Brulotti

Sotto il tacco

«…Maledite i boia, imbecilli: i boia che siete, che sono tutti coloro che acclamano gli assassini, gli inquisitori…»
Albert libertad (arriva!…Arriva!…L’Alfonso! 25 Maggio 1905)
 
Sotto il tacco l’italico si sente al sicuro, ha trovato il suo posto, il suo ruolo e poco importa il fastidio iniziale, l’umano è un animale di facile adattabilità, il tacco è il suo specchio, la sua patente di civiltà, la sua dimostrazione di fedeltà, il suo vero ed unico legame con gli altri prostrati.
Il tacco più schiaccia più è gradito, poco importa se qualche volta un cranio cede di schianto sotto la pressione, la colpa è sua, inadatto a “vivere” sotto l’egida delle comuni e sacre incombenze e gli altri ghignano, ghignano e si pasciono della loro “forza” ammirando la sconfitta altrui segretamente ringraziando il loro tacco d’essere a base larga puntando velocemente l’occhio verso chi si trova a condividere la propria sorte sotto uno appuntito a spillo ed aspettano, aspettano che l’ennesimo occipite ceda, che il rito di catarsi della loro impotenza si compia nel vituperio del più debole, manto obliante verso la proprio rinuncia a guardare il cielo.
Guai, guai a chi si sfila, per poco o tanto dalla morsa fra suolo e cuoio, guai! Che il tacco lo riconquisti, che per l’apostata del sonno non esista luogo sicuro, inviolato, di ristoro, mille occhi lo scruteranno, mille bocche lo porteranno, i bravi cittadini rispettosi lo consegneranno agli stivali lustrati del gendarme, consegneranno colui che ha osato contravvenire, sfidare il giogo, guardare il cielo, metterli maleducatamente di fronte alla loro pavida debolezza.
Poi, sotto i tacchi, tutto torna normale, al livello del suolo, dove la polvere velocemente vela ogni cosa, ogni segno di vita viene presto obliato sotto un manto grigio e marrone tanto fitto quanto unanime.