Fuoriporta

Regno Unito: la lotta contro l’esistente continua

 

4 agosto 2011. Tottenham, nord di Londra: mentre rientra a casa a bordo di un taxi, Mark Duggan («un uomo schietto e rispettato», secondo le parole del rapper londinese Chipmunk) viene freddato a morte da una squadra di poliziotti armati di carabine Heckler & Koch MP5. Mark, 29 anni, padre di quattro bambini, viveva a Broadwater Farm, un blocco di case popolari situato in un’area degradata abitata prevalentemente da afro-caraibici, già tristemente nota a causa di una sommossa scoppiata nel 1985. Quella rivolta era stata innescata dalla morte di Cynthia Jarrett, colpita da un attacco di cuore durante una retata poliziesca in casa sua (durante quella sommossa un poliziotto, l’agente Blakelock, fu sgozzato a morte con un machete). Come un abitante del quartiere ha dichiarato, oggi «se sei di Broadwater Farm, la polizia ti bracca ogni giorno, non ti è permesso uscire liberamente. Se lo fai, gli sbirri ti seguono». 
E gli sbirri hanno seguito Mark Duggan, la qual cosa si è conclusa con la sua morte.  
 
6 agosto 2011. L’arroganza degli assassini in uniforme di fronte ad una protesta organizzata da familiari e amici di Mark e da simpatizzanti, unita ad un brutale attacco sbirresco contro una ragazza di 16 anni durante detta protesta, costituiscono la goccia che fa traboccare il vaso.  
 
Quella notte la stazione di polizia di Tottenham viene attaccata, auto di sbirri date alle fiamme, un autobus londinese a due piani diventa un rottame dopo essere stato incendiato, fotografi della stampa vengono picchiati e privati della loro attrezzatura, questo anche per tutte le menzogne propagate nel corso degli ultimi  decenni. Vetri di banche vanno in frantumi. Numerosi negozi vengono saccheggiati, le loro merci gettate in strada. Giovani irrompono nel locale McDonald’s e cominciano a friggere hamburger e patatine. Una rabbia sdegnata schiarisce le menti e si riversa sulle teste degli sbirri. La furia collettiva verso quest’ultimo omicidio poliziesco si unisce a quella dovuta alle quotidiane prepotenze e umiliazioni dell’essere fermati e perquisiti, ai moralismi, alle false promesse, alle vite inutili, alla mancanza di un futuro, alla frustrazione nell’impossibilità di soddisfare i propri “bisogni” a causa dell’aumento delle tasse, alla disoccupazione e al taglio della spesa sociale, ai quattro milioni di telecamere, agli sbirri posti a protezione di ogni negozio, alla colonizzazione di ogni spazio urbano da parte di bar alla moda pieni del chiacchiericcio di chi se ne frega… questo e molto altro ancora di cui non sappiamo ha fomentato il desiderio di spaccare le invisibili barriere di vetro che mantengono lo status quo.  
 
Gli ostaggi della prigione a cielo aperto, i giovani dei ghetti di Londra si rivoltano e fanno sì che l’incubo dei capitalisti finalmente si materializzi, quando l’ultimo anello della catena di consumo e sottomissione si spezza. Ed esplode in un tutto-gratis-per-tutti nel momento in cui viene risolto il dilemma esistenziale: Devo avere/Non posso avere = Me lo prendo. È semplice: impara ed esegui, possibilmente bruciando i negozi mentre ti ritiri. 
La sommossa cresce, molte altre persone raggiungono l’area e rispondono alle chiamate diramate su Twitter che spronano a raggiungere la zona, combattere gli sbirri e saccheggiare negozi. Nei giorni successivi la rivolta si espande in molti altri quartieri di Londra e oltre, verso altre città.    
 
Ma la rabbia si estende al di là degli scontri di Nottingham, Manchester, Bristol, Gloucester, Liverpool, Birmingham. In molti casi le storie sfuggono ad ogni classificazione e conteggio. Una certezza che non viene riportata dai media, anzi viene deliberatamente ignorata, è il sapore decisamente anti-autoritario della rivolta: il governo e le corporazioni brandiscono senza sosta la gente in rivolta come “feccia”, “ladri” e altri accattivanti appellativi di demonizzazione. È chiaro come tutto questo fallisca lo scopo di impedire ai giovani di identificarsi con la rivolta; infatti le sommosse si replicano rapidamente e basta poco affinché comincino a squarciare la pace della regina. I resoconti dei media si fanno incredibilmente convenzionali, in quanto i padroni, per raggiungere i loro obiettivi politici, non fanno che mostrare ossessivamente le stesse immagini stracariche di stereotipi di condanna e rassicurazione. Il disordine diffuso non si ferma. La gente che non ha più paura, viene allo scoperto, si raduna per attaccare e prendere tutto ciò che può. 
Gli sbirri sono sopraffatti e battuti da piccoli e agili gruppi che non aspettano di essere colpiti ma si muovono velocemente, seminando terrore in quelli che non sanno identificarsi come appartenenti alla massa in rivolta.  
 
Alcuni anarchici e “ribelli coscienti” accorrono verso i segnali di fumo che si sollevano all’orizzonte. Alcuni si fermano sulla via, per lo più come affascinati spettatori di uno scenario che non si era mai affermato neppure nei loro sogni più selvaggi: folle di giovani in fila fuori dai negozi delle strade principali, come fossero clienti delle svendite di gennaio, che con calma si fanno strada all’interno sotto lo sguardo implacabile di file di sbirri antisommossa, per riapparire dopo un po’ con borse e perfino carrelli traboccanti di merce.  
Altrove, dietro barricate improvvisate in fretta da ragazzi del posto in vie secondarie per accogliere con bottiglie e pietre il loro nemico quotidiano, gli sbirri a bordo di camionette anti-sommossa, chi proviene da altre aree viene riconosciuto immediatamente per l’età e il colore della pelle, ed è guardato con sospetto. Chi sei? Che cosa vuoi? In molte zone le gang, incoraggiate dal momentaneo sconvolgimento negli equilibri del potere, sequestrano auto, fuggono a bordo delle stesse o le danno alle fiamme, oppure saccheggiano e vandalizzano negozietti col solo scopo di approfittare del caos diversivo così che altri piccoli gruppi possano organizzarsi e iniziare i loro attacchi. Per alcuni, vestiti neri e visi coperti sono un segno di illegalità organizzata e pertanto meritano rispetto. Ogni area e ambiente specifico creano possibilità diversificate e modi di cooperazione e confronto. Ancora oggi, diversi giorni dopo gli scontri, vi è un’aria diversa negli sguardi di coloro che ne hanno preso parte. Il conflitto aperto contro la polizia e il sistema che essa difende è la caratteristica che accomuna ogni resistenza popolare contro tutti i regimi. 
 
Non c’è voluto molto per capire come la tattica poliziesca, apparentemente insolita, di restare in attesa ad osservare i saccheggiatori svuotare i negozi non sia stata affatto casuale: era già stato riportato da alcuni giornali di destra come la polizia avrebbe lasciato che la situazione si svolgesse indisturbata per almeno tre giorni prima di intervenire con pesanti colpi repressivi, una storia successivamente scomparsa da tutte le agenzie di stampa. Questa tattica anti-sommossa tipicamente britannica, già adottata nelle colonie e nell’Irlanda del Nord, viene utilizzata nelle fasi preliminari di insorgenza sociale allo scopo di creare una situazione di devastazione in cui tutte le contraddizioni sociali si esacerbano e pongono il falso interrogativo: preferisci il “caos senza legge” o un regime autoritario che assicura ordine? La domanda è posta alle masse servili dal potere, che utilizza la ribellione come lancia di indagine.   
A Londra la polizia ha ritirato i suoi sbirri dalle zone più seriamente colpite dalle sommosse, in modo da far sì che queste ultime si bruciassero da sé – lasciando che la “violenza” raggiungesse un punto tale da negarle la giustificazione che si sarebbe prodotta se gli scontri si fossero mantenuti ad un certo livello sociale, magari coinvolgendo anarchici, alcuni elementi della sinistra e gli studenti arrabbiati.  
La linea frontale dello scontro – quella contro gli sbirri, le stazioni di polizia, i media, i politici – ha cominciato a scomparire quando l’obiettivo degli attacchi ha lasciato il posto all’appropriazione delle merci da parte di masse incontrollate. Questo ha dato alle forze di polizia sconfitte nelle strade la possibilità di preparare una massiccia operazione repressiva e investigativa facente leva sulle telecamere di sorveglianza – e di provocare, con l’aiuto dei media, la reazione scatenata di coloro che si identificano con il sistema, con la legge e con il lavoro, e che hanno voluto dalla polizia la messa in forze di un massiccio contro-attacco. Tale reazione non è venuta solo dai bottegai saccheggiati e dai nazionalisti britannici ma anche dai cittadinisti che reclamano una società-prigione fatta da individui ordinati e controllati e che non si fanno scrupolo essi stessi di controllare altri.   
 
Il 10 agosto è arrivato il momento che il potere aspettava: tre giovani che difendevano negozi asiatici a Birmingham vengono travolti e uccisi da un’auto. Una perdita irreparabile per chi li conosceva e amava, un grosso guadagno per il potere. L’accorato appello di “pace” da parte del padre di uno dei tre giovani uccisi (ma quanti fiumi di lacrime sono stati versati quel giorno in tutto il pianeta per dei figli uccisi dal mostro capitalista?) viene incessantemente utilizzato dal nemico di classe, esattamente come la conseguente unione tra sikh e musulmani nella difesa delle loro proprietà viene presentata come un trionfo della democrazia. Il fatto che la politica britannica del dividi e impera sia stata determinante nella divisione tra India e Pakistan, un’operazione che ha portato a più di un milione di morti, è stato rimosso dagli annali della storia. Rule Britannia! Governa Britannia! Questo paradiso multiculturale alla Disney non è che un fragile mosaico composto da persone rapinate all’origine e che ora cercano di sopravvivere vivendo fianco a fianco ciascuno con la sua miserabile prospettiva di inclusione o esclusione, a seconda della sua capacità di collaborazione, ossequiosità e auto-mutilazione. 
 
Una parte dell’equazione che è stata totalmente ignorata durante questi giorni sono gli stessi produttori delle tanto ambite merci. I crimini saltano fuori da idee fisse. La sacralità della proprietà è una di queste idee ed è anche il crimine per eccellenza fatto balenare di fronte alle masse diseredate. Proprio come nella psiche dell’uomo e della donna comune la guerra viene dissociata dall’assassinio, così il saccheggio delle risorse del pianeta e il soggiogamento degli invisibili schiavi che producono merci è totalmente assente dalle diatribe sul “furto” e sul “saccheggio”. 
Che cos’è un negozio in fiamme in una strada principale se messo a confronto con l’esistenza stessa di quel negozio? Ogni supermercato è la scena di un crimine, mentre McDonald’s e Coca Cola sono veri e propri motori di distruzione di massa. Dopo aver blaterato resoconti sensazionali sulle sommosse londinesi dallo schermo televisivo, il ciglio aggrottato della giornalista si apre in un sorriso luminoso quando annuncia la notizia che Apple ha superato Exxon Mobile ed è diventata «la compagnia che genera i profitti più alti a livello mondiale». Meravigliosa Apple, che stile, che deliziosi gadget! Forse questi enormi profitti vanno attribuiti ad una buona gestione, come abbiamo potuto leggere sui quotidiani: «L’anno scorso Tim Cook, l’uomo a capo della gestione di Apple, ha avuto a che fare con un lavoro delicato. Dopo che una decina di lavoratori di Foxconn, una ditta manifatturiera in appalto in Cina, si sono suicidati, Cook si è recato a visitare la ditta – e ha fatto pressione affinché migliorassero le condizioni lavorative. Uno dei provvedimenti è stato appendere ampie reti dagli edifici delle fabbriche».    
 
Considerare i recenti eventi di Londra come qualcosa che non riguarda anarchici e ribelli coscienti sarebbe assurdo come lo sarebbe se questi ultimi avessero partecipato ai saccheggi per un momento di veloce gratificazione o per essere nella “realtà della lotta”. Questo non significa che dovevano restare al sicuro a casa lontano da quegli amorali saccheggiatori “ingordi”. Ma un movimento composto soprattutto da anarchici anti-consumismo, vegani e amanti della bicicletta e dalla loro controparte, gli anarchici col mito della working class, cosa ha a che fare con l’appropriazione di massa di schermi al plasma, scarpe da ginnastica e capi di vestiario alla moda? La linea di divisione, che gli anarchici – a dispetto della loro eredità – non riescono a digerire, è che i protagonisti ribelli dei giorni scorsi non stessero lottando per la nobile causa della “libertà” ma per se stessi. Dei se stessi alienati e inibiti nella realtà vorace in cui sono nati, spinti all’azione in un assalto immediato alla proibizione. Ora vengono demonizzati per la loro mancanza di “coscienza politica” e di altruismo proprio da chi dovrebbe sapere meglio e di più. In situazioni del genere gli anarchici possono solo fare il punto e cercare di mettere in atto una progettualità già elaborata e sperimentata da piccoli e agili gruppi. Ciò che risulta evidente da questo punto critico di insurrezione è che il movimento anarchico (per mancanza di una definizione migliore), qui in Gran Bretagna, è decisamente insignificante in termini di attacco e del tutto inadeguato a preparare una linea di superamento dell’esistente, meno che mai durante una sommossa di massa.   
 
Se la sommossa ci ha colti impreparati, se non abbiamo ancora trovato le nostre affinità, sviluppato le nostre idee e messo in pratica attacchi minimi sulla realtà di dominio e oppressione di classe, non è certo dai “figli degli uomini” che ricaveremo le indicazioni per estendere la lotta. Gli anarchici rischiano di restare spettatori passivi, “provocatori” o semplici intrusi nella festa di qualcun altro.  
Alcuni compagni hanno iniziato un tragitto nella loro progettualità con sperimentazioni nell’attacco, che si sono anche materializzate in questi giorni insieme o a margine degli attacchi alle strutture del dio consumo e dei suoi servi. Senza bandiere, striscioni o proclami altisonanti. Altri si stanno chiedendo come muoversi in quella direzione, come proseguire ora che la “società”, questo grande mito, questa truffa vecchia di secoli sottomessa agli imperativi dei cartelli corporativi difesi dai loro servi – governi, sbirri e media – viene riaffermata.    
 
Adesso che la festa è finita, mentre i filmati delle videocamere vengono analizzati e si fa uso dei software di riconoscimento del viso, gli spioni si mettono in fila per il pagamento. Foto di “ricercati” sono esposte nelle città su enormi cartelli digitali, porte di case vengono sfondate da bande urlanti di sbirri antisommossa che brandiscono teste di ariete, intere famiglie sono sfrattate nel vecchio ardore fascista della punizione collettiva [le famiglie di coloro che hanno preso parte ai disordini, ndt], sussidi in denaro vengono interrotti, tribunali-farsa lavorano ventiquattro ore al giorno e le porte delle celle si richiudono implacabili mentre la “comunità” è polarizzata in conflitto aperto. Circa 2.000 arresti finora. Sbirri e politici si contendono il merito di chi è riuscito a sedare la battaglia, mentre Twitter e Facebook si sono salvati dal bando per diventare strumenti dei buoni cittadini. La scopa è stata rubata alla strega cattiva per diventare un simbolo di cittadinanza, quando centinaia di brave persone spazzano le strade in questo delirio di difesa civica.    
I media e gli sbirri buoni si sforzano di trovare la formula magica, il nuovo superattac che tenga insieme ciò che non si può tenere insieme. A margine, sicuramente, qualche buon anarchico o elemento della sinistra darà loro una mano.
Ma niente sarà più come prima dopo quello che è successo nei giorni scorsi. Il nostro compito non è unirci ai recuperatori ma è usare ogni mezzo per contribuire alla creazione delle condizioni dove gli esclusi, sulle cui spalle vivono i recuperatori, possano fare qualcosa per distruggerli. Stiamo andando verso una nuova fase di repressione, più brutale e più fascista, che conta sul pieno consenso dei cittadini dalla coscienza risvegliata. Il terreno dell’accettazione della nuova fase di neofascismo britannico è stato lastricato: le Olimpiadi e le conseguenti massicce installazioni di sorveglianza e controllo.  
 
La lotta contro l’esistente deve continuare ed aprire nuovi incontri e campi di sperimentazione pronti ad unirsi agli ingredienti irrinunciabili di tutti i nostri interventi: affinità, solidarietà e auto-organizzazione dell’attacco. 
 
 
[tradotto dal blog angry news from around the world]