Brulotti

Idee antitetiche sulla rivoluzione

 

L'esperienza, per quanto dolorosa, è sempre maestra alle vicissitudini della vita sociale e individuale.
Quando la stessa causa dà lo stesso effetto deleterio, vien col tempo rimossa la causa, e così scansato il danno derivante.
Così nella massa proletaria oggi si comincia a vedere il gran male che deriva dall'abbondanza dei pastori dirigenti.
La massa, o la parte più sana di essa, si sta formando una coscienza di classe e sente l'impellente necessità della lotta dato che la vita di oggi è bestiale, inferiore agli schiavi ed ai servi della gleba, e su questa via della lotta di classe raccoglie le sue reclute e s'avvia all'assalto delle bastiglie incurante dei soventi richiami all'ordine da parte dei dirigenti disinteressati, a 75 mila lire all'anno.
II popolo vede il tranello, il tradimento, e comincia la salutare scissione, non tra correnti di idee, che punto l'interessa, ma tra lavoratori che hanno bisogno di agire e dirigenti traditori che hanno interesse che la rivoluzione non avvenga.
 
Certamente è necessario, indispensabile per ottenere una vittoria, che gli operai siano organizzati, qualora per organizzazione s'intenda la coscienza della propria causa, la solidarietà sentita che si deve reciprocamente gli uni agli altri. È invece dannosa l'organizzazione se la consideriamo quale agglomeramento di gregge incosciente, tesserati legati mani e piedi ai dirigenti centrali che son solo propensi a scoraggiare il popolo in azione e gettar l'acqua sull'entusiasmo rivoluzionario.
 
È pur vero che i molti sono più forti dei pochi, ma solo quando i primi hanno la sensazione della propria opera, mentre sarebbero un mucchio di materia inerte se dovessero pendere dal labbro di pochi «Savi». In tal caso sarebbero più forti i pochi risoluti e coscienti.
Che i più tirano i meno è verità,
posto che sia nei più senno e virtù,
ma i meno, caro mio, tirano i più, 
se i più trattiene inerzia o asinità.
Il proletariato cosciente, che ha tutte le virtù necessarie per una rivoluzione, non ha bisogno di essere organizzato, tesserato; se quelle qualità gli difettano, la tessera e l'organizzazione non gliene dà di più di quanto possa dare l'anarchica propaganda fatta all'aperto, fuori di ogni sinedrio.
 
È assurdo, ingenuo credere che i pastori di masse subiscano il controllo del popolo che è trascinato, avvinto dalla loro carriera avventurata. È un fatto invece che la massa subisce l'incanto, l'ipnotizzamento del capo che ha innalzato fanaticamente su se stessa. Il caso Nasi, Ferri, per citarne pochi noti a tutti, è la conferma della nostra tesi. Andate nei loro rispettivi collegi a sparlare di loro, e vi convincerete a spese delle vostre ossa che noi abbiamo ragione.
 
L'umanità ha bisogno di una sana propaganda anarchica che la sproni verso la sua ultima conquista: la perfezione dell'individuo.
Il progresso cammina verso questa meta. Dopo che le varie scienze hanno dato una coscienza di sé e dell'universo agli uomini, i socialisti, gli anarchici applicano queste scienze anche nel campo sociologico fino alle estreme conseguenze. Ed è per questo che siamo contro i grandi Stati, le grandi corporazioni ecc. e in luogo di quelle vogliamo applicare o il principio federativo o quello comunista. Ma tra noi e i socialisti c'è questa differenza: che essi una volta raggiunto uno dei suddetti principi, credono che il progresso abbia esaurito la propria essenza, e cioè: il procedere, e perciò secondo loro dovrebbe fermarsi di botto, mentre noi anarchici siam convinti che il progresso non si fermi, sosta solo per riprendere il suo cammino indefesso, conducendo dietro sé la umanità verso la perfezione dell'individuo liberamente associato.
 
La storia non ha mai infamato, almeno nel campo sociale, gli agitatori che hanno creduto necessario il sacrificio dei reietti nei tentativi di ribellarsi ai tiranni.
Chi oserebbe far ricadere su Pisacane il sangue dei trecento «giovani baldi e forti»? Chi renderebbe responsabile Andrea Costa degli anni di prigione, e dei relativi sacrifici delle famiglie, quantunque egli sia stato l'anima del fallito tentativo di insurrezione di Bologna del '74?
Non è più socialista insegnare agli operai che i veri responsabili di tutte le vittime tra capitale e lavoro, fra oppressi e oppressori sono i governi che tolgono il pane e la libertà ai cittadini, invece di cospargere il discredito sugli uomini che vogliono agire, o egregi azzeccagarbugli?
 
La vita è sacra e inviolabile nello spazio e nel tempo. E se non lice giocare la vita e la libertà altrui in un tentativo di rendergli l'una e l'altra più intensa e intera, non deve essere lecito nemmeno giocare alla massa la fede e la speranza col promettergli una rivoluzione emancipatrice, che oggi rinnegano, solo per carpirgli il voto onde pascere l'infinita vanità di se stessi, con le elezioni politiche, e come certo si rifarà prossimamente, con quelle amministrative.
 
Gli anarchici dunque vedono la salvezza del proletariato nell'avvento rivoluzionario; come lo vedeva l'Avanti! fino al 16 novembre e credono che ogni agitazione sia l'incentivo per cominciare la grande lotta, perciò non trascurano nulla, ma anche dalla parte infinitamente piccola intravvedono il passaggio all'infinitamente grande.
Gli anarchici, mentre sospingono la massa su questo cammino, sono sempre pronti alla lotta, in qualsiasi luogo e momento incominci, e non sanno mai rinnegare quello che gli audaci sanno fare.
 
 
[La Frusta, Fano, anno II, n. 16 del 31 luglio 1920]