di centri di ricerca e di pubblicazioni che si definiscono «antirazzisti». Quasi tutta l’attenzione del movimento «antirazzista» si concentra su gruppi come i nazisti o il Ku-Klux-Klan che confessano esplicitamente il loro razzismo, e su movimenti anti-abortisti o anti-omosessuali che sono in gran parte diretti da individui che si trovano all’estrema destra della canea politica, e le sue iniziative programmatiche mirano quasi esclusivamente a combattere queste forze.
Pensiamo sia un errore. Così come il sistema capitalista non è un complotto di capitalisti, la nozione di razza non è opera dei razzisti. Al contrario, essa è riprodotta dalle principali istituzioni della società, fra cui figurano le scuole (che definiscono l’«eccellenza»), il mercato del lavoro (che definisce l’«impiego»), la legge (che definisce il «crimine»), il sistema di protezione sociale (che definisce la «miseria») e la famiglia (che definisce la «parentela») — ed è rafforzato dai diversi programmi di riforma riguardanti molti problemi sociali di cui si occupa tradizionalmente la «sinistra». 
I gruppi razzisti e di estrema destra rappresentano nell’insieme delle caricature della realtà che offre questa società definita dalle razze: al peggio, esprimono gli sforzi di una minoranza che mira a respingere la barriera razziale più lontano di quanto sia di solito considerato conveniente. Da parte sua, il movimento «antirazzista» s’inganna gravemente sulle radici del problema razziale e adotta una strategia errata di attacco. 
Riteniamo che l’obiettivo principale di quelli che cercano di eliminare le barriere razziali dovrebbero essere le istituzioni e i comportamenti che le mantengono: scuole, giustizia penale e sistema di protezione sociale, imprenditori e sindacati, famiglia. In ciò siamo all’unisono coi primi abolizionisti, che non si stancarono mai di illustrare che il problema non erano i proprietari di schiavi della Carolina ma i bravi cittadini del Massachusetts. 
Noi siamo d’accordo a cacciare i nazisti dalle strade con la forza ogni volta che si mostrano, con gli scontri con i «razzisti» e altri reazionari di destra (o di sinistra). Ma poniamo una domanda: «A cosa serve questa strategia?». 
Se si tratta di causare danni materiali ai fascisti, non bisogna essere dei geni per vedere che i danni possono essere inflitti in maniera più efficace in qualsiasi altro giorno dell’anno in cui non compaiono in pubblico circondati da un muro di sbirri e di telecamere televisive. Se si tratta di favorire la diserzione dei nazi, non abbiamo alcun mezzo per sapere in quale misura queste azioni siano efficaci. Se lo scopo è dimostrare che lo Stato è il difensore dei nazi, si tratta di una verità assai parziale: lo Stato è difensore dell’ordine pubblico e ha mostrato di essere pronto a reprimere sia i nazi che gli altri estremisti bianchi che minacciano questo ordine. E se lo scopo è quello di radunare le persone a una visione del mondo senza barriere razziali, siamo costretti ad affermare che ogni azione che mira a schiacciare i nazi fisicamente e non vi riesce a causa dell’intervento dello Stato ha come effetto quello di rafforzare l’autorità dello Stato, il quale come abbiamo detto è la principale forza che erige le barriere razziali. 
 
[Machete, n. 3, novembre 2008]