Intempestivi

Viaggio al Quirinale

 

Non resta ormai che prenderne atto. La situazione di stallo che si è venuta a creare in Val di Susa è senza vie d’uscita. Chi pensava che un nuovo governo, una volta epurato da papponi e maroni, potesse assumere un atteggiamento diverso nei confronti delle rivendicazioni valsusine si è dovuto arrendere all’evidenza dei fatti. Lo Stato, quale che sia il governo che lo amministra, vuole a tutti i costi la costruzione dell’Alta Velocità in quella vallata piemontese. La popolazione interessata, nella sua stragrande maggioranza, la rifiuta categoricamente. Non c’è margine per nessun dialogo, per nessun confronto. Eppure così non si può andare avanti, questo nodo deve essere sciolto.

Si può fare. Ecco perché assume grande importanza la richiesta che verrà avanzata domani 6 marzo da parte del movimento NoTav di un incontro con il Presidente Napolitano. Richiesta che ci ha colpito per il coraggio e la determinazione. Naturalmente questo incontro si risolverebbe in una buffonata se la delegazione della piccola libera Repubblica si limitasse a chiedere alla massima carica della grande Repubblica schiava di intercedere in proprio favore. Manco i ribelli valsusini fossero nipotini scapestrati che chiedono al nonno buono di mettere una buona parola presso mamma e papà cattivi per far tornare la pace in famiglia. E sarebbe una vera cialtroneria se questa delegazione si appellasse davvero nella neutralità dell’uomo del Quirinale (il cui ruolo nella caduta del governo precedente è andato ben al di là della mera registrazione notarile degli avvenimenti). Insomma, il Quirinale rappresenta lo Stato, quello stesso Stato che promette di devastare la Val di Susa. Ma allora, fuori dalla dabbenaggine, qual è la ragione di un simile incontro?

Una ragione c’è, eccome. Coerenti con la propria fama di persone sensate e ragionevoli, rispettosi delle buone maniere, è giusto che i valsusini si rechino al Quirinale per annunciare l’unica risoluzione possibile di questo ginepraio. In una parola, la secessione. Secondo i dizionari politici, essa è «il distacco di un gruppo da un altro precedentemente esistente». È infatti evidente la presenza in Val di Susa di tutti gli elementi che possono determinare la secessione, la quale trova le sue ragioni quando l’organizzazione statale è rigidamente centralizzata e un gruppo sociale al suo interno vede la politica del governo centrale tesa alla mortificazione e alla distruzione del proprio volere.

Nessun dialogo, nessuna richiesta di comprensione, tolleranza o grazia. Solo la formale espressione della definitiva separazione da questo Stato, infame come solo uno Stato può esserlo. Sarebbe l’occasione giusta per togliere gli amministratori valsusini dall’imbarazzo in cui da anni si dibattono. Deve essere tremendo vivere sulla propria pelle la contraddizione di essere, al tempo stesso, rappresentanti della popolazione valsusina e funzionari dello Stato. Tirati per la giacchetta da entrambe le parti. La secessione porrebbe fine ai loro mal di pancia. Ed i ribelli valsusini non dovrebbero nemmeno attendere le prossime elezioni per mandare a casa chi li ha traditi.

Secessione, ora e subito. Tutte le istituzioni statali devono lasciare la Val Susa. Tutti i loro beni devono essere requisiti e messi a disposizione di tutti. Niente più sovvenzioni da chiedere, ma nemmeno più tasse da pagare. Autodeterminazione. E poiché il movimento NoTav si vanta di essere orizzontale e senza leader, la riorganizzazione del suo territorio non potrà che possedere queste medesime caratteristiche. Da questo punto di vista, c’è l’intero patrimonio del pensiero antiautoritario da saccheggiare (e quello del pensiero autoritario da gettare alle ortiche).

Secessione, ora e subito. Una decisione che, ricambiando i tentativi istituzionali di seminare zizzania evocando l’esasperazione dei molti (?!?) SìTav locali, costituirebbe un irresistibile richiamo della foresta per la base — cafona, ma sanguigna — di quello che si pretende il maggior partito del nord Italia. Impossibile opporsi ad una secessione proclamata a due passi da dove nasce il dio Po! Si può solo sostenere con entusiasmo, contro i vertici di ogni partito. E magari imitare.

Ovviamente, i processi di secessione sono spesso caratterizzati dal ricorso alla violenza, la cui intensità dipende dalla reazione del governo centrale. E le truppe di occupazione stanno già presidiando quei luoghi. Con la secessione, esse diventeranno invasori a tutti gli effetti. Si tratterà quindi di organizzarsi per buttarle fuori una volta per sempre. Come, è spiacevole quanto inutile dirlo. D’altra parte per i valsusini non c’è scelta: meglio smettere di essere pacifici che smettere di essere NoTav.

Secessione, ora e subito. È questa la sola ragione di un viaggio al Quirinale. 

[5/3/12]